Artisti romani al tempo della ‘dolce vita’, la Scuola di Piazza del Popolo

Artisti romani. Il palcoscenico romano della “dolce vita” degli anni sessanta non fu soltanto Via Veneto. Sì, gli attori americani impiegati a Cinecittà erano soliti alloggiare all’Excelsior o al Palace o al Majestic. Grazie anche alla vicinanza con l’ambasciata degli Stati Uniti. La notte, il jet set faceva le ore piccole al Cafè de Paris, con un contorno di paparazzi. Gli artisti però, prediligevano il Bar Rosati di Piazza del Popolo, dove sorseggiare un aperitivo, gustarsi una cioccolata o le specialità della pasticceria.

Lo stesso Federico Fellini preferiva Rosati al Cafè de Paris. Forse perché abitava nella vicina Via Margutta. Fatto sta che lì poteva incontrare i pittori che nella stessa via avevano i loro studi. Oppure il “pariolino” Moravia o il “borgataro” Pasolini. Inoltre, a due passi, nella vicina Via del Babuino, v’era la galleria La Tartaruga di Plinio De Martis. La sede eletta per le mostre pittoriche degli artisti romani. Fu così che, sul finire degli anni cinquanta, quel circolo di artisti che si riuniva al Caffè Rosati fu definito dai critici d’arte la “Scuola di Piazza del Popolo”.

L’élite degli artisti romani si riuniva da Rosati a Piazza del Popolo

Alla “Scuola di Piazza del Popolo” aderirono principalmente i pittori Mario Schifano, Giosetta Fioroni, Tano Festa e Franco Angeli. Il gruppo si formò ufficialmente nel 1960 con l’esposizione delle loro opere in una mostra collettiva, presso la galleria La Salita. Lo spazio espositivo è tuttora situato nella vicina Salita di San Sebastianello, a fianco di Piazza di Spagna.

Ben presto nuovi artisti si unirono al movimento. Tra essi, Pino Pascali, Francesco Lo Savio, Sergio Lombardo, Renato Mambor e Jannis Kounellis. Il più giovane del gruppo fu Enrico Manera. Questi aderì in un secondo momento, verso la metà degli anni settanta. Fu introdotto nel gruppo grazie all’amicizia che aveva con Schifano, Festa e Angeli.

La figura principale del gruppo fu sicuramente Mario Schifano. Profugo della Libia, rientrò in Italia dopo la guerra. Si stabilì a Roma dove suo padre era stato assunto come archeologo al Museo etrusco di Villa Giulia. Nel 1960 aveva solo ventisei anni. Aveva già esposto alla galleria Appia Antica opere in linea con l’espressionismo astratto americano.

L’esponente principale della Scuola di Piazza del Popolo: Mario Schifano

Nelle opere di Mario Schifano si individuano i supporti tecnologici messi in primo piano dall’opera di Fellini. Il fotogramma cinematografico e la fotografia. Ma raffigurò pittoricamente anche i marchi più significativi dell’Italia del boom degli anni sessanta e delle multinazionali di quell’inimitabile periodo.

In Schifano, infatti, la superficie pittorica non tende mai a raffigurare oggetti in tre dimensioni. È piuttosto uno schermo piatto in cui si rispecchia il mondo moderno. La sua pittura ha spesso per soggetto l’immagine pubblicitaria. Come quella della Coca Cola (1961 e 1962) o quella della Esso (1964). Il dipinto Coca-Cola del 1962 rassomiglia al finestrino di un’auto, pieno di colore rosso, tipico del marchio della celebre bibita. Inoltre il colore rosso sgocciola verso il basso. In esso, Schifano riassume l’influenza che ebbero su di lui i pittori americani Robert Rauschenberg e Jasper Johns.

In altre opere l’artista si ricollega al futurismo di inizio secolo, precedendo di almeno un ventennio i “postfuturisti”. L’autore incasella nei suoi schemi anche la propaganda politica. Si veda l’opera: Compagni, compagni, del 1968.

Altri artisti romani: Franco Angeli, Tano Festa e Giosetta Fioroni

Giosetta Fioroni spazia su varie tecniche pittoriche e non. Realizza opere a tempera e ad acrilico, ma anche ceramiche che ritraggono un mondo visionario e quasi astratto. Nei suoi acquarelli sono presenti stelle, fiori, cuori. Le sue tele sono invece realizzate con colori industriali, alluminio e oro, recanti segni, scritte, simboli, sovrapposti e cancellati. Con il tempo, Fioroni sperimenta soprattutto le possibilità offerte dal collage e dalla fotografia. Assembla serie di scatole e di teatrini, estrapolando un particolare da un’immagine. Ne dilata il fotogramma e lo isola al punto tale da renderlo irriconoscibile allo sguardo. Vedasi Liberty, del 1965.

Anche le opere di Franco Angeli – come quelle di Schifano – devono considerarsi istantanee o schermi cinematografici. In questo artista la pittura si confonde con la scultura. Il supporto dell’opera, infatti, è spesso realizzato o integrato con strati di garza e successive massicce passate di colore. Sotto ad esse si delineano i simboli del potere e della violenza: aquile, croci, svastiche, falci e martelli.

Ancora più vicina alla Pop Art americana – che forse ha anche precorso – è l’arte di Tano Festa. Propone come dipinti monocromatici persiane, specchi e ante di armadi, confondendo anche lui pittura e scultura. Nel mondo commercializzato della sua Pop Art, le immagini dei capolavori dell’arte passata sono gestite come messaggi pubblicitari. Tra essi, la Creazione di Adamo di Michelangelo, La grande odalisca di Ingres e altri particolari che lui inserisce nell’opera Coniugi Arnolfini.

Artisti romani, fine della Scuola di Piazza del Popolo

La fine della Scuola di Piazza del Popolo si può datare al 1967, anno in cui alcuni artisti presero parte a una esposizione nella galleria L’Attico. Per l’occasione proposero opere completamente diverse che cominciavano ad avvicinarsi all’”Arte povera”. Erano cambiati i tempi. L’Italia del boom si avviava al termine.

La fiducia ottimistica nel progresso venne ribaltata. Nacque la contestazione. In primis, contro il mondo capitalistico, di cui la Scuola di Piazza del Popolo sembrava ostentare i simboli. In campo artistico si notò quindi un ritorno alla figurazione, intesa in senso antintellettualistico. Il risultato fu una pittura che molti hanno definito più rozza, ai limiti del dilettantesco. Ma questa è un’altra storia.

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