Frida Kahlo: “Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice fintanto che potrò dipingere”

frida-kahloSi può volare senza ali e correre senza gambe. Si può essere eterni, senza vivere per sempre. Si può andare oltre i propri limiti fisici, risultando desiderabili. Si può essere donna, amante e pittrice, pur vivendo all’ombra di un uomo più conosciuto. Si può vivere la sofferenza del dolore fisico, senza gridare aiuto. Se Frida Kahlo potesse parlare di sé, piuttosto che ritrarsi, probabilmente direbbe questo. Donna e pittrice messicana, Frida ha lasciato un segno nella storia dell’arte. A quasi sessant’anni dalla sua scomparsa, morì il 13 luglio 1954, vogliamo ricordarla ripercorrendo quella vita extra ordinaria, che l’ha sottoposta a  troppi dolori ma anche a tante piccole e grandi soddisfazioni.

Nata in Messico il 6 luglio 1907, Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, non è un’adolescente comune. Frida è uno spirito indipendente, è passionale, è riluttante verso ogni convenzione sociale e manifesta un grande talento artistico. Affetta da una malattia, spina bifida, a diciotto anni resta vittima di un incidente stradale tra l’autobus, nel quale viaggia ed un tram. Le conseguenze dell’incidente sono gravissime: due fratture alle vertebre lombari, cinque al bacino, undici al piede destro e la lussazione del gomito sinistro. Inoltre un corrimano dell’autobus le trapassa un fianco e ciò la segna a vita, costringendola a numerose operazioni chirurgiche. Dimessa dall’ospedale, è costretta ad anni di riposo nel letto di casa, con un busto di gesso. E’ durante la lunga permanenza a letto che Frida legge moltissimo e si appassiona ai libri sul movimento comunista, ma soprattutto si avvicina sempre di più alla pittura. Non potendo vedere altro che il suo piede, comincia disegnando solo quello, passando poi a decorare il suo busto di gesso, con delle coloratissime farfalle. Fino a quando i genitori non le comprarono un letto a baldacchino con uno specchio sopra, grazie al quale, potendosi osservare, dipinge ripetutamente se stessa. Il vero specchio di Frida, a quel punto, non è più quello che ha sopra la testa, ma quello che dipinge su tela. I suoi autoritratti, infatti parlano di sé, della sua sofferenza e di quello che non riesce ad esprimere a parole. Quando le viene tolto il gesso, Frida riesce, con non pochi sforzi, nuovamente a camminare. Decide così di incontrare Diego Rivera, illustre pittore dell’epoca, che non si innamora solo dei suoi quadri. Infatti Diego è l’uomo che Frida sposerà e che diventerà il suo dolore ed il suo amore più grande. Diego, famigerato donnaiolo, quando sposa Frida, giunge al suo terzo matrimonio. Le promette la lealtà, ma non la fedeltà. Pur amandola, non riesce ad esserle fedele e la tradisce ripetutamente. Frida intanto dipinge. Continua a dipingere la sua vita attraverso il suo corpo. La vita che le cammina dentro. Ogni suo quadro è lei. Lei con i suoi dolori, fisici e dell’anima. La sua pittura è simbolica e realistica insieme, esprime il dolore di un corpo devastato, ma anche la voglia di vivere di chi la vita la ama appassionatamente. Quegli autoritratti sono terapeutici per lei, tanto che, nonostante tutto, impara a piacersi, ad accettarsi, impara a rendersi desiderabile agli occhi degli uomini, ma anche delle donne. Intraprende, infatti, molto spesso, relazioni omosessuali. Diego conosce bene la vita della sua amata, come lei conosce quella del suo amato. Ma per quanto amore legasse l’un l’altro, i due continuano a farsi del male reciproco.

Dopo tanti tradimenti, l’ultimo, devastante, di Diego con la sorella maggiore di Frida, la relazione si interrompe per lungo tempo, per poi essere ripresa negli ultimi anni di vita della pittrice. E sono proprio questi ultimi anni che diventano i migliori ed i peggiori per Frida. Da un lato la sua pittura prende il volo, il suo nome ed i suoi quadri diventano famosi sia in Messico che in Europa. Dall’altro la malattia prende il totale sopravvento su quel corpo, già troppo devastato, sino al punto di perdere una gamba. A quarantasette anni muore. Ma ad abbandonarla è solo “quel giuda di un corpo” come lei stessa lo ha definito.

Le sue opere, oggi, sono conosciute in tutto il mondo. Quando si pensa a Frida Kahlo, non si pensa ad una donna malata e sofferente. Si pensa alla sua forza alla sua passionalità. Il suo corpo è sempre il centro da cui partono le sue opere e da cui si dipanano le più disparate visioni del mondo. E’ come se quel corpo, martoriato, fosse il centro dell’universo, del suo universo. E’ da quel corpo che parte tutto. Tutto ciò che dipinge passa da se stessa. Dalla sua spina dorsale rotta. Dal suo ventre che non è stato in grado di portare avanti una gravidanza. Dal suo cuore, che ha amato ed ha sofferto per lo stesso uomo. I suoi quadri sono la sua vita. Infatti non si può comprendere l’opera di quest’artista senza conoscere il suo vissuto.

“Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.

di Silvia Trupo

foto: Frida Kahlo 

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