Ennesimo abuso del decreto legge: approvata l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti

finanzpartitiQuasi a sorpresa nella mattinata di venerdì il Consiglio dei Ministri ha approvato l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti con un decreto legge che ha convertito il disegno di legge che giaceva alla camera.  

Già nelle prime ore della giornata il premier Enrico Letta aveva annunciato su Twitter l’intenzione di prendere questo provvedimento: «Avevo promesso ad aprile abolizione finanziamento pubblico partiti entro l’anno. L’ho confermato mercoledì. Ora in cdm manteniamo la promessa». All’ora di pranzo il Consiglio dei Ministri aveva già approvato il decreto e il presidente Letta spiegava in conferenza stampa: «Il problema è stata l’opacità, ci sarà un meccanismo molto stringente che impedirà gli scandali degli anni scorsi» e aggiungeva «Il cittadino che vuole dare un contributo a un partito lo può fare attraverso il 2 per mille o con contribuzione volontaria».

L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti arriva all’improvviso e con effetto immediato, perché approvata con la forma del decreto legge: il provvedimento, infatti, entra in vigore subito dopo l’approvazione e necessita di una legge di conversione affinché i suoi effetti siano definitivi.

Sorgono quindi due problemi: la forma e il contenuto.

Riguardo alla prima questione, l’articolo 77 della Costituzione, riferendosi al decreto legge, parla di “…casi straordinari di necessità e di urgenza”; poi, in alcune sentenze degli anni Novanta, la Corte Costituzionale ha ribadito ulteriormente tali condizioni eccezionali che si rendono necessarie per approvare un decreto e tanto più per approvare la legge di conversione successiva necessaria al consolidamento del primo atto. Se dovessero mancare queste condizioni (necessità e urgenza), la legge di conversione potrebbe essere viziata di incostituzionalità.

Nel caso in questione, con un Paese piegato da una crisi economica e finanziaria che non sembra avere una fine, dove l’instabilità sociale fa da padrona, questo provvedimento appare come una sorta di palliativo e, soprattutto, si rende assai difficile giustificarne l’urgenza. Qualora questa legge dovesse essere approvata, potrebbe essere sollevata una questione di illegittimità costituzionale e non stupirebbe una sentenza di accoglimento da parte della Corte.

La seconda questione riguarda il contenuto. Il finanziamento pubblico ai partiti è un aspetto importante della democrazia partitica: sebbene spesso in Italia si abbia abusato di questo diritto, affidare in toto il sostentamento dei partiti ai privati rischia di favorire alcune formazioni e di metterne in difficoltà altre.

Viene meno l’uguaglianza imprescindibile della democrazia: il sistema politico (che piaccia o non piaccia) si basa sui partiti, ma cosa accade se uno di questi riesce ad ottenere una grande sovvenzione da un soggetto nelle cui mani si concentra anche un grande potere economico? I partiti “popolari” verrebero travolti dai partitoni più ricchi, così da affidare definitivamente il potere politico a chi detiene già quello economico. Nei prossimi giorni si avranno i primi sviluppi.

di Francesco Galli

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