Elezioni Usa. La Clinton tira un sospiro di sollievo, Trump si conferma vincente

TrumpAndHillaryLe primarie nel Nevada danno una piccola soddisfazione alla Clinton che vince su Sanders. Non una vittoria travolgente ma, insomma, almeno un risultato positivo la Clinton lo incassa.

Ci sono dei però. Primo: nel Nevada la Clinton aveva vinto anche contro Obama nelle famose elezioni del 2008, quando fu costretta ad abbandonare. Secondo: vanno calcolati i delegati che ciascun candidato alla Convention finale, raccoglie in ciascuna primaria nel singolo Stato. E qui la differenza con Sanders per la Clinton non è proprio tranquilla.

Nelle prime tre consultazioni la Clinton ha dalla sua 50 delegati, lo stesso numero ne ha Sanders. Questi numeri seppur presi in Stati poco abitati, se si confermassero nelle future consultazioni, si arriverebbe ad un testa a testa in cui solo la Clinton rischia.

In casa repubblicana tutto come previsto. Si è votato nel South Carolina. Sparisce definitivamente Jeb Bush. Vince con il 32,5% Donald Trump, raccogliendo 44 delegati, si attestano sul 22% sia Ted Cruz che Marco Rubio, senza però raccogliere nessun delegato.

Si conferma quindi la grande incertezza che serpeggia nei due schieramenti. Nessuno dei candidati al momento sembra vincere nettamente. Nessuno che faccia prevedere una superiorità elettorale, che si possa confermare soprattutto nel Super Tuesday (super martedi) del primo marzo.

L’incertezza non è solo per la scelta die candidati, ma come accade anche in Europa è nei confronti della politica e nei programmi.

La Clinton rappresenta il “continuum” politico, una mediazione tra le lobby del potere economiche, la famigerata Wall Street, e le istanze di riforme sociali. Ma non sfonda.

Sanders propone rotture con il vecchio sistema, una svolta “socialdemocratica” come la definisce, ma non sono chiare le strategie e le tecniche per farlo.

In casa repubblicana Trump lavora esclusivamente sulla “pancia” degli elettori, con accuse ai vecchi politici, al sistema economico, proponendo politiche razziste “i muri” con il Messico, la lotta all’islamismo, senza però fornire una chiara visione politica.

Più moderati gli altri; Cruz, rappresenta l’ala religiosa più oltranzista della politica americana, che può penalizzarlo in quegli stati più “liberal” con un elettorato più numeroso. Rubio al momento non incide con i programmi tanto meno con la sua immagine mediatica.

Elezioni molto incerte, come da decenni non se ne vedevano negli Usa. Questo avviene proprio in un momento in cui le crisi politiche in aree calde del mondo avrebbero bisogno di chiarezza sul ruolo e sulle strategie geopolitiche di un paese che dalla seconda guerra mondiale si è proposto come controllore del mondo e dopo la caduta del Muro come unica potenza mondiale.

A questo punto il Super Martedì diventa fondamentale, non solo per la politica USA, ma per fornire reali indicazioni su chi guiderà nei prossimi anni la superpotenza americana.

di Gianfranco Marullo

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