Deucalione e Pirra: la rinascita dopo il diluvio

«Ora la stirpe mortale continua con noi due (così sembrò giusto agli dei) e rimaniamo gli unici esemplari degli uomini» dice Deucalione alla moglie Pirra nel I libro delle Metamorfosi di Ovidio. Approdati sul monte Parnaso, osservano smarriti la desolazione che il circonda. Il mondo è pesantemente segnato dal diluvio che ha travolto la maggior parte degli esseri viventi e ha fatto morire di fame e di sete i pochi che inizialmente aveva risparmiato. Come Noè nel libro della Genesi, Deucalione e Pirra sono scampati alla punizione che gli dei hanno inflitto all’umanità. Merito del loro animo virtuoso, diverso da quello dei titani con cui condividono la stirpe. 

Al contrario del Dio biblico, nessuna divinità ha avvertito Deucalione e Pirra della catastrofe incombente. Il diluvio li coglie di sorpresa, li travolge e in cambio della salvezza chiede loro di assolvere a una missione importante: ripopolare il mondo. La loro sopravvivenza è un’eccezione alla regola, un imprevisto nel drammatico imprevisto della catastrofe. Ma soprattutto il prodigio che ha concesso all’umanità di perpetrarsi e rifiorire. Con loro potrà realizzarsi quella che nelle prime pagine del libro Giove ha profetizzato come «una razza diversa dalla precedente per la sua mirabile nascita».

La distruzione e la salvezza

Gli dei narrati da Ovidio sono entità sovrannaturali che tuttavia presentano caratteristiche umane sia da un punto di vista fisico che psicologico. Sono superbi e capricciosi, tanto che nella loro natura lunatica gli antichi cercavano una risposta alle disgrazie che piagavano le comunità. Nelle Metamorfosi, per esempio, si narra che la prima grande fonte di sofferenza umana sia dovuta a una decisione del dio Giove. Egli — stanco di un’età edenica in cui l’assenza di necessità produceva uomini oziosi — accorciò la primavera, introdusse le altre stagioni e con esse l’alternanza delle colture. Così le risorse diventarono limitate e l’uomo fu costretto a lavorare per vivere. Eppure nemmeno lui — il dio giudice che governa la natura — ha saputo prevedere che Deucalione e Pirra sarebbero sopravvissuti. 

«Giove, non appena vide che il mondo era inondato dalle acque paludose e che di tante migliaia di uomini ne era sopravvissuto soltanto uno e solo una delle altrettante migliaia di donne, entrambi senza colpe, entrambi devoti agli dei, disperse le nubi e fatti allontanare dall’Aquilone i nembi mostrò le terre al cielo e il cielo alle terre». Da questo momento per Deucalione e Pirra la normalità non esiste più, il futuro è un divenire continuo senza alcun punto fermo. Certo è solo il bisogno di ricostruire una nuova civiltà, possibile solo replicando il processo della Creazione. Come dalla separazione degli elementi del Chaos scaturì un mondo armonico nelle sue differenti parti, così l’uomo che è terra e acqua insieme, proprio dalla terra e dall’acqua dev’essere separato per esistere. 

La rinascita dell’uomo

Ripopolare il mondo è un compito troppo arduo per essere assolto senza l’intervento di una forza superiore. Pertanto marito e moglie si recano al tempio della dea Temi e invocano l’aiuto degli dei. La dea si commuove e dice loro: «Allontanatevi dal tempio e copritevi il capo, sciogliete le cinture delle vesti e buttate dietro le spalle le ossa della gran madre». La gran madre è la terra, da sempre concepita come un fertilissimo grembo materno. Le sue ossa sono i sassi. Pirra e Deucalione «si allontanano, si velano il capo, snodano le vesti e lanciano dietro i loro passi le pietre, come era stato loro comandato. I sassi […] cominciarono a perdere la loro durezza e rigidità, e man mano a diventare molle sostanza e dopo ciò a assumere una forma. Poi […] si poté vedere sì una certa qual forma umana»

Come nella tradizione cristiana, anche nei miti antichi l’uomo nasce dalla terra. In particolare dalle pietre di cui mantiene la capacità di resistere alle intemperie, di levigarsi e scalfirsi a seconda dell’ambiente che lo circonda, degli eventi che lo attraversano, delle consuetudini che come acque lo accarezzano giorno dopo giorno e piano piano lo trasformano. L’umanità è in grado di adattarsi a ogni situazione purché possa continuare a esistere nella sua doppia declinazione. Deucalione e Pirra, l’uomo e la donna, il maschio e la femmina, il marito e la moglie. La loro salvezza ha senso proprio perché sono sopravvissuti entrambi e insieme possono trasformarsi e perpetrare la specie nella perenne metamorfosi di un mondo che è lunatico come gli dei, pieno di sorprese come il futuro che attende la nuova umanità. 

Fonte foto: cav.unibg.it/cav/web

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