Ma davvero esiste il vino vegano???

vino veganoAnche se la cosa può sembrare assurda, esiste realmente un vino vegano.

Per considerarsi tale, il vino deve essere rigorosamente certificato con il marchio Qualità Vegetariana Vegan®, promosso dall’Avi, l’Associazione Vegetariana Italiana, attestante l’assenza di derivati di origine animale, come l’albumina d’uovo, la caseina o i caseinati, la colla d’ossa, la colla di pesce, la gelatina, l’ovoalbumina, la lisozima da uovo, fibre derivanti dai crostacei (chitina), la vescica di alcuni animali e le membrane.

A cosa servono i derivati animali?

Forse non tutti sanno che i derivati animali non solo vengono utilizzati come ingredienti, ma anche come additivi o come coadiuvanti “tecnologici” durante i processi della lavorazione del vino.

Cosa si intende per “coadiuvanti tecnologici”?

Si tratta di sostanze organiche o inorganiche, utilizzate per favorire il processo desiderato.

Esse, una volta sedimentate nel fondo del recipiente vengono eliminate.

Sebbene vengano rimosse, può restare qualche traccia nel vino, cosa abiurata dai “puristi” vegan, che non tollerano tale contaminazione.

I “chiarificanti” sono dei materiali attraverso i quali vengono filtrati i liquidi alimentari per togliere le impurità, depurare e rendere meno torbido il vino.

Etichettatura del vino

Dal punto di vista normativo non esistono ancora dettami ben precisi imposti a livello comunitario o nazionale, anche se da qualche tempo esiste una certificazione ufficiale di Icea, che ha definito un processo disciplinare ben preciso al quale l’azienda vinicola si deve attenere se vuole che il proprio vino sia dichiarato vegano.

Un nuovo regolamento comunitario relativo all’etichettatura (Reg. CE 1169/2011) tuttavia prevede che vengano definite norme, anche solo informazioni su base di “autocertificazione” volontaria, che attestino l’assenza di derivati animali sui vini.

Al momento, sugli scaffali del supermercato possiamo trovare la dicitura “vegan” ma si tratta solo di un’informazione facoltativa, che in quanto tale, si deve attenere rigorosamente alle norme generali in materia di etichettatura, ovvero veridicità, non ingannevolezza ed oggettività.

Come abbiamo detto, l’etichettatura non è obbligatoria (anche perché ha un costo elevato).

Un fenomeno in crescita

Poiché è sempre maggiore la richiesta di vini “cruelty free”, anche le aziende vinicole si stanno muovendo per soddisfare le esigenze dei consumatori più sensibili.

A Vinitaly ad esempio ogni anno si aggiungono nuove etichette vegan.

L’alternativa?

L’alternativa all’utilizzo di derivati animali è assolutamente possibile.

Essi possono infatti essere sostituiti con coadiuvanti di origine vegetale (derivati dalle alghe) e minerale, ovvero argille che svolgono più o meno la stessa funzione.

Stesso discorso vale per la concimazione.

Al posto de letame, per ottenere un vino vegan, nella vigna si utilizzarono concimi vegetali tra cui:

  • Compost prodotti dagli  scarti di cucina
  • L’humus, che si può ottenere introducendo lombrichi nell’orto oppure facendo una lombricaia (non comporta  sfruttamento animale, poiché i lombrichi vivono in poco spazio e circolano liberamente)
  • Macerati/infusi/decotti vegetali, come quelli di ortica e equiseto che sono facili da preparare e adatti a tutti i terreni
  • La borlanda, fatta con melassa/macerato di barbabietole rosse, molto ricca di Azoto
  • Concime di luppolo
  • Concimi a base di alghe: (dalle rosse si ricava il litotamnio , ricco di microelementi , calcio e magnesio, dalle alghe brune si ottengono concimi ricchi di fosforo, azoto , vitamine , ormoni , acido glicolico microelementi e potassio). Le alghe hanno azione immediata e sono quindi anche usate concimi fogliati.
  • Concimi verdi, noti come “sovescio”, una pratica agronomica consistente nell’interramento di apposite colture allo scopo di mantenere o aumentare la fertilità del terreno.
  •  La Torba, che tuttavia a causa dell’impatto ambientale negativo, non è la soluzione migliore.

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