Ciao Cesaria

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Molti artisti hanno provato a dare una definizione della saudade che Cesaria per tanti anni ha cantato: Gilberto Gil cantava che “Ogni saudade è la presenza dell’assenza”, Chico Buarque affermava che saudade “è rimettere ordine nella stanza del figlio appena morto”.

Ciò che la scomparsa di Cesaria Evora lascia nel mondo della musica è sicuramente una profonda saudade, non solo dolore dunque ma nostalgia di ciò che si è perso: la sua voce calda, il suo timbro deciso, quel suono oggi così tipico per noi di determinate culture ma che lei per prima ha portato in Europa.

Proviamo a fare ordine nella sua stanza: nasce nel 1947 a Capo Verde, rimane presto orfana di padre e viene affidata alle cure della madre che, nonostante tutti i suoi sforzi, non riesce a mantenerla, finisce pertanto in orfanotrofio dove inizia a cantare nel coro. All’età di 16 anni è l’incontro con un marinaio ad aprirle il mondo della morna. Alcuni definiscono questo tipo di musica come “il blues capoverdiano”: una musica dell’anima lenta e profonda che narrai sentimenti più intimi di una popolazione abituata alla sofferenza ed alla nostalgia per la propria terra.

La voce calda di Cesaria, accompagnata come da tradizione dal covaquinho (una piccola chitarra a quattro corde) trova presto successo tra le isole di Capo Verde, sarà invece necessario attendere più di vent’anni , di stenti, alcool e solitudine, per conoscerne il carisma in Europa. È infatti il 1988 quando José Da Silva la convince ad andare a Parigi per incidere un disco da cui nasce il primo grande successo per una canzone non francofona in Francia: “Saudade”.

Così all’età di 47 anni Cesaria diventa la “diva di piedi nudi”, come la incorona il titolo stesso del suo primo album, ed inizia a solcare le scene internazionali senza suole. Su quelle stesse scene è rimasta fino a pochi mesi fa quando, all’età di settant’anni, il cuore debole non le ha più consentito di tenere concerti.

Lo scorso sabato il governo capoverdiano ha proclamato 48 ore di lutto nazionale in tutto il paese: la sua terra  la saluta con lo stesso amore e dolore con cui lei l’ha cantata per mezzo secolo.

Claudia Durantini

foto: lenovae.it

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