Christo, il Michelangelo dell’arte contemporanea

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Christo.  Lo scorso 31 maggio è stato l’anniversario della scomparsa di Christo Javacheff, conosciuto semplicemente come Christo. Né pittore, né scultore, né architetto – o meglio tutti e tre allo stesso tempo – Christo è l’artista che maggiormente ha rivoluzionato l’arte contemporanea. Secondo alcuni è il Michelangelo del XX e XXI secolo.

Profugo bulgaro, attraversò la frontiera tra Cecoslovacchia e Austria nel 1957 per rifugiarsi in Francia. A Parigi ha conosciuto Jeanne-Claude Denat de Guillebon che divenne la sua mentore e compagna per tutta la vita. Con Jean Claude, Christo ha ideato e poi realizzato il suo progetto artistico. Quello, inizialmente, di impacchettare edifici e monumenti naturali. Per poi evolversi in una vera land art. Cioè: “arte del territorio”.

Cosa vuole esprimere Christo con la sua arte? Essa deriva principalmente dall’espressionismo. Questo movimento ha avuto il massimo fulgore quasi un secolo fa in molti campi. Dalla pittura alla scultura ma anche nella fotografia e nella cinematografia. L’espressionismo si propone di suscitare emozioni nell’osservatore, sottraendo centralità all’opera. Il soggetto principale, quindi, non è più l’opera d’arte, ma il suo fruitore. Prendiamo in considerazione tre opere di Christo tra le sue principali.

Christo imballa Porta Pinciana a Roma

Christo fece la sua apparizione a Roma grazie a Graziella Lonardi Buontempo. Collezionista, animatrice della scena artistica romana, Graziella Lonardi era paragonata a Peggy Guggenheim. L’artista bulgaro accettò il suo invito e nel 1974, impacchettò Porta Pinciana.  Avvolse la Porta e un tratto di 250 metri delle Mura Aureliane con corda e polipropilene. Nel frattempo, il monumento continuava ad essere attraversato da un intenso traffico automobilistico e pedonale.

Non si sa se Porta Pinciana sia stata scelta per essere il “terminale” di Via Veneto, la strada della “dolce vita”. Fatto sta che, nelle intenzioni di Christo, dovevano essere i Romani a immaginare cosa ci fosse al di sotto del rivestimento. Non si chiedeva che immaginassero proprio la Porta. Ma che una volta divenuti soggetto dell’opera d’arte, esprimessero dentro di loro il contenuto immaginato o desiderato.

Dopo quaranta giorni la struttura fu smontata e riciclata. L’opera non fu realizzata con il supporto di alcuna sponsorizzazione. L’artista, infatti, riteneva che ciò avrebbe potuto turbare la fruizione della stessa. In particolare l’emozione che poteva suscitare negli osservatori. Il Wrapped Roman Wall, quindi, fu finanziato esclusivamente con la vendita dei disegni preparatori e la loro riproduzione litografica. Ugualmente come tutte le opere precedenti o successive.

Christo impacchetta il Reichstag

Una delle caratteristiche delle opere di Christo è la loro temporaneità. Vogliono esprimere qualcosa di “effimero” in contrapposizione al dogma classico dell’immortalità dell’opera d’arte.  Transitoria, oltre che unica e personale è anche la sensazione dell’osservatore. Inoltre, si vuole coinvolgere nella fruizione dell’opera centinaia di migliaia di persone. Tanto da divenirne parte essi stessi. Christo ha avuto un gran numero di imitatori. Uno di questi è il fotografo di Benetton Oliviero Toscani.

Nel 1993, Toscani ha ricoperto l’obelisco parigino di Place de la Concorde con un preservativo lungo 22 metri e pesante 35 chili. Chiaramente, con la sponsorizzazione dei Benetton. L’occasione era la giornata mondiale contro l’Aids. C’è però una sostanziale differenza. Toscani ha suggerito palesemente e definitivamente il significato dell’opera agli osservatori. Cioè: «Usate il preservativo per proteggervi dall’Aids». Christo lascia all’osservatore il ruolo di autore in modo unico e in via transitoria.

Nel 1995, a Berlino, Christo ricoprì di tessuto argentato legato con corde il Reichstag, cioè il Parlamento tedesco. Il prodotto mostrava soltanto i bordi del monumento, ma non il suo contenuto. Risuonavano ancora gli echi del comunismo, al di là del muro e della Porta di Brandeburgo poco distante. Ma all’interno erano ancora vive le violenze del nazismo che nel 1934 aveva incendiato l’aula. Sono queste le emozioni che suscita oggi l’opera a chi scrive, pur vedendola soltanto in fotografia. Uniche e irriproducibili, invece, quelle dell’osservatore che si trovava allora sul posto.

The Floating Piers

Rimasto solo per la scomparsa della sua compagna Jenne-Claude (2009), Christo concepì un’altra incredibile opera. Un enorme pontile galleggiante. Dalla sponda del Lago d’Iseo, biforcandosi in mezzo al lago, il pontile raggiungeva le isole di Monte Isola e San Paolo. Grazie ad esso si poté camminare sulla superficie dell’acqua dal 18 giugno al 3 luglio 2016. Non sappiamo se l’intenzione dell’artista sia stata quella di riproporre in qualche modo il miracolo di Gesù, di cui ha lo stesso nome.

Il progetto è stato realizzato con 220.000 cubi di polietilene ricoperti da 100.000 metri quadrati di tessuto giallo brillante di nylon poliammidico. Il pontile, largo 16 metri, aveva una lunghezza complessiva di 3 chilometri. Per poi proseguire per un altro km e mezzo sulle due isolette. È stato fissato al fondo con sistemi di ancoraggio costituiti da 190 blocchi di calcestruzzo pesanti 5,5 tonnellate. Nelle due settimane della sua esistenza il Floating Piers è stato attraversato da un milione e trecentomila persone. A detta di tutti, le reazioni sono state entusiaste.

Foto di Richard Ley da Pixabay

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