C’hai messo l’acqua e nun te pagamo

C'hai

L’anno nuovo si è aperto con la notizia di una frode alimentare, si potrebbe dire l’ennesima, relativa ad un vasto traffico di olio extravergine d’oliva contraffatto.

Un fenomeno che si ripete purtroppo ciclicamente in un Paese che ha fatto della triade olio d’oliva, grano e vino il fondamento della propria cucina.

«C’hai messo l’acqua e nun te pagamo» si lamentavano con l’Oste i «giovanotti de ‘sta Roma bella» della canzone popolare «La società dei magnaccioni»: una pratica antichissima, evidentemente.

Dai tempi dell’Antica Roma all’Hisbah araba

Già Plinio il Vecchio nella sua «Naturalis Historia» si doleva della contraffazione delle merci, soprattutto di quelle d’importazione, ponendo in guardia i consumatori contro i vari artifici posti in essere per realizzare, spesso a scapito della loro salute, un ingiusto profitto.

La fantasia del malfattori è stata sempre particolarmente fervida e le tecniche sempre più complesse.

Dalla farina di grano adulterata con loglio o addirittura con gesso, alle spezie in cui si aggiungeva, ed in taluni casi si aggiungono ancora, argilla, talco, insetti, passando ovviamente per l’olio, spacciando per olio d’oliva oli vegetali adeguatamente adulterati, sino al vino in cui, a fronte delle recenti e pericolose forme di adulterazione con il metanolo, l’acqua aggiunta dall’Oste della canzone appare proprio un peccato veniale.

Il primo sistema organico di vaste dimensioni a tutela della regolarità del commercio alimentare fu l’ufficio degli «aediles ceriales», gli edili ceriali, che vigilavano soprattutto sul commercio del grano, con competenze estese a tutti i generi alimentari, e dopo la caduta dell’Impero Romano furono gli Arabi, con l’ufficio del Muḥtasib, il sovrintendente nominato dal Califfo per garantire l’osservanza, in ambito mercantile, dell’Hisbah (il precetto coranico «giova di ciò che è buono e proibisci ciò che è sbagliato») che applicarono per la prima volta tecniche di contrasto delle frodi alimentari di tipo scientifico giovandosi del grande sviluppo che le scienze conobbero nel periodo aureo della civiltà araba.

Nell’Occidente non vi è governo o autorità pubblica che non abbia tentato, in varia misura, di contrastare le frodi in commercio, spesso anche a fini prettamente fiscali, avessero a riguardo la qualità o gli strumenti di misura delle merci ed in particolare degli alimenti.

Stai a guardà er capello

A Roma, per descrivere un atto di pignoleria si usa l’espressione popolare: «stai a guardà er capello» che risale addirittura alla metà del 1500.

Fu infatti in quel periodo che con una bolla di Papa Sisto V la mescita del vino poté essere effettuata solo attraverso appositi contenitori piombati di vetro.

Le misure, successivamente espresse con il sistema metrico-decimale, presero i nomi popolari che ancora si usano oggi: la fojetta (mezzo litro), er tubbo (litro), la mezza fojetta (quartino), er chierichetto (quinto di litro) e infine er sospiro (decimo di litro) che deve il nome al sussurro con cui veniva ordinato da coloro che non potevano permettersi neppure un chierichetto.

Dopo l’Unità si diffuse poi er Barzilai (due litri) dal nome del deputato che offriva questa misura di vino nelle sue cene elettorali.

E il capello?

Capello era detta l’incisione sul vetro che definiva la misura e stare a guardare il capello era l’accusa di controllare, per pignoleria, l’esatta misura del vino effettivamente venduto.

Il boom economico e la moltiplicazione delle frodi alimentari

Se il fenomeno delle frodi alimentari è antichissimo il suo dilagare in Italia data a partire dagli anni del boom economico favorito dall’incremento dei consumi di massa.

A svelare queste vere e proprie truffe (riassunte da Giorgio Nebbia in «Piccola storia delle frodi») fu allora il giornalismo d’inchiesta, soprattutto de Il Giorno e de L’Espresso.

Nel 1958, a proposito di olio d’oliva contraffatto, fu l’articolo di Gianni Corbi e Livio Zanetti, pubblicato sul n. 25 de L’Espresso, intitolato «L’asino nella bottiglia: romanzo giallo dell’olio di oliva» a denunciare un traffico internazionale di olio d’oliva contraffatto che stava invadendo i mercati grazie al basso prezzo.

Altre inchieste, che riguardavano altri alimenti (ed in particolare il vino al metanolo che si ripeterà tragicamente nel 1986 con la morte di 19 persone e la cecità di altre 15) occuparono la stampa suscitando la reazione degli Organi di vigilanza e del legislatore: con la legge n. 283 del 1962 si dettò una prima disciplina organica (a cui ne seguiranno altre sempre più stringenti) della produzione e del commercio delle sostanze alimentari e furono istituiti i primi N.A.S. Carabinieri, sigla che allora individuava i «Nuclei Anti Sofisticazioni» e che attualmente identifica i «Nuclei Antisofisticazioni e Sanità» che per la loro opera meritoria hanno fatto guadagnare alla Bandiera dell’Arma tre Medaglie d’Oro al Merito della Sanità Pubblica.

Nuovi scandali sono purtroppo seguiti a cui si è risposto con modifiche sia a livello normativo sia organizzativo, ma è una lotta che non conosce sosta visto l’enorme giro d’affari che il cibo contraffatto genera.

Il consumo consapevole primo elemento di contrasto delle frodi

È indubbio che gli scandali sulle frodi alimentari abbiano cambiato l’approccio al cibo.

Basti pensare che già del 1959, presumibilmente in risposta allo scandalo in corso, la P. Sasso e Figli S.p.A., titolare del marchio «Olio Sasso», lanciò una campagna pubblicitaria all’insegna del «supergenuino» e da allora autenticità e genuinità sono entrate nel linguaggio della comunicazione del cibo e tra le priorità dei consumatori.

Ogni scandalo ci allarma, ma dovrebbe anche rassicurarci la sua scoperta che è indice del funzionamento degli strumenti di contrasto, e ci ricorda che non possiamo mai abbassare la guardia.

C’è un dato che dovrebbe farci riflettere: certe operazioni truffaldine, tecnologicamente sempre più sofisticate, hanno ragione di essere solo se vi è una massa consistente di potenziali vittime.

Aumentare la conoscenza del cibo, diffondere la cultura del cibo autentico e la capacità di riconoscibilità sensoriale (l’olio contraffatto puzza) da parte di un numero crescente di consumatori riducono fortemente questa massa.

Il primo alleato degli Organi di vigilanza delle frodi siamo noi consumatori: ogni tanto è bene ricordarcelo.

Foto di Photo Mix da Pixabay

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