Bestie di Satana: dopo 16 anni il “leader” Andrea Volpe torna libero

La mattina del 24 gennaio 2004 i Carabinieri di Somma Lombardo, un piccolo comune nella provincia di Varese, ricevono una segnalazione: lungo la riva del canale, nei pressi della diga, c’è un ragazzo che urla, si dimena e pronuncia frasi senza senso. Si tratta di Andrea Volpe, 27 anni, capelli scuri lunghi e pizzetto. Andrea indossa dei jeans ed una felpa e si trova in uno stato confusionale provocato dall’assunzione di droghe, parla di una presunta tentata aggressione da parte di un gruppo di sconosciuti alla sua ragazza, Elisabetta Ballarin, ritrovata in auto priva di sensi.

I due ragazzi vengono portati all’ospedale di Somma Lombardo, dove nelle ore successive si scoprirà che ciò che è realmente accaduto è molto più grave di quanto raccontato da Volpe, ma soprattutto da quel momento si aprirà la strada che porterà alla soluzione di alcuni dei più inquietanti delitti degli ultimi anni che passeranno alla storia come i delitti delle cosiddette “bestie di Satana”.

Andrea Volpe confessa che la sera precedente ha ucciso la sua ex fidanzata Mariangela Pezzotta, 27 anni, sparandole prima un colpo di arma da fuoco alla testa e poi colpendola al volto con un badile mentre cercava di seppellire il corpo nella serra, aiutato da Elisabetta e da un suo amico, Nicola Sapone. Il crimine è dei più atroci, ma il racconto di Andrea Volpe è solo all’inizio.

A distanza di pochi mesi, infatti, Volpe decide di parlare di nuovo e racconta agli inquirenti che i due ragazzi di cui si sono perse le tracce a Milano la sera del 17 gennaio del 1998, Fabio Tollis e Chiara Marino, entrambi di 16 anni, non sono scomparsi, ma sono stati uccisi da Nicola Sapone e Mario Maccione. Andrea era presente, ma non ha partecipato al delitto, ha, però, scavato la fossa dove i due cadaveri sono stati sepolti nei boschi di Somma Lombardo e dove, dopo la confessione di Volpe, verranno ritrovati i resti. Andrea Volpe fa i nomi di altre due persone, due amici, Pietro Guerrieri e Andrea Bontade, c’erano anche loro ad aiutarlo a scavare la buca.

I protagonisti di questa vicenda, infatti, si conoscono bene tra di loro, sia le vittime che i carnefici fanno parte della stessa comitiva di amici e si frequentano da tempo. Hanno in comune la passione per la musica heavy metal, ma non solo, perchè il gruppo pratica riti esoterici e si riunisce nei boschi per celebrare messe sataniche, il tutto unito all’uso di alcol e di droghe pesanti. Gli omicidi di Fabio Tollis e Chiara Marino, spiega Volpe, sono avvenuti proprio nell’ambito di un rituale satanico. Nella “setta” ognuno di loro aveva un ruolo, ma il capo, in base alla versione fornita da Volpe, era Nicola Sapone che aveva deciso già da mesi che Fabio e Chiara dovevano morire perchè si stavano allontando dal gruppo, erano dei traditori, e questo lo sapevano anche gli altri ragazzi del gruppo: Paolo Leoni, Marco Zampollo, Eros Monterosso e Massimiliano Magni che in vario modo avevano partecipato agli omicidi.

Tollis e Marino, però, non sono le uniche vittime della “setta”, perchè qualche mese dopo, nel settembre del 1998, anche Andrea Bontade muore in uno strano incidente stradale, ma in realtà non è stato un incidente, Bontade è stato spinto al suicidio sotto la forte pressione psicologica da parte di Nicola Sapone. La sua colpa? Il non aver voluto prendere parte attivamente al duplice omicidio di Fabio e Chiara e per questo andava punito.

Le indagini, e successivamente i processi, riconosceranno tutti i membri della “setta” colpevoli per gli omicidi di Chiara Marino, Fabio Tollis e Mariangela Pezzotta, per l’occultamento dei cadaveri ed per l’istigazione al suicidio di Andrea Bontade.
Secondo la ricostruzione dei fatti, però, è Andrea Volpe il vero leader del grupo di amici ormai denominati le “bestie di Satana”, ma in realtà non c’è mai stata nessuna setta satanica, si trattava solo di un gruppo di ragazzi sbandati che ricorreva al satanismo per giustificare l’uso di droghe e compiere atti di estrema violenza.

Le pene per i componenti della “setta” sono molto pesanti: Nicola Sapone viene condannato a due ergastoli, Paolo Leoni ad un ergastolo, Marco Zampollo a 29 anni e 3 mesi, Elisabetta Ballarin a 23 anni, Eros Monterosso a 27 anni e 3 mesi, Pietro Guerrieri a 12 anni e 8 mesi. Mario Maccione e Massimiliano Magni, all’epoca ancora minorenni, vengono condannati rispettivamente a 16 anni e 7 anni e 6 mesi.

Per Andrea Volpe, che ha scelto il rito abbreviato, la pena è di 30 anni di reclusione, poi ridotti in appello a 20 anni per aver collaborato con gli inquirenti alla ricostruzione degli eventi ed aver fatto ritrovare i cadaveri.
Durante gli anni in carcere Volpe scopre la fede che, dice, gli ha cambiato la vita permettendogli di riconoscere i propri sbagli e di pentirsi profondamente. Si converte alla Chiesa evangelica, legge la Bibbia e trattati di teologia e parla di rinascita. Si iscrive anche al liceo e si diploma in scienze sociali (all’epoca degli omcidi Volpe aveva solo la terza media) e poi decide di iscriversi anche all’Università di Ferrara al corso di Laurea di scienze filosofiche dell’educazione.

Il 14 marzo, dopo aver scontato 16 dei 20 anni di carcere a cui era stato condannato, Andrea Volpe è uscito di prigione. Ora è un uomo libero, vuole cercare un lavoro ed iniziare a progettare, a 44 anni, una nuova vita.
Volpe, non è l’unico ad essere tornato in libertà, anche gli altri membri della “setta” sono ormai fuori dalle mura carcerarie, tranne Nicola Sapone e Paolo Leoni che stanno scontando l’ergastolo.

Alla notizia della scarcerazione di Andrea Volpe, Silvio Pezzotta, padre di Mariangela, ha commentato dicendo soltanto che spera di non doverlo mai incontrare perchè mai potrà dimenticare quello che ha fatto.
Michele Tollis, padre di Fabio, che per anni ha cercato invano suo figlio in tutta Europa, ha invece dichiarato di essere sereno e che, in fondo, Volpe ha meritato lo sconto di pena perchè è solo grazie a lui, l’unico ad averlo incontrato e ad avergli chiesto scusa, che è stato possibile ritrovare il corpo di Fabio che, altrimenti, sarebbe ancora oggi in una fossa nei boschi, fossa sulla quale Michele Tollis si reca ogni anno chiedendosi ancora il perchè di un omicidio così brutale e senza senso.

Fonte foto: ilgiorno.it

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