Balcani, l’avvento di Trump e un eventuale ingresso della Serbia in Europa

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Balcani. Con l’inaugurazione del secondo mandato di Donald Trump si apre una stagione delicata tra Washington e la UE. Taluni si chiedono se il presunto e tanto sbandierato disimpegno trumpiano possa rallentare il processo di allargamento dell’UE oggi diretto principalmente verso i Balcani.  Sei i paesi candidati: Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Albania, Kosovo, Macedonia del Nord. Tale processo, avviato all’inizio degli anni 2000 con l’ingresso della Slovenia e della Croazia, si è poi fermato per la posizione filorussa della Serbia.

Contrariamente alle previsioni, però, con l’avvento di Trump la situazione nei Balcani potrebbe risvegliarsi, dopo un paio di decenni di stand-by. Il genero Jared Kushner, plenipotenziario del presidente per quanto riguarda il Medio Oriente, ha documentati legami con Belgrado. Li ha inoltre con altri leader europei più controversi: l’ungherese Viktor Orbán e il presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik. Ciò potrebbe portare a un riavvicinamento della Serbia agli USA. Cerchiamo allora di tracciare un quadro complessivo dell’attuale situazione dei paesi successori della ex-Jugoslavia.

La dissoluzione dell’ex Jugoslavia ha ancora degli strascichi in sospeso

A seguito della dissoluzione della federazione Jugoslava si ebbero i cambiamenti appresso descritti. Slovenia e Croazia conseguirono l’indipendenza. In Bosnia-Erzegovina si ebbe un quadriennio di guerra tra le varie componenti etniche (1992-1995) che si concluse con gli Accordi di Dayton.  All’interno delle frontiere della precedente repubblica federata fu creato il nuovo Stato plurietnico bosniaco.

L’accordo prevedeva la creazione di due entità interne: la federazione croato-musulmana (51% del territorio) e la Repubblica serbo-bosniaca (49% del territorio confinante con la Serbia). Ciò dette adito alle aspirazioni secessioniste della Repubblica serbo-bosniaca (Srpska). Con conseguente riunione alla Serbia.

Successivamente, nel 1998-1999, si ebbe la guerra per l’indipendenza del Kosovo, già entità autonoma della repubblica Serba. Il Kosovo è abitato per l’90% da albanesi e per il 10% da altre etnie, in prevalenza serbi. La guerra si concluse con la secessione dell’intero Kosovo che, ancorché dichiaratosi indipendente nel 2008, è ancora formalmente amministrato dall’ONU.

Balcani, un piano di secessione della Srpska dalla Bosnia

Molti Stati europei – tra cui l’Italia – riconoscono l’indipendenza del Kosovo ma, in realtà, un trattato di pace con la Serbia non è mai stato stipulato. Durante il primo mandato di Trump (giugno 2020) l’ex-inviato speciale statunitense per i negoziati Serbia-Kosovo Richard Grenell propose un piano di scambio tra le due Nazioni. La Valle di Preševo a Pristina e il nord del Kosovo a Belgrado.

Il piano fu abbandonato solo a causa della dura opposizione della Germania. Ora, però, con il ritorno di Trump tale piano potrebbe essere riproposto in versione filo-serba. In ogni caso, la crisi del Kosovo non può durare in eterno e necessita della stipulazione di un vero Trattato di pace.

Nel marzo 2021, inoltre, vi fu un’iniziativa del presidente della Slovenia Borut Pahor (socialdemocratico). Nel corso della sua visita a Sarajevo, chiese ai membri della presidenza bosniaca se il paese possa essere diviso in due parti pacificamente e senza spargimenti di sangue.

Balcani, il ruolo dell’Italia

Pahor riteneva che la Serbia fosse più matura della Bosnia-Erzegovina per l’ingresso nella UE. Riteneva perciò che un allargamento dell’UE a Belgrado – e il conseguente abbandono della sua posizione filorussa – ben valesse una contropartita territoriale. A spese, chiaramente, della Bosnia. Anche al fine di semplificare i dissensi etnici tra le sue componenti.

All’epoca i membri bosniaci e croati della presidenza collegiale bosniaca risposero negativamente alla suddivisione del paese. Il rappresentante serbo-bosniaco invece sì. Contemporaneamente sembra che il premier sloveno Janez Janša (destra e filo-Trump) abbia consegnato un documento al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. In esso sarebbe stata prevista la creazione di una “grande Serbia” con la divisione della Bosnia e altri riassetti territoriali.

Indipendentemente dal supposto disimpegno economico/militare in Europa, a Trump potrebbe interessare il distacco definitivo della Serbia da Putin. All’Italia, filo-serba dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia interesserebbe ancor più. Una Serbia più forte in Europa e amica dell’Italia controbilancerebbe, nei Balcani, l’influenza tedesca su Croazia e Slovenia.  

Foto di Michał da Pixabay

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