Alzheimer, la ricerca avanza a grandi passi

news_img1_66136_alzheimerNuove speranze dalla ricerca scientifica per debellare la malattia di Alzheimer.

Il gruppo del professor Massimo Masserini, ordinario di Biochimica alla Facoltà di Medicina dell’Università Bicocca, sta ultimando la fase preclinica, ovvero la sperimentazione di su topi transgenici del progetto Nad (Nanoparticles for therapy and diagnosis of Alzheimer desease). La scoperta consiste nell’aver individuato un farmaco, anzi un “nanofarmaco”, che riconosce e uccide le placche amiloidi che si formano nel cervello in presenza di tale malattia. “La terapia – spiega Massimo Masserini, ordinario di biochimica dell’Università di Milano-Bicocca e coordinatore del progetto europeo Nad – è basata su una strategia, impossibile da realizzare con un farmaco convenzionale, che usa uno strumento nanotecnologico, cioè particelle di dimensioni di un miliardesimo di metro”. È un risultato che arriva dopo cinque anni di lavoro che ha coinvolto diciannove partner tra centri di ricerca e piccole e medie imprese dislocate in Italia e paesi europei e impegnato circa 14 milioni e mezzo di fondi Ue. Il test sui topi ha avuto esito positivo: la malattia scompare, i ratti riacquistano la memoria. I primi risultati positivi della sperimentazione sui topi sono stati pubblicati su  “The Journal of Neuroscience” dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e l’università finlandese di Turku.

Una vera rivoluzione sta per arrivare nel campo dei vaccini “con grandi evoluzioni in questo settore tra 5-10 anni: i vaccini immunoterapici per i tumori, contro l’Alzheimer”. Ad affermarlo sono Sergio Pecorelli, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), e Luca Pani, direttore generale dell’Aifa, tra i relatori della conferenza che, si è svolta poco tempo fa a Roma, con il titolo: ‘The State of Health of vaccination in the Ue’. “Sono terapie con una tecnologia evoluta – precisano gli esperti – e con la possibilità di creare una terapia personalizzata, quasi sartoriale. Oggi siamo in grado di sequenziare il genoma di un virus e inviarlo dall’altra parte del mondo per studiarlo. Ci sono filoni di ricerca che indagano la risposta immunitaria dell’organismo – concludono – per capire come lavora e come si accende nel caso di patologie autoimmuni”.

La Commissione Europea ha approvato il (F-18)-flutemetamolo, un radiotracciante diagnostico per via endovenosa da utilizzare con la tomografia a emissione di positroni (PET) cerebrale nei soggetti adulti per la valutazione della malattia di Alzheimer (AD) e altre forme di demenza. Sviluppato da GE Healthcare sarà messo in commercio con il marchio Vizamyl. L’esito degli studi ha dimostrato che il flutemetamolo marcato con fluoro-18 rileva correttamente la beta-amiloide nel cervello. I risultati, inoltre, confermano che gli esami sono riproducibili e che refertatori addestrati li possono interpretare in modo accurato.

In uno studio delle Università britanniche di Lancaster e Ulster, pubblicato sulla rivista Neuropharmacology, due farmaci utilizzati comunemente per trattare il diabete possono invertire gli effetti del morbo d’Alzheimer, ripristinando i ricordi. Il liraglutide e il lixisenatide aumentano la produzione di insulina, riducendo la quantita’ di zucchero nel sangue e aiutando il cibo a passare lentamente nello stomaco. Ora gli scienziati hanno scoperto che questi due farmaci potrebbero essere utili anche per i problemi di memoria causati dall’Alzheimer. In uno studio sui topi hanno infatti dimostrato che iniezioni giornaliere per 10 settimane hanno ridotto le placche amiloidi nel cervello e migliorato la memoria e la capacità di riconoscere gli oggetti.

Siamo ancora agli inizi, ma a Roma nascerà, si spera in tempi ragionevoli, la cittadella dell’Alzheimer e delle malattie neurodegenerative attraverso una collaborazione tra l’Università Sapienza e l’Istituto europeo per le ricerche sul cervello (EBRI) fondato dall’Accademica dei Lincei e premio Nobel Rita Levi Montalcini. E’ stata recentemente firmata una convenzione che prevede la concessione dell’edificio C dell’ex complesso Regina Elena (1200mq per laboratori ed uffici) alla Fondazione EBRI per la costruzione del “Rita Levi Montalcini Institute”. L’obiettivo è di creare presso la Sapienza una cittadella dell’Alzheimer e delle malattie neurodegenerative in modo da mettere insieme in maniera multidisciplinare e sinergica le competenze dell’EBRI con quelle già esistenti al Regina Elena dell’Istituto di Biotecnologie della stessa Università e della sede staccata dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Individuato il legame tra Sindrome di Down e Alzheimer. Una scoperta frutto del lavoro del Sanford Burnham Medical Research Institute, La Jolla, California. La Sindrome di Down è associata a un rischio maggiore di sviluppare una malattia neurodegenerativa. Si calcola, infatti, che a partire dall’età di 40 anni il 100% dei soggetti colpiti dalla Sindrome sviluppi una forma di demenza. Secondo i risultati della ricerca, le persone colpite dalla trisomia 21 hanno una produzione molto bassa di SNX27, il gene che regola la quantità di beta amiloide, proteina tossica per il cervello.

Dr. Gherardo Tosi

Psicologo Psicoterapeuta

00152 Roma

mail : tosighe@libero.it

Foto: palermomania.it

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