45 anni fa, a Monaco, l’impresa di Mark Spitz

IMG_7668Esattamente il 4 settembre 1972, ai giochi della XX Olimpiade di Monaco di Baviera, il nuotatore statunitense Mark Spitz saliva per la settima volta sul gradino più alto del podio, battendo il record del maggior numero di medaglie d’oro conquistate – sino a quel momento – in una sola edizione dei giochi olimpici. Predestinato già nel cognome, evocante la velocità, Spitz aveva trionfato nei 100 e 200 stile libero, nei 100 e 200 farfalla e nelle staffette 4×100 sl, 4×200 sl e 4×100 mista.

In precedenza, solo due “mitici” atleti erano arrivati a cinque medaglie d’oro in una stessa edizione: lo schermidore italiano Nedo Nadi (Anversa 1920) e il fondista finlandese Paavo Nurmi (Parigi 1924); quest’ultimo, peraltro, facilitato dal regolamento dell’epoca che, per una sola gara (la corsa campestre), attribuiva medaglie sia a livello individuale che a squadre.

Bello, con gli occhi neri e il sapor mediorientale

In un epoca in cui ancora non era obbligatoria la cuffia, per scendere in piscina e gareggiare, il fuoriclasse statunitense si presentava ai blocchi di partenza con il capello lungo e addirittura i baffi, irridendo i suoi avversari, depilati dalla testa ai piedi, per opporre la minima resistenza alla superficie dell’acqua, nel vano tentativo di batterlo. Tale atteggiamento scostante, unito alla colore corvino della sua capigliatura e degli occhi, lo fece divenire all’istante l’idolo delle donne. Era un po’ il tipo che, qualche anno dopo, Gianna Nannini avrebbe definito “Bello e impossibile, con gli occhi neri e il sapor mediorientale”.

Alla vigilia dei giochi, gli esperti dell’epoca non credevano che Spitz sarebbe riuscito nell’impresa. Un po’ per le dimensioni incredibili della stessa. Un po’ perché quattro anni prima, alle Olimpiadi di Città del Messico, Spitz, ancora diciassettenne (e senza baffi) si era lasciato andare a una “sparata” analoga: quella di conquistare sei medaglie d’oro. Invece, ne conquistò due soltanto, nelle staffette. Nelle gare individuali arrivò 3° nei 100 sl, 2° nei 100 farfalla e solo 8° nei 200, tanto che fu escluso dall’ultima staffetta 4×100 mista, perché tra i nuotatori USA, si ritenne che ci fosse chi era più forte di lui.

Invece, a Spitz riuscì tutto con una facilità irrisoria: sette medaglie d’oro, condite addirittura con sette record mondiali. Solo nell’ultima gara, i 100 stile libero, “gigioneggiò” un po’. Si fece battere, sia nelle batterie che in semifinale, dal campione olimpico uscente, l’australiano Mike Wenden, quello che l’aveva battuto a Città del Messico. Ma, forse, stava giocando come il gatto con il topo. In finale, infatti, stracciò nuovamente i suoi avversari, con il nuovo record del mondo: 51.22. Wenden si piazzò solo quinto.

Il 5 settembre l’attacco dei fedayn

Il “fascino medio orientale” di Mark Spitz era dovuto alle sue origini ebraiche, di cui aveva mantenuto il credo religioso. Si dice, infatti, che doveva essere lui, l’obiettivo dell’attacco che il giorno successivo del suo settimo trionfo – 5 settembre 1972 – un commando palestinese effettuò al villaggio olimpico. All’alba di quel giorno, infatti, otto componenti dell’organizzazione terroristica “Settembre Nero” si introdussero negli alloggi destinati agli atleti israeliani, uccidendone due che avevano opposto resistenza e prendendone in ostaggio altri nove. Almeno uno degli atleti fu castrato e violentato dai sequestratori e lasciato morire sotto gli occhi dei suoi compagni.

Intorno alle 23.00 dello stesso giorno, la polizia tedesca irruppe nella palazzina dove era stata effettuata l’azione terroristica e, nello scontro a fuoco che ne seguì, tutti gli atleti sequestrati, cinque fedayn e un poliziotto tedesco rimasero uccisi.

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