via cernaia (la poltrona)

via cernaia - la poltronail nulla diviene tutto, ed un cane randagio rosicchia il suo osso come fosse una bistecca.

stranezze e avversità della vita rendono l’uomo fagocitante, e come può rigurgita con avidità immagini a vestire di balocchi i desideri inespressi: vuole il suo sogno.

e si arrampica alla fantasia.

e ti ritrovi ladro di una semplice via. 

– via cernaia, dove di preciso? –

le parole dell’autista si materializzarono come una vignetta umoristica, e continuando a sorridere furono più esatti nelle loro indicazioni.

arrivarono a destinazione senza rendersene conto.

lei era ancora nel sogno e sapeva che quella carrozza non sarebbe svanita, e nemmeno il suo principe azzurro che, infatti, le aprì lo sportello.

il suo sguardo fu rapito da una strada lunghissima che, scendendo dalla vettura, le si presentò alla sua destra.

un piccione ticchettava col becco sul marciapiede e le luci dei negozi si rincorrevano sino a perdersi nel fascino della serata che ricreava ombre.

non c’erano voci a disturbare l’atmosfera, la città sembrava addormentata.

o forse era questa coppia che riusciva a raccogliere spiccioli di intimità che si incastonavano alle voglie come pietre preziose, e il tutto diveniva affascinante

un portico accogliente fece da tramite a quel paesaggio incantato, ed entrarono in albergo.

si avvicinarono alla reception guardandosi intorno come due bambini spauriti, ma un volto di donna sorridente sciolse tutti i loro timori. dopo alcune domande di prassi la voce femminile risuonò come squillo di tromba:

– sì, abbiamo la vostra prenotazione: 122, stanza numero 122. il ragazzo vi guiderà

il giovane prese la valigia e lo seguirono.

non sentirono altro, se non il leggero “fluff” dell’ascensore che si chiudeva.

lasciando alle spalle le loro identità si presero per mano e rimasero gioiosi a gustare quegli attimi.

uno specchio curiosava, immortalandoli in un abbraccio, e si appannò ad un sospiro di lei.

il sapore dell’urgenza è tormento per le anime degli innamorati, quando si piegano al volere della pelle, ed ogni piccola sfumatura si va a sommare sui volti che si colorano di mistica paura.

erano assenti, tanto che attraversarono il lungo corridoio come fossero in un batuffolo di cotone.

l’interno era gradevole e sapeva dare il bisogno voluto: accogliente e riservato.

si trovava in un angolo del secondo piano. uffici e antichi palazzi facevano da sfondo alla portafinestra spalancata.

l’uomo si diresse istintivamente per accostarla, ma prima si affacciò dal balconcino, come per controllare se tutto fosse a posto.

la chiuse.

i doppi vetri, adattati agli infissi, antichi anch’essi, tagliarono l’aria in due, ed il mondo rimase fuori.

socchiuse la tenda.

lei chiuse la porta a chiave e la sua mano rimase per interminabili secondi sulla maniglia.

sentì il suo sguardo che la stava spogliando.

sentiva i suoi occhi penetrarle l’anima.

si voltò.

tutto intorno si mosse a spirale, e le pareti si sciolsero.

e nel silenzio delle luci, gli abiti si spensero su una poltrona di velluto verde.

di simonetta bumbi

foto: stefano cracco

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