Un’umanità senza discriminazioni così che il mondo sia per tutti “campo di genuina fraternità”

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Carissimi fratelli e sorelle, ogni assemblea che si riunisce per celebrare la liturgia è spazio della presenza di Dio sulla terra. Riuniti per fare Eucaristia, noi che oggi siamo i discepoli di Gesù, vogliamo proclamare che Egli è il Risorto, è vivo e testimoniare con la nostra vita che la sua presenza è grazia, è gioia. Apriamo, dunque, il nostro cuore alla sua parola ed accogliamo in mezzo a noi il dono della sua presenza! La prima lettura di questa domenica (Is 35,4-7) ci invita a gioire e infondendo coraggio agli “smarriti di cuore”, proclama che dove c’è il Signore, i ciechi vedono, gli orecchi odono, lo zoppo salta come un cervo.

Alla presenza del Signore, infatti, tutto rinasce, tutto rivive e persino il deserto viene irrigato da acque benefiche. Tutto ciò si realizza in Gesù Cristo, manifestazione altissima della bontà di Dio. Nel Vangelo di questa Domenica (Mc 7,31-37), infatti, Gesù guarisce un sordomuto in terra pagana. Notiamo il comportamento amabile di Gesù: inizialmente lo accoglie, poi si prende cura di lui con il linguaggio dei gesti che è più immediato di quello delle parole; quindi, con un’espressione aramaica gli dice: “Effatà”, cioè “apriti”, riconsegnando a quell’uomo, beato lui, l’udito e lingua. Colmi di meraviglia, tutti i presenti esclamano: “Ha fatto bene ogni cosa!” (v. 37).

Carissimi, questo segno di Gesù ci comunica il suo ardente desiderio di sconfiggere nell’uomo la solitudine e l’incomunicabilità per far nascere una “nuova umanità”, quella dell’ascolto, della parola, del dialogo, della comunicazione, infine, della comunione con Dio. Un’umanità profondamente “buona”, come buona è tutta la creazione; un’umanità senza discriminazioni – come esorta l’apostolo Giacomo nella seconda Lettura (2,1-5) – così che il mondo sia per tutti “campo di genuina fraternità” (GS, 37). Supplichiamo il Signore, perché apra il nostro cuore, ci doni la gioia di ascoltare sempre la sua Parola, il coraggio di annunciare il Vangelo e la beatitudine di scoprire nel volto dei fratelli il vero volto di Dio e della sua bellezza.

Ma perché tutto questo possa accadere – ci ricorda S. Bonaventura – la nostra mente deve “andare al di là di tutto con la contemplazione e andare al di là non solo del mondo sensibile, ma anche al di là di se stessa” (Itinerarium mentis in Deum VII,1). È questa, carissimi, la strada che ci conduce alla salvezza, un percorso che si fa sempre più sicuro se è costantemente illuminato dalla Parola di Dio e nutrito dai Sacramenti. Nel corso di questo cammino, che è per ogni cristiano, dobbiamo seguire necessariamente alcune direzioni fondamentali, utili per giungere sicuri alla meta. In primis dobbiamo considerare l’educazione alla fede, il “divenire cristiani” che consiste fondamentalmente in quell’ “imparare Cristo” che Paolo esprime con la formula: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me (Gal 2,20). In questa bellissima e coinvolgente esperienza devono saper interagire le parrocchie, le famiglie, i catechisti, gli educatori, la scuola. L’unione sinergica di queste varie realtà che apparentemente o di fatto vivono un momento di profonda crisi, ci farà affrontare con lucidità e coerenza la grande “emergenza educativa”, una sfida oggi estremamente prioritaria che investe tutta la nostra società.

Al tema dell’educazione va affiancato immediatamente quell’altro quanto mai urgente della testimonianza della fede, personale e comunitaria. “La fede – in Paolo – si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6), dell’amore. Solo se facciamo maturare in noi questa certezza, l’azione caritativa della Chiesa sarà efficace ed efficiente. E questo si rende possibile perchè tutte le iniziative ecclesiali, (per es. volontariato e quant’altro) sono in ultima analisi espressioni di quella fede che è Amore. Una sana educazione impartita secondo i principi cristiani ed un’autentica testimonianza di fede non possono non tenere sveglia e desta l’attenzione ai segni di Dio.

Gesù, così come ha fatto con il sordomuto, continua ancora oggi a rivelarci il suo disegno d’amore per noi e lo fa attraverso “eventi e parole”. Si comprende che questa terza indicazione è di fondamentale importanza. Il più diretto dei segni di Dio è sicuramente la nostra attenzione nei confronti del prossimo, proprio come ci esorta Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40) e come ci indica l’attualità del Concilio Vaticano II, nonostante siano trascorsi cinquant’anni dalla sua indizione: “Il cristiano è chiamato ad essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo” (LG, 38). Penso immediatamente ai sacerdoti che Cristo ha scelto tutti per sé a servizio del Regno, poi ai laici che nella società sono invitati a far risplendere il dono della loro grande vocazione. Passeranno le stagioni della storia, muteranno pure i contesti sociali, ma non cambierà mai la vocazione cristiana a vivere il Vangelo al passo con i tempi e in solidarietà con la famiglia umana. Questo è il vero impegno sociale, il servizio dell’azione politica, questo è lo sviluppo umano integrale.

Carissimi, quando ci si smarrisce nel deserto della vita non dobbiamo aver paura: affidiamoci sempre a Gesù, il nostro compagno di viaggio verso la costruzione di un’umanità nuova, fondata sulla libertà, sulla giustizia, sulla verità e sulla carità dei figli di Dio. Di questa grande famiglia fanno parte i nostri Santi. Siano loro e la Vergine Maria a custodirci uniti e ad alimentare in noi il desiderio di proclamare ovunque la presenza e l’amore di Cristo. Amen.

Fra’ Frisina

Foto: unpaeseperstarbene.it

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