Un capolavoro targato Linkin Park

 

Li aspettavo da tre anni. E mentre loro riordinavano gli appunti mentali in sala di registrazione mi sono chiesto più volte quale fosse stata la loro prossima evoluzione musicale.  Il sound degli esordi, crudo e innovativo, che miscelava rap, funky e grunge con il rock metallico e quello più ingentilito e radiofonico di “Minutes to Midnight” hanno segnato un passaggio fondamentale nella vita del gruppo: l’abbandono dell’irruenza giovanile. Questo è ingiustificato da una parte di fans ma è molto apprezzato da tutti gli altri. Dopo aver ascoltato “A Thousand Suns” mi sono convinto che il disco lascerà un segno indelebile nella scena musicale per la sua costruzione precisa e trascinante. Un capolavoro per scelte musicali e tema centrale. La società di oggi.  Consumata dall’ingordigia da lei stessa creata, dagli interessi economici che travolgono tutto e non lasciano spazio ai sentimenti. Quindici pezzi che salgono e scendono di ritmo con una precisione straordinaria. L’intensità di “Blackout” dove Chester Bennington regala la sua immensa classe con un inizio sapientemente urlato ed un finale in crescendo. Nell’apocalittica  “Waiting for the end”,  nell’incalzante “Iridescent“ e nella splendida “Burning In The Skies” il duo canoro Bennington-Shinoda trascinano chi ascolta sequenza dopo sequenza. Impossibile tagliarle a metà e abbandonarle. Tutti i pezzi sono intramezzati da registrazioni che legano intensamente lo scorrere dei brani fino all’ultimo struggente capolavoro: “The Messenger”. Un inno all’amore che non ti lascia mai.  Non resta che indossare gli auricolari nelle apposite cavità e partire per un viaggio in compagnia di se stessi. 

maXVert

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