Terremoti a Roma nell’antichità e nei secoli più recenti

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Terremoti a Roma. L’area al confine tra la Turchia e la Siria è stata recentemente distrutta da un terribile sisma. Il tragico bilancio, sinora provvisorio, è di circa 40.000 vittime. Molti romani si sono chiesti se anche nella nostra Capitale possa verificarsi un terremoto così disastroso. La maggior parte, però, ha frettolosamente concluso che il rischio sarebbe, in realtà, “moderato”. Qualcuno ha riaffermato la “favola” che il bucherellato sottosuolo di Roma la protegga da eventuali rischi sismici.

Il modesto cronista è andato allora a rivisitare il passato per scoprire quali siano stati i più disastrosi terremoti a Roma nella storia. Prima, però, investigando sulla loro principale causa: la faglia del Gran Sasso.

Terremoti a Roma, che impatto hanno avuto nell’antichità?

La faglia del Gran Sasso è un sistema composto da numerosi segmenti che si estendono per ben 45 km. Tale estensione la pone tra le più pericolose dell’Appennino. I sismologi hanno rinvenuto le tracce di un grosso evento nel 4100 a.C. e un altro nell’800 a.C. Fortunatamente, all’epoca, Roma non era stata ancora fondata. Altri terremoti potrebbero essere stati innescati dalla faglia del Fucino. La stessa che nel 1915 ha provocato oltre 30.000 morti ad Avezzano e nell’Italia centrale. Individuate le cause, quindi, investighiamo sugli eventi storicamente prodotti.

Grazie alle fonti scritte abbiamo la descrizione di alcuni grandi terremoti a Roma tra la tarda antichità e l’alto medioevo. I Fasti Vindobonenses Posteriores ci parlano di un evento del 443 d.C. Una testimonianza epigrafica contemporanea cita rifacimenti al Colosseo curati dal Praefectus Urbis. Alcuni decenni successivi molte iscrizioni parlano di un «abominandi terraemotus». L’evento si data al 484 o al 508, secondo le interpretazioni. All’epoca, gli edifici iniziavano ad avere parecchi secoli di vita. In molti casi erano stati spogliati delle colonne o di altre strutture portanti. Con tutte le conseguenze in caso di forti terremoti a Roma.

‘Quando cadrà il Colosseo… cadrà il mondo!’

L’antico detto non tiene conto che almeno un terzo dell’anello esterno del Colosseo è già caduto. Si tratta della parte del monumento realizzato sui depositi alluvionali del sommerso torrente Labicano. Il lato verso il Colle Oppio, posto su un terreno più consistente, è rimasto praticamente immune. Gli studi hanno però evidenziato che un solo terremoto, per quanto terribile, non sia in grado di provocare i danni oggi visibili.

I terremoti del V-VI secolo, dunque, possono aver provocato danni relativamente minori all’anfiteatro più famoso del mondo. Ma, anziché il suo restauro, hanno incrementato la sua spoliazione. È indicativa, in tal senso, la presenza di cantieri per la lavorazione della calce a partire da tale periodo. “Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini!”, dunque. Intendendo per “Barbari” il terremoto e per “Barberini”, i Romani stessi.

Terremoti a Roma, un reporter d’eccezione: Francesco Petrarca

Le spoliazioni e le calcine dell’alto medioevo, hanno però predisposto le strutture del monumento ai danni dei terremoti successivi. In particolare quelli provocati dal più terribile di tutti: quello del 9 settembre 1349. Un disastro stimato dell’VIII grado della scala Mercalli, che interessò anche Napoli e L’Aquila. Di esso abbiamo un testimone d’eccezione.

Si tratta del grande poeta Francesco Petrarca, pellegrino a Roma per il Giubileo del 1350. «Cecidit aedificiorum veterum neglecta civibus, stupenda peregrinis moles» declama il poeta. Fu il terremoto del 1349 che provocò il collasso definitivo dell’anello esterno del Colosseo rivolto verso il colle Celio. Ma altri danni vi furono in altre parti dell’Urbe, compresi alcuni importanti monumenti. La Basilica di San Paolo, poggiante anch’essa su sabbie alluvionali, fu completamente danneggiata. Il suo campanile – riferisce il poeta – crollò.

Crollò anche il tetto della basilica di San Giovanni in Laterano. La Torre delle Milizie cedette in parte. Tanto che ancor oggi la vediamo pendere tristemente in Largo Magnanapoli. La Tor de’ Conti – poi ricostruita nel 1620 – fu completamente distrutta. Probabilmente anche la Colonna Antonina a Piazza Colonna ebbe uno spostamento rotatorio, tra il nono e il decimo rocchio.

Terremoti più recenti

Tra i terremoti più recenti, fu notevole quello del 1703, che ebbe il suo epicentro tra l’Umbria e l’Abruzzo. Norcia fu distrutta. Amatrice, L’Aquila ed altre città, fortemente danneggiate. A Roma vi furono danni a chiese, palazzi e monumenti tra i quali, nuovamente, il Colosseo. Gran parte della popolazione preferì dormire molte notti per strada. Altri danni si ebbero in conseguenza del citato terremoto della Marsica del 13 gennaio 1915.

In tale occasione subirono forti danni gli edifici comunali del Campidoglio e le Mura Aureliane. La Colonna Antonina subì un’ulteriore torsione. Tra i terremoti più recenti, ci sono stati danni non trascendentali, ma comunque importanti, in concomitanza con quello della Valnerina (1979). Insomma, tranne la grande eccezione del 1349, effettivamente, a Roma, il rischio terremoto è abbastanza “moderato”.

I Romani, avendone viste di tutti i colori, tendono a farsi “scivolare addosso” anche la paura del terremoto. Caratteristica quella “macchietta” di Carlo Verdone, travestito da anziana popolana che dopo una scossa rilascia un’intervista alla RAI. «Credevo che fosse uno sbalzo di pressione – dichiara bonariamente – Invece, per fortuna era il terremoto!».

Foto di Severin Herrmann da Pixabay

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