Roma Fashion Week: la moda Autunno/Inverno 22

roma fashion week

L’edizione Autunno/Inverno 22 di Roma Fashion Week, svoltasi dal 2 al 4 febbraio tra gli spazi di Cinecittà, puntualmente rinnova il sostegno per i designer di nuova generazione. Realtà emergenti del Made in Italy che malgrado le difficoltà del momento, dimostrano di saper reggere la passerella proponendo la loro visione, attraverso progetti innovativi, convincenti e di qualità. 

«Il ruolo della città di Roma è ormai chiaro – spiega la Presidente Silvia Venturini Fendi a chiusura della kermesse -, Roma è l’hub dei giovani talenti, dei brand emergenti, delle realtà indipendenti e questo significa lavorare su valori, contenuti e modalità sempre in evoluzione. Ogni stagione sintetizza perfettamente il lavoro che Altaroma svolge durante l’anno: creare un network, diventare un ascensore di opportunità per ciascun designer e brand, a partire dai percorsi di formazione, senza i quali è imprescindibile la crescita, fino ad arrivare alle passerelle. La moda – conclude la Presidente – in diverse fasi storiche è entrata nel vissuto della città di Roma; oggi lo fa guardando più che mai all’innovazione, al futuro e alle nuove generazioni».

Dopo la sostenibilità e l’inclusione – temi dominanti ormai pienamente incorporati -, durante i tre giorni di talk, presentazioni e sfilate, fruibili anche dalla nuova app, la kermesse capitolina si conferma dunque la culla del nuovo, con il desiderio di guardare all’innovazione digitale, in un meccanismo di promozione e supporto, utile a favorire l’entrata nei mercati internazionali di realtà italiane, possibili protagoniste della moda di domani.

In ordine cronologico: ecco i nomi di alcuni designer di nuova generazione con le inedite collezioni  

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Gli anni Ottanta di Alberto Audenino 

Gli anni Ottanta del centennial di Alba debuttano ad Altaroma, patinando di esuberanza e disco dance spettatori e passerella. “Questa collezione è Alberto Audenino 100%” si potrebbe dire, rubando le parole che il designer utilizza per riconoscere se stesso e quei tessuti da cui la ricerca parte sempre.

L’eponimo brand nasce a Torino nel 2014, e dopo una serie di presentazioni tra gli spazi di Showcase, con la linea A/I 22 il designer mantiene la promessa di una moda sensuale e grintosa, chiarendo l’intento di mettere al bando la noia, insieme all’idea pericolosa che un abito possa far passare inosservati (“non sia mai!”). 

Al ritmo di I feel love di Donna Summer e Sunglasses at Night di Corey Hart, dal teatro 5 di Cinecittà, Audenino celebra un audace ritorno alla vita, in perfetto stile dancefloor. I modelli – illuminati da un set psichedelico -, offrono un assaggio di quel “prezioso circo degli animali” cruccio del designer.

La stampa animalier passa vorticosamente dai toni freddi a quelli più caldi, in balia di completi sartoriali, pantaloni a trombetta e leziosi mini dress bordati di ruches. Questa è la parte jungle di Audenino, ed è intervallata da una femminilità irruente, dietro completi in pelle nera, jumpsuit in velluto bluette con profondi scolli a V e trame scozzesi rosso fuoco. Dal giorno alla notte, è difficile individuare una profonda linea di demarcazione, e lo sguardo del giovane designer di Alba, per adesso non ne ha proprio l’intenzione. 

La Showgirl di Edoardo Gallorini

Reference cinematografiche con protagoniste donne imperturbabili e spesso capricciose definiscono la cifra stilistica di Edoardo Gallorini. Riconoscibile per il criptico lettering, L’erotica noia borghese, che stampato su semplici t-shirt rincorre un immaginario glamour e trasgressivo, il brand veneziano sfila per Altaroma con Showgirl, la collezione A/I 22.

Dopo la monaca di Monza de I promessi SposiMiriam si sveglia a mezzanotte (1983) e la snob prepotente di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, che definiscono l’estetica delle linee precedenti, questa volta l’ispirazione parte da Cabaret, con una giovanissima Liza Minelli. La pellicola di Bob Fosse – una sorta di musical ambientato a Berlino negli anni 30 -, aiuta Gallorini a metter in scena quell’idea di felicità provvisoria; un sentimento che nel film è dettato dall’incedere del nazismo.

La solita bellezza in fase decadente, ovattata e privata da ogni senso concreto di realtà. Con Showgirl, il designer gioca a rompere l’equilibrio erotico/borghese; aggravando la femminilità con il tocco fluffy di piume colorate, paillettes e body con coppe preformate, calca i balletti notturni di Sally Bowles al Kit Kat, e infine fantastica sui suoi momenti di ritiro in camerino, dove neppure la solitudine del boudoir spezza la ruggente cascata di leggerezza. 

Sulle corna della luna: la collezione A/I 22 di Simon Cracker

Dietro il gesto divertito di riprendere con la telecamera, Simone Botte chiude lo show e ci riporta all’inizio, agli applausi scoppiettanti e ai cori degli invitati che urlando “bacio, bacio, bacio”, puntualmente interrompono gli sposi durante il ricevimento.

Il fil rouge della linea A/I 22, etichettata Sulle corna della luna – in ricordo dell’augurio fatto al designer da un pasticciere siciliano -, è il matrimonio, o meglio l’idea che il giovane cesenate distilla a suon di esercizi emozionali e una collaudata pratica dell’upcycling. “Non si tratta di abiti da sposa o sposo – spiega in una nota -, per questa collezione sono partito smontando e rimontando cose che sono state conservate dentro l’armadio per tanto tempo. È stata una cosa psicologicamente molto forte per me, poiché erano tutti vestiti dimenticati, e non sapevo proprio di chi fossero”. 

Termini come handcraft o DIY (acronimo di do it yourself, calco dell’italiano fai da te) saltano subito alla mente, quando in passerella un tripudio di pois rossi, fa da sfondo al logo del brand, in ricordo di una manualità tenera che affascina e un po’ terrorizza. Dietro spericolati assemblaggi di tulle, merletti e immacolati veli da sposa che bordano giacche dalle fantasie check, ogni look è testimone di una spirale di surrealismo. Tra reference new romantic e ingessature spezzate, si vede il desiderio sperimentale del designer che si lascia trasportare da quel vortice di emozioni, mentre le foto di famiglia, con i matrimoni delle zie e dei nonni, decorano il petto come gagliardetti, e sono quei ricordi fermi a cui tornare sempre, tra applausi scoppiettanti e i cori degli invitati durante il ricevimento.

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Casa Preti e l’età dell’innocenza

Dopo Luce, Luce, Luce per trasmettere joie de vivre e Pelle per esaltare le imperfezioni tra smagliature e cicatrici, la casa palermitana di moda minimal contemporanea torna a sfilare tra gli spazi di Cinecittà. Si chiama Innocenza, la linea A/I 22 che l’eclettico duo creativo, composto Mattia Piazza e Steve Galley, presenta come capitolo successivo per Casa Preti.

Se l’intento originale del brand, nato in Sicilia nel 2017, è quello di vestire corpi con abiti che si mostrano complici nel liberare desideri e personalità, qui l’operazione diventa più intensa, andando a scavare in profondità, con l’obiettivo di analizzare alcune facce della coscienza umana. “Si tratta di una ricerca incentrata su un atto candido di semplice stupore” rivela Piazza in una nota. Per tal motivo, il duo lascia che siano un gruppo di bambini – dai 6 agli 8 anni – a muovere le redini di questa flebile missione antropologica. 

L’ecole di Lo Straqen, i fogli a quadretti e i disegni a mano libera che volutamente imbrattano il cotone bianco di abiti che sembrano uniformi da scolaretto, al contrario ripuliscono l’immaginario, con un atto liberatorio, quasi ai limiti del punk. La modellistica clericale dei maxi dress e di alcuni capispalla, si scontra con dettagli cut out e trasparenze libertine, e qui rimane solo l’idea del vestire ecclesiastico, un’operazione che malgrado la scorribanda fanciullesca conferma l’estetica originaria del brand.

Garden: la linea A/I 22 di Italian Family 

Al centro della produzione di Italian Family – realtà partenopea nata dalla visione cosmopolita di Gabriele Santoriello -, c’è l’idea tradizionale di sartorialità. “Cresciuto tra il suono delle forbici e l’odore del gesso della sartoria di famiglia” il giovane avvia il progetto dopo gli studi presso l’Istituto Superiore di Design di Napoli, con l’intenzione di rivisitare il vestire classico ed elegante tipico degli abiti sartoriali. 

Durante l’ultima edizione di Roma Fashion Week, dal teatro 5 di Cinecittà, Italian Family presenta Garden, la linea A/I 22 che incarnando lo spirito del tempo, offre una forbita declinazione del completo giacca/pantalone che si priva di ogni altezzosa ingessatura. Il blazer in velluto a costine ha il cappuccio in jacquard, mentre i pantaloni hanno cinghie regolabili e tasche a contrasto che diventano pochette da esibire in vita.

A detta di Santoriello, si tratta di “contaminazioni e contrasti”: alterazioni leggere e sofisticate, che si rivelano utili a definire pian piano una personale visione dello stile italiano. I Can See For Miles, rock molleggiato dei The Who, fa spaziare la mente e l’atmosfera diventa Seventy, allegra, hippie, fiabesca in linea con i ventisei look della collezione. I colori sono caldi e speziati. Le trame, dal floreale all’arabesque, ricordano i paesaggi orientali, e l’eleganza tipica del tailoring ha un’allure confortevole e segue l’estetica girovaga che Santoriello cerca di imprimere nella tradizione. 

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