Plasticità cerebrale e sinapsi. La clatrina, una proteina chiave?

synapseLa plasticità cerebrale è un argomento di indubbio interesse da un punto di vista neuroscientifico che abbiamo già affrontato in alcuni precedenti articoli.

Riproponiamo il concetto in una breve sintesi: per plasticità cerebrale si intende la capacità dell’encefalo di modificare la propria struttura e le proprie funzionalità a seconda dell’attività dei propri neuroni, correlata ad esempio a stimoli ricevuti dall’ambiente esterno, in reazione a lesioni traumatiche o modificazioni patologiche e in relazione al processo di sviluppo dell’individuo.

Questa capacità, che si esprime in gradi e modi diversi in tutto il sistema nervoso, si basa sulla cosiddetta plasticità neuronale. (Fonte Wikipedia). E’ interessante anche per capire i limiti del cervello di autoripararsi in caso di gravi danni.

Lo studio che riportiamo oggi, è stato pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience il 18 giugno 2014 da un gruppo di ricercatori a firma di Lopez-Murcia FJ, Royle SJ, Llobet A, rispettivamente del Laboratorio di Neurobiologia  (IDIBELL) Università di Barcellona, dalla Divisione di Biologia Cellulare Biomedica Università di Warwick (Inghilterra). Come si vede gli studi multicentrici  oggi sono una importante realtà.

Di cosa ci informa questa ricerca? Semplificando molto, una proteina, chiamata CLATRINA, giocherebbe un ruolo importante nella formazione della neuroplasticità. La Clatrina è utilizzata nel processo di endocitosi. L’endocitosi consiste nel trasporto di molecole attraverso la formazione delle vescicole e, nel nostro caso, dei neurotrasmettitori presinaptici.

I nostri ricercatori hanno trovato che un calo del 20% nei livelli di clatrina sono stati sufficienti a ridurre in modo significativo il numero di vescicole che potrebbero essere rilasciate, influendo forse dunque sulla neuroplasticità cerebrale.

“Questa proteina è coinvolta in tutti i processi di endocitosi in tutte le cellule del corpo e fino ad ora si pensava che livelli non abbondanti non avrebbe dovuto rappresentare un fattore limitante” sostiene uno degli autori dello studio, il dr. Artur Llobet. E così continua: “ abbiamo scoperto che nei periodi di stimolazione intensa, ma entro livelli fisiologici, i livelli presinaptici di clatrina diminuiscono in modo reversibile. Quello che è sorprendente è che solo una diminuzione del 20% è in grado di alterare la funzione sinaptica. In particolare, tale riduzione fa diminuire il numero delle vescicole che possono essere rilasciate e dunque sul rilascio di informazioni”.

Dunque argomentazione ed ipotesi  forse un po’ complessa da capire, ma affascinante come sempre nel mondo delle Neuroscienze …

Dr. Gherardo Tosi

Psicologo – Psicoterapeuta

00152 Roma

E. mail : tosighe@libero.it

Foto: informaticaeasy.wordpress.com

1 risposta

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.