Palermo: truffa a danno di un’associazione per disabili

gdf-guardia-di-finanza1Ennesimo caso di furberia italiana a danno delle casse pubbliche.

Il presidente dell’Aias (Associazione italiana assistenti agli spastici) Giorgio Di Rosa ed il figlio Antonio, sono stati iscritti al registro degli indagati con l’accusa di” Malversazione ai danni dello Stato e truffa aggravata” per un importo che supera il mezzo milione di euro.

Dall’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dal PM palermitano Roberto Tartaglia, è emerso che l’imprenditore avrebbe utilizzato almeno 333 mila euro destinati all’azienda sanitaria, per “fini personali”, gestendo i contributi destinati ai portatori di handicap per: rimborsi carburante per gli spostamenti dalla presidenza dell’associazione ai vari centri ad essa dipendenti o per curare le pubbliche relazioni presso gli enti locali. Avrebbe pure utilizzato i fondi per soggiorni in albergo e per affidare consulenze ad amici e parenti.

Eclatante la truffa portata a segno a danno del consiglio direttivo, relativa alla sostituzione di una vettura Nissan Xtrail. Di Rosa avrebbe sostenuto la necessità di cambiarla nonostante avesse solo un anno di vita. A Catania l’avrebbe poi data in permuta ad una concessionaria per 14 mila euro, per po ricomprarla intestandola al figlio.
Precisiamo che nel frattempo l’associazione aveva dovuto acquistare un’auto nuova, spendendo 43 mila euro.

Torniamo alle spese folli di Di Rosa.

Come accennato, avrebbe speso almeno 30 mila euro per pernottare insieme ai familiari all’hotel San Paolo di Palermo, pagando con assegni intestati al conto dell’associazione.
Ad essi vanno aggiunte le spese legali per un procedimento penale a suo carico.

Altri 150 mila euro sarebbero invece stati sottratti per rimborsare i trasferimenti lavorativi e non del figlio Antonio, incluse le trasferte a Catania dove svolgeva attività per conto proprio o rimborsi effettuati anche durante le giornate festive.

La stessa nomina di Antonio Di Rosa presso l’Aias , con la qualifica di consulente, e’ stata oggetto di indagini da parte degli inquirenti.
L’uomo vi avrebbe lavorato percependo uno stipendio (soldi pubblici ovviamente) di mille euro al mese per cinque anni, “senza che ricorressero né reali esigenze da parte dell’associazione per ricorrere all’attività esterna, Nè specifiche conoscenze tecniche nel settore da parte del nominato”.

di Simona Mazza

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.