Maltempo: il rischio idrogeologico coinvolge il 10% della superficie italiana, serve una vera politica di tutela del territorio

alluvioni_smottamenti_scozia_getty_02Per la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), il maltempo di questi giorni soprattutto al Centro-Sud rilancia la necessità di agire al più presto con misure “ad hoc” di salvaguardia e prevenzione ambientale. Bisogna dire stop alla cementificazione selvaggia e garantire agli agricoltori la fondamentale attività di presidio e manutenzione del suolo, soprattutto nelle aree marginali. Intanto, si stimano già decine di milioni di euro di danni al settore in provincia di Taranto e nel Metapontino: avanti con la dichiarazione dello stato di calamità.

A cinquant’anni dalla tragedia del Vajont, l’attenzione verso la salvaguardia del territorio resta scarsa e l’Italia si trova ancora a fare i conti con il problema mai risolto del dissesto idrogeologico. Eppure quello che sta accadendo in questi giorni al Centro-Sud, in particolare in Puglia nel Tarantino e in Basilicata nel Metapontino, rilancia l’urgenza di una vera politica di prevenzione ambientale. E’ quanto afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.

I disastri provocati dal maltempo, con inondazioni, frane, smottamenti, dimostrano quanto sia diventato necessario agire al più presto, visto che oggi il rischio idrogeologico in Italia coinvolge il 10 per cento circa della superficie nazionale e riguarda 6.633 comuni -ricorda la Cia-. Vuol dire che quasi un cittadino su dieci si trova in aree esposte al pericolo di alluvioni e valanghe.

Per questo oggi sono più che mai necessarie adeguate politiche di prevenzione del territorio, tanto più con questo clima impazzito, a cui affiancare una puntuale azione di vigilanza e di controllo delle situazioni a rischio. Noi aggiungiamo che una nuova politica di tutela ambientale -spiega la Cia- non potrà prescindere dal presidio degli agricoltori, la cui opera di manutenzione del territorio è fondamentale, soprattutto nelle aree marginali di collina e di montagna.

I terreni coltivati, infatti, insieme a quelli boschivi, giocano un ruolo essenziale per stabilizzare e consolidare i versanti e per trattenere le sponde dei fiumi, grazie anche alla loro elevata capacità di assorbimento, aiutando a scongiurare frane e cedimenti del terreno -sottolinea la Cia-. Purtroppo però la cementificazione selvaggia non solo ha cancellato negli ultimi vent’anni oltre 2 milioni di ettari di terreno agricolo, ma spesso questo processo non è neppure stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque.

Intanto -evidenzia la Cia- sale la conta dei danni al settore primario nel Tarantino. Si stimano già perdite per decine di milioni di euro: tra Ginosa, Castellaneta, Laterza e nei comuni della zona orientale da San Giorgio ad Avetrana, infatti, moltissimi ettari di ortaggi e vigneti da tavola e da vino, frutteti e agrumeti, sono stati del tutto distrutti; danneggiati anche capannoni e abitazioni. Inoltre la pioggia rende tuttora difficile la percorribilità delle strade rurali e gli accessi nelle aziende a causa della presenza di fango e detriti trasportati dalla violenza dell’acqua.

Anche in Basilicata si stanno quantificando i danni, specie alle infrastrutture rurali al servizio di aziende e famiglie. La Cia lucana sta avviando “iniziative di coordinamento dell’attività con la Cia del Tarantino e pugliese per unificare l’impegno rivolto al Governo, al Parlamento e alle due Regioni” affinché siano attivate tutte quelle misure urgenti per il riconoscimento dello stato di calamità naturale.

di Redazione

foto: tg24.sky.it

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