L’Europa pensa alla scuola digitale. E l’Italia?

scuola-digitale-120903114800_mediumDopo il tempo dei richiami e delle esortazioni ai singoli Paesi, ora l’Unione Europea fa sul serio.

Il tema è l’introduzione delle nuove tecnologie e del digitale nella Scuola: Opening up Education è un progetto lanciato nelle ultime settimane dalla Commissione Europea per promuovere l’innovazione degli istituti, favorire le risorse educative aperte e migliorare le infrastrutture TIC, così come la connettività nelle scuole.

Anche l’Italia dovrà ben presto adeguarsi agli standard Ue: ce la farà?

In realtà, l’istruzione del Belpaese deve -dati alla mano- affrontare un’emergenza ben più preoccupante dell’approccio tecnologico; i problemi che i maggiori Stati europei hanno alle spalle sono, per noi, più attuali che mai.

Il tasso di abbandono scolastico italiano è insopportabile: quasi il 18% degli studenti ogni anno lascia la scuola, mentre la bocciatura ottiene il 10% di “preferenze” (servizio statistico del MIUR). I dati, che parlano soprattutto del Mezzogiorno, sono lontani anni luce da quelli medi europei: 14% di abbandono scolastico e percentuali da prefisso telefonico per quanto concerne le bocciature.

Certo, chi se lo può permettere risolve il problema ottenendo il titolo di studio nei cosiddetti diplomifici: si entra con qualche migliaio di euro, ufficialmente per pagare la retta, si esce con un titolo di studio. La Guardia di Finanza questa estate ne ha scoperti due in provincia di Salerno: prima prova dell’esame di maturità, classi deserte -eppure sui registri nessuno studente segnato assente. È finita con 132 persone denunciate.

Chi, invece, non può permettersi di comprare il diploma sono gli alunni stranieri, siano essi nati all’estero o in Italia, i quali abbondano nelle tragiche percentuali sopra citate.

È oggi più attuale che mai, dunque, la riflessione della Scuola di Barbiana in “Lettera ad una Professoressa” sulle stragi compiute dal sistema scolastico ai danni della “povera gente”: quelli che nel 1967 erano figli di contadini e operai, pronti ad andare a lavorare per portare dei soldi a casa dopo una bocciatura, oggi sono i figli di stranieri ed immigrati.

“La scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde” affermava profeticamente Don Milani.

Ma perché questa situazione?

Negli altri Paesi europei bocciare è un’anomalia, non la prassi: all’estero si è riscontrato che -usando le parole del sacerdote di Barbiana- “bocciare è come sparare in un cespuglio. Forse era un ragazzo, forse una lepre. Si vedrà a comodo”.

Inoltre, il problema della dispersione scolastica è in gran parte favorita dal fatto che la Costituzione impone per almeno otto anni un’istruzione obbligatoria e gratuita (art. 34), senza specificare però se debbano essere affrontate otto classi diverse o se vadano bene anche quattro classi ripetute due volte ciascuna. Per non parlare della spesa italiana nell’istruzione: 4,2% del PIL, sempre inferiore alla media europea di 5,3%.

Questa emergenza educativa è manifesta nel record negativo detenuto dall’Italia, che la vede all’ultimo posto in Europa per numero di laureati (una media di 21 su 100 contro il 35% europeo).

In conclusione, il Governo non può sottrarsi agli impegni che ha presi nell’aderire all’Unione Europea (e, di conseguenza, a Opening up Education), ma non può neppure impudentemente destinare  alla digitalizzazione della scuola risorse e attenzioni che dovrebbero essere impiegate per offrire innanzitutto un’istruzione completa anche a quel 18% di cui sopra.

di Giovanni Succhielli

foto: corrierecomunicazioni.it

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