L’ennesimo addio a un angelo terreno

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È il trentesimo minuto di Pescara – Livorno, gara importantissima per le ambizioni di serie A e playoffs nel campionato di serie B. Il gioco staziona nella fascia centrale del campo col pallone conteso e preda di nessuno. In basso c’è un ragazzo in maglia amaranto che perde l’equilibrio, cade, si rialza, tenta di risollevarsi ma cade di nuovo, così per due volte. Dopo di che si adagia prono sul campo. Non ha nessuno intorno, come non c’è un motivo frivolo con cui giustificare quelle cadute. Quel ragazzo è Piermario Morosini.

Chi non si è accorto di nulla spera in un brutto fallo, in una pallonata, un appoggio di caviglia mal riuscito. Chi non ha visto non pensa al peggio, ma in campo i segni sono inequivocabili. Le prime conferme arrivano dalle mani sul volto dei presenti, iniziano le lacrime. Durante i primi soccorsi il ragazzo da segni di movimento e respira. Chi guarda le immagini da casa resta sollevato, ma le facce straziate dei compagni lasciano dubbi e paure. Il panico torna forte quando si vedono i medici premere sul petto del ragazzo, e alla mente di molti viene una frase malinconica, mista a rassegnazione: “ci risiamo”. Dopo qualche minuto raggiunge il terreno di gioco anche l’ambulanza, rallentata si dice da una pattuglia della polizia municipale di Pescara che ostruiva un passaggio di emergenza. Giocatori del pescara aiutano gli infermieri a far scendere la barella dal mezzo; la situazione è grave. Continuano i massaggi e le respirazioni artificiali, intorno incredulità e terrore.

Morosini viene trasportato fuori dallo stadio tra gli applausi ma tutto ciò non potrà mai saperlo. La partita viene sospesa ma nessuno si cura di questo dettaglio totalmente insignificante. Il pensiero di tutti va al pronto soccorso di Pescara dove, tra la disperazione generale, un’ora e mezza dopo l’accaduto, arriverà la notizia che nessuno avrebbe voluto sentire: Piermario non ce l’ha fatta. A questa comunicazione faranno eco i cordogli e la vicinanza di tutto il mondo sportivo e non, con decisione sempre più insignificante di sospendere tutti i campionati calcistici del weekend.

Un ragazzo di ventisei anni è morto su un campo di calcio. Ancora una volta, stavolta colpendoci più vicino che mai. A detta di molti resta la consolazione di sperare che Piermario abbia raggiunto i suoi cari; ma avrebbe avuto tempo per farlo e questa convinzione non può lasciare la minima serenità nel cuore della gente. Oggi è descritto da tutti come un ragazzo d’oro, più forte delle sfortune ma inerme davanti a un male che non dà scampo. Appena quindicenne aveva perso la madre per un tumore, due anni dopo il padre per un infarto. Due anni fa il fratello disabile si era tolto la vita, e doveva accudire una sorella, disabile anch’essa, nel vuoto totale lasciato dalla sua famiglia.

Era coraggioso dicono, positivo e solare. Tutto il necessario per affrontare un vita come la sua. Eppure non è bastato questo, non sono esistite qualità che gli abbiano giovato. Un destino beffardo e ingiusto lo ha colpito come il papà. Forse si poteva “pronosticare” un difetto congenito, una predisposizione familiare ma, ancora una volta, aveva sempre avuto tutti gli ok del caso per giocare al suo calcio. Riduttivo continuare a cercare colpe e motivi ma ad un certo punto si ha la voglia di urlare “basta”. Perché di vedere persone e ragazzi morire così non se ne può veramente più. Si indaghi e si faccia qualcosa affinchè anche questa tragedia non passi nel nulla. Ciao Moro.

Daniele Conti

Foto: gazzetta.it

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