L’automobile è ancora un investimento?

pandacrosscq5dam_web_1280_1280Ogni giorno siamo bombardati da dati, sia sotto forma di percentuali sia semplicemente numeri, che vanno ad esprimere un valore sull’ andamento economico dell’Italia e dell’Europa.  

Durante questa crisi abbiamo potuto assistere a un netto decremento dalla produzione industriale italiana, in particolare nel settore della produzione di beni durevoli e del loro consumo,come l’automobile.

E’ di queste settimane la notizia che nei primi nove mesi dell’anno c’è stato un incremento delle immatricolazioni del 3,5% sull’analogo periodo dell’anno precedente.

Questa variazione positiva potrebbe fare ben sperare in una ripresa dei consumi, eppure nello stesso momento viene comunicato che la Fiat fermerà la produzione dell’auto più venduta in Italia: la vettura in questione è la celebre utilitaria Fiat Panda, che ha totalizzato, da gennaio a settembre 2014, 77.750 immatricolazioni (fonte UNRAE).

I vertici aziendali hanno stabilito la sospensione per otto giorni della costruzione del modello nella fabbrica campana di Pomigliano d’Arco. gli operai saranno messi in cassa integrazione straordinaria nei giorni compresi dal 16 al 27 ottobre.

Il mercato cresce, quindi vuol dire che abbiamo domanda di auto, che tuttavia rimane inferiore all’offerta.

Proponendoci di fare un’analisi semplice, potremmo pensare che la sospensione della produzione di un modello come la Panda, possa dipendere dal fatto che quel modello sia considerato dal pubblico ormai “anziano”, come generalmente accade per un normale ciclo produttivo di un prodotto.

Il modello della Panda non ha ancora compiuto tre anni, in quanto la produzione è iniziata nel novembre 2011, quando la casa torinese decise di investire circa 800 milioni di euro nello stabilimento italiano e in contemporanea la definitiva cessazione della Panda precendente, prodotta presso lo stabilimento polacco di Tychy.

Recentemente è stata introdotta sul mercato una nuova versione della vettura, la Panda Cross, con l’intento di soddisfare sempre maggiore clientela alla ricerca di un 4×4 adatto tanto alla città quanto al fuoristrada.

Un’analisi mirata delle immatricolazioni evidenzia come siano cambiate le quote: la fetta spettante alle famiglie si è ridotta al 61,4% mentre era al 65% circa all’inizio della crisi economica e quindi degli effetti di questa sul mercato dell’auto.

Questo calo mostra di fatto un andamento stagnante dei consumi nel settore auto; le famiglie acquistano quindi una nuova autovettura solo se necessario. In controtendenza invece è il settore noleggi, in continua crescita, pari al 15,9%, e quelle delle acquistate dalle società, arrivate al 22,7% del totale. L’auto come bene come ruolo sta mutando: infatti non è più considerata quel bene durevole che spesso nella società italiana ha rappresentato.

Restano settori specifici che vedono i premium come Audi, BMW e Mercedes, che possono rappresentare degli status sociali, ma al contrario l’auto sembra sempre di più avere un ruolo di mero strumento di mobilità.

Questo trend è confermato dal continuo incremento delle quote per il noleggio e delle intestazioni a società. Un fattore importante che influisce sul trend negativo di acquisto dell’auto da parte delle famiglie è determinato dalle spese che possedere un auto comporta.

Oltre la spesa iniziale per l’acquisto, vanno aggiunte la mole di tasse che il privato deve pagare per il mantenimento della vettura, dal bollo annuo, alla revisione periodica (la prima dopo quattro anni e poi ogni due), alle assicurazione RCA e il costo del carburante mai come adesso super tassato.

Un altro elemento sembra essere la nascita del car-sharing nelle grandi città, che utilizza veicoli sia elettrici sia a benzina, dove l’utente paga l’utilizzo effettivo in base al tempo senza doversi preoccupare della gestione, come il rifornimento del carburante e della manutenzione ordinaria e straordinaria, ma avendo sempre a disposizione un mezzo efficiente.

di Giorgio Chiatti

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