L’Albero di nespole: un romanzo di Giulietta Fabbo 

albero nespole

L’Albero di nespole” è il nuovo romanzo di Giulietta Fabbo (PAV edizioni). Una saga familiare romantica ed altamente ispirata, in cui ognuno di noi può ritrovarsi

L’Albero di nespole: a cavallo tra lo spazio e il tempo 

Basato su una storia reale, il romanzo ci fa sbalzare dal Vecchio al nuovo Continente, dall’Italia all’America, nuova “Terra promessa” ambita dai nostri connazionali. Attraversando le ali dell’Oceano, la “saga” dei Belfiore e e dei Barbarisi  si snoda lungo un asse spazio-temporale che va dallo scoppio della Seconda guerra mondiale fino agli anni ‘Ottanta, quelli del terremoto in Irpinia e dei Mondiali di calcio. 

Ogni pagina è un continuo gioco di rimandi e di struggenti ricordi, in cui nostalgia e melanconia sembrano materializzarsi. 

Lo zio Ninetto al centro della narrazione dell’Albero di nespole

Figura centrale del romanzo è Ninetto, zio dell’autrice, cui Angela Bergamino ha dedicato la dolcissima poesia introduttiva.  

Della vita Nino, affidato in tenera età agli zii d’America, conosciamo il vissuto pre e post-emigrazione. I ricordi indelebili della primissima infanzia a Prata di  Principato Ultra, in provincia di Avellino, della mamma sempre presente, del padre costretto a lasciare il focolare domestico per difendere la patria, dei fratellini. 

Poi c’è il Ninetto strappato repentinamente all’affetto dei suoi cari, sradicato, spedito come un pacco postale da uno zio all’altro. 

Del resto la guerra stava affamando il popolo, le razioni elargite attraverso la “tessera del pane” fascista non erano sufficienti. L’America di contro, era un Paese in forte espansione e Ninetto avrebbe potuto realizzarsi. Questo pensava probabilmente la madre, senza tenere conto della ferita che avrebbe acceso nell’anima del bambino. E di ferite Ninetto ne aveva due: una alla testa, provocata accidentalmente e, come detto, una nel cuore. 

Come accettare il dolore, come lenire il peso di un’alienante solitudine, come sopravvivere alla lontananza o ai sensi di colpa, anche se, di fatto, non aveva commesso mai nulla di sbagliato? Paradossalmente, toccare lo squarcio fisico, rappresentava per il ragazzino l’unico modo per ricordare l’amore materno nei momenti di sconforto.  

I ricordi dell’autrice

giulietta fabbo

L’autrice Giulietta Fabbo ci racconta con grazia ed eleganza ogni singolo episodio tramandatole oralmente dai suoi familiari. Le atmosfere, le ambientazioni e persino le emozioni sono descritte con straordinaria precisione, tanto da farci immedesimare, sin dalla prima riga, nel vissuto della voce narrante. 

Testimone silenzioso del tempo è l’albero delle nespole, da cui prende il titolo il romanzo. A lui non è mai sfuggito nulla. E’ sempre stato presente. Ha vissuto la povertà della guerra, il boom economico, il terremoto, le piccole e grandi tragedie, restando passivo e immobile al suo posto. Una certezza e una costante nel continuo alternarsi del ciclo vita, morte e rinascita. Un po’ come Ninetto, che ha atteso, osservato, taciuto in passiva solitudine, per morire e rinascere a nuova vita. 

L’amore: una vera salvezza

La ferita e l’albero sono solo due dei fili conduttori. Il più importante resta sempre l’amore, unica vera arma di riscatto e di salvezza. 

albero nespole

Il germe del ricordo dell’amore materno ha consentito a Ninetto di sopravvivere a se stesso. La sua famiglia, riunitasi dopo un paio di tragedie, ha trovato nell’amore il più straordinario collante. L’amore per la donna, infine, novella Beatrice dantesca, ha saputo far percorrere a  Ninetto la via della guarigione. Lo ha trasportato dal buio, dalle profondità dei suoi abissi interiori, fino alla luce della Gnosi, della speranza, aiutandolo a comprendere che in fondo tutto è narrazione. Che cambiando la narrazione, non si è più vittime degli eventi. Che quando un oggetto materiale o spirituale si rompe, riparandolo con l’oro, con la bellezza e con l’amore, ogni ferita, ogni squarcio consente alla luce divina di penetrare.

Insomma, ognuno in questa splendida storia può ritrovare se stesso, una parte del proprio vissuto personale e familiare. Un ricordo narrato dalla nonna, una ferita che non si è mai rimarginata, un abbandono, una delusione. Possiamo dunque definire “L’Albero delle nespole” come la traduzione universale di un sentire comune. 

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Foto copertina articolo di Hans da Pixabay

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