L’addio di Rossanda al Manifesto

Rossana Rossanda è una donna come se ne incontrano poche.

Era solo una ragazzina che aveva da poco terminato il liceo (con un anno di anticipo sugli altri) quando partecipò alla Resistenza come partigiana, e a soli 39 anni venne eletta alla Camera dei deputati dopo essere stata nominata da Palmiro Togliatti responsabile della politica culturale del PCI.

Fondò insieme a Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri Il Manifesto, che inizialmente fu anche un partito, prima di unificarsi nel 1972 al Partito di Unità Proletaria in seguito alla sconfitta elettorale.

Oggi Rossana decide di dire addio al Manifesto, e lo fa con una lettera in cui accusa la redazione di “indisponibilità al dialogo”: “Preso atto della indisponibilità al dialogo della direzione e della redazione del manifesto, non solo con me ma con molti redattori che se ne sono doluti pubblicamente e con i circoli del manifesto che ne hanno sempre sostenuto il finanziamento, ho smesso di collaborare al giornale cui nel 1969 abbiamo dato vita. A partire da oggi (ieri per il giornale), un mio commento settimanale sarà pubblicato, generalmente il venerdì, in collaborazione con Sbilanciamoci e sul suo sito”.

Il Manifesto continua così a perdere lungo la strada quei “pezzi” che ne hanno fatto la storia, solo poco tempo fa infatti anche Joseph Halevi, economista, aveva lasciato la redazione scrivendo: “Non si tratta più di un collettivo ma di un manipolo che per varie ragioni si è appropriato del giornale. Anch’io me ne vado, senza alcuna lettera. E’ inutile”.

Ancora prima aveva fatto molto discutere la reazione della redazione all’addio di Marco d’Eramo, due righe molto fredde cui lo stesso d’Eramo aveva risposto: «La collocazione e la risposta che avete voluto dare al mio addio spiega le ragioni del mio commiato più di ogni mia parola».

Ed ancora il primo ottobre se n’era andato Vauro che scriveva: “L’idea che una storia così intensa e importante per il giornalismo e la politica in Italia finisca così squallidamente e desolantemente, mi procura solo profonda tristezza. Il manifesto di oggi è irriconoscibile da tempo, dilaniato da una piccola lotta di potere. Perché, poi? Per impossessarsi di un cadavere?”.

Il Manifesto di oggi pubblica la sintetica lettera della Rossanda ed una risposta almeno stavolta più accorata: “La decisione ci colpisce e ci addolora. Per mille e una ragione. Perciò speriamo in un ripensamento, perché sappiamo che il suo contributo intellettuale è importante per noi, per la sinistra italiana, per il Paese” scrive il direttore Norma Rangeri.

Resta ai lettori l’idea amara di giochi di potere nella pancia di chi quel tipo di giochi ha sempre combattuto, e la paura dell’avvicinarsi della fine di un certo tipo di giornalismo storico a favore di nuovi “generalismi”.

di Claudia Durantini

foto: senzasoste.it

1 risposta

  1. eciauz

    E’ difficile far coesistere il vecchio e il nuovo, ma sbatter fuori il “vecchio” di sicuro non aiuta

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