La verità per la libertà

Negli ultimi tempi si sono sviluppate nell’opinione pubblica di tutti i paesi del mondo e dunque anche nel nostro, due diverse posizioni; una “pacifista”, l’altra cosiddetta “di liberazione”. Queste posizioni sono apparse antitetiche, come la separazione tra Bene e Male. In realtà, al loro interno, si sono levate un’infinità di considerazioni, di distinguo, di “se” e di “ma”, che alla fine antitetiche lo sono solamente nell’asprezza della contrapposizione dialettica. Una dialettica che ha assunto forme così esasperate di sterile polemica per cui, alla fine, essere “pacifisti” significa essere complici delle dittature, mentre i “fautori della liberazione” appaiono come i nemici assoluti della Pace. In questo dibattito, a mio avviso, sono emerse delle posizioni ambigue e provocatorie. Spesso le pur valide ragioni degli uni e degli altri sottendono un atteggiamento non coerente che genera perplessità e disagio. La bandiera della pace, avente come simbolo l’arcobaleno, simbolo di fratellanza, amicizia, solidarietà, solamente da poche persone viene intesa in tal senso e quindi costituisce, in piena buona fede, un invito a trovare sempre e comunque, attraverso il dialogo, la ragione delle cose. Purtroppo la speranza che la Pace possa essere raggiunta soltanto mediante uno spontaneo consenso delle parti, rimane un’utopia che si scontra con un pragmatico realismo dei fatti. Da molti, invece, la Pace è strumentalizzata, sempre e in ogni modo, ai fini di una storica, infinita, contrapposizione politica. Altre volte appare semplicemente una moda da sbandierare a buon mercato. Altre volte ancora, nasconde non confessabili, ma evidenti, interessi politico-commerciali. Sorgono notevoli perplessità quando si assiste ad una certa reticenza, in alcuni casi un vero e proprio “lasciapassare etico”, nei confronti di molti regimi dispotici sparsi nel mondo, responsabili di spietate repressioni nei confronti del proprio popolo. Nel campo contrapposto, la necessità dell’azione bellica, nonostante l’alto prezzo da pagare in lutti e rovine che ne conseguono, è determinata dalla volontà di liberare un popolo oppresso dalla dittatura. Questo nobile principio di “difesa dei diritti umani”, tuttavia non sembra così limpido e disinteressato; infatti, la stessa azione, coerentemente, dovrebbe essere presa in considerazione sempre, anche per le decine di altri conflitti o dittature, “dimenticati”, ma egualmente feroci e sanguinari, presenti in Africa, America Latina, Estremo Oriente, solo che si svolgono in aree geografiche più povere. E’ evidente e legittimo, dunque, il timore che si tratti solamente di un atto di forza per imporre una supremazia politico-economica in un’area strategicamente molto importante. Quando finisce una guerra, se vincitori ci sono stati, ritengo di annoverare tra questi l’ipocrisia e la malafede; tra gli sconfitti, invece, dobbiamo includere non solo uno dei tanti tiranni, ma, purtroppo, penso si debba includere anche la verità. Adesso è il momento della coerenza. Con onestà si devono portare avanti le cose nelle quali si crede veramente, senza ipocrisie, le cose che possano essere veramente utili nell’interesse generale e non del tornaconto di parte, grande o piccolo che esso sia. E’ il momento dell’agire. Il momento in cui le rispettive volontà possano dialogare, senza reticenze o distinguo di sorta, incontrarsi e ritrovare quei valori di democrazia e libertà condivisi che li uniscono e che possano tradursi in una comune azione. Tali simboli della Pace e della Liberazione, per essere credibili, non devono essere rimossi, devono sventolare permanentemente contro tutte le guerre e le dittature che sono tali sotto ogni latitudine e sotto ogni ideologia. I simboli della Pace e della Liberazione devono essere due facce della stessa medaglia, due momenti sì antitetici, ma complementari, che lottano tra loro per trovare un punto di equilibrio e quindi riunirsi nello stesso obiettivo: il Progresso di quel popolo, di quella Nazione, il Progresso dell’Umanità. Il cammino dalla tirannia alla democrazia, come ogni passaggio, ha bisogno di un momento purificatore, che può essere anche violento, la Morte, come lo è stato per l’Occidente la Rivoluzione all’epoca dei Lumi, o il Sacrificio del Cristo sulla croce per la redenzione umana. La Morte passaggio necessario per la Vita. La democrazia, certamente non può e non deve essere imposta, ha anche bisogno di un lavoro paziente, si semina nelle scuole, insegnando alla gente di pensare con la propria testa. Tuttavia per compiere questo cammino talvolta può essere necessaria una forte azione liberatrice, come ci ha insegnato Giuseppe Garibaldi, emblema dell’Umanità moderna, che ha sacrificato se stesso e le cose sue più care per la libertà di due mondi, per la sovranità delle nazioni, per i diritti degli uomini; egli volle la guerra per la pace, quale strumento di civiltà, piuttosto che seguire l’utopia dei codici, i miraggi della demagogia, i sofismi della ragion di Stato.

Leonardo Comple

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