“La rete volante” è il titolo del nuovo libro del professore Alvaro Masseini, scrittore fiorentino che ha unito la passione per la pesca con l’interesse verso i movimenti ambientalisti, scrivendo anche per alcune importanti riviste italiane.
In questo nuovo lavoro presentato venerdì 23 novembre presso la piccola libreria di Passignano sul Trasimeno Le Pagine sul Lago, Alvaro ci illustra attraverso una raccolta di documenti ed immagini l’utilizzo e l’origine dello strumento da pesca denominato “giacchio”.
«Il giacchio», afferma Alvaro durante la presentazione del suo libro, «è uno strumento di pesca utilizzato in tutto il mondo ed è alquanto efficace in quanto può essere utilizzato da una persona sola, inoltre per poterne usufruire al meglio sono necessari due presupposti: che ci siano acque poco profonde che non superino i 2/3 metri di profondità e che ci sia abbastanza pesce nella zona interessata. Tali caratteristiche si riscontrano in parecchie zone in Italia e non solo.»
Vi è infatti all’interno del libro una sezione fotografica dedicata anche alla pesca con il giacchio in America: «Nell’America centrale e meridionale tale strumento è stato importato dal colonialismo europeo: i nativi quindi non lo usavano, mentre per quanto concerne la diffusione del giacchio in Oriente la questione è più complicata.»
E’ interessante vedere come questo strumento abbia origini millenarie: «Nel Trasimeno sono quasi 2000 anni che si pesca con il giacchio; nel mediterraneo è conosciuto sin dai tempi degli Egizi, ci sono scritti e iconografie al riguardo. Il termine “giacchio” viene dal latino jaculum, che vuol dire qualcosa che si getta, si lancia. In Italia si è sempre pescato molto con il giacchio sino a tempi recentissimi e ci sono circa una decina di nomi differenti per connotare lo strumento: ad esempio nell’Alto Adriatico lo chiamano “rezzaglio” (ovvero una rete che si scaglia), più giù in zona tirrenica si chiama “iacco” mentre dall’altra parte nel Basso Adriatico fino a Pescara rimane “giacchio”, da Pescara in giù “sparviero”. Nel Sud della nostra penisola invece “coppu” (campana).»
Alvaro continua evidenziando come il giacchio del lago Trasimeno sia diverso dagli altri: «Il nostro giacchio del Trasimeno, a differenza di altri tipi di giacchi, ha i ramiglioni; una volta che la rete cade in acqua si chiude su se stessa e grazie a questi ramiglioni forma una sorta di sacca interna.
Per millenni il materiale utilizzato era la canapa, poi dagli anni ’50 si passò al cotone, prodotto più resistente ma costoso ed in seguito il nylon che in pochi anni determinò la scomparsa degli altri materiali in quanto non necessitava di grandi manutenzioni.»
Infine, attraverso una sequenza molto suggestiva di immagini della tecnica del giacchio e del paesaggio circostante, Alvaro ci mostra i colori e le forme geometriche che vengono alla luce grazie a quest’arte della pesca, quadri naturali che ancora oggi non smettono di stupire i fortunati spettatori del lancio del giacchio.
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