La prima condanna nella storia grazie alle analisi del DNA

dnashutterstock_150725585-1024x640Nel 1983 nei pressi di Narborough, una piccola cittadina del Leicestershire nelle Midlands inglesi, venne rinvenuto il cadavere di una studentessa di 15 anni Lynda Mann. Era andata a trovare una sua amica e al ritorno non era mai arrivata a casa. Dopo due giorni il corpo della ragazza presentava evidenti segni di strangolamento e di violenza sessuale. Le indagini della polizia non portarono a nulla, ma tutte le prove furono repertate e catalogate, tra cui anche quelle biologiche lasciate dall’assassino sul cadavere.  

Circa tre anni dopo Dawn Ashworth, anche lei studentessa quindicenne, scomparve da casa per poi essere ritrovata poco dopo strangolata e violentata nella stessa area boschiva dove era stato commesso il precedente omicidio.

La ragazza aveva preso una scorciatoia da scuola invece di fare il suo solito percorso, ma come sospettò la polizia il suo assalitore, credendo di averla ‘fatta franca’ una volta, aveva commesso l’omicidio nello stesso modo.

Anche in questo caso furono raccolte delle tracce biologiche sul cadavere della giovane studentessa.

Le modalità con cui le violenze e l’omicidio erano state perpetrate portarono la Polizia a ritenere che esse erano il frutto di un unico stupratore omicida.

La polizia incentrò i suoi sospetti su un giovane del posto, Richard Buckland, un ragazzo di 17 anni, con difficoltà di apprendimento, che era stato avvistato nei pressi di scena di omicidio di Dawn Ashworth. Inoltre il ragazzo sembrava essere a conoscenza di dettagli sul ritrovamento del corpo della ragazzina, che la polizia non aveva mai rivelato.

Dopo diversi interrogatori il giovane confessò l’omicidio della seconda ragazza, negando però ogni coinvolgimento nell’omicidio di tre anni prima.

A quel punto la polizia interpellò un professore Alec Jeffreys, esperto nell’analisi del DNA.

Alec Jeffreys, alle 09:05 del lunedi 10 settembre 1984, ebbe quello che gli anglosassoni chiamano “eureka moment”. Nel suo laboratorio a Leicester stava facendo un esperimento e guardando l’immagine di una pellicola DNA, si accorse che inaspettatamente mostrava sia le somiglianze che le differenze tra il DNA di diversi membri della famiglia di un suo tecnico.

In circa mezz’ora, si rese conto della possibile portata del DNA come fingerprinting, che utilizza le variazioni nel codice genetico di ciascun individuo.

Jeffreys, accolse la richiesta, e in collaborazione con gli scienziati del Forensic Science Service inglese, confrontò i profili di DNA ottenuti dai campioni di sperma prelevati dalle scene del crimine e quello ottenuto da un campione di sangue prelevato dall’unico sospettato, e poco dopo consegnò alla Polizia i suoi risultati: le due violenze erano il risultato dell’opera di un unico uomo, ma questo uomo non era Richard Buckland.

Partì una gigantesca caccia all’uomo alla ricerca del soggetto il cui profilo genetico corrispondesse a quello delle violenze.

Fu chiesto a tutti gli individui maschi adulti della zona di fornire spontaneamente un campione del proprio sangue per effettuare un confronto.

Ovviamente un rifiuto avrebbe attirato i sospetti della polizia e quindi circa 5000 campioni di sangue furono campionati e analizzati. Tuttavia anche questo enorme sforzo risultò inutile e dell’omicida nessuna traccia. Si cominciò a ipotizzare che l’omicida non fosse residente in quelle zone, ma un assassino di passaggio.

Proprio quando tutte le speranze di trovare l’assassino sembravano svanite, un testimone raccontò di aver udito in un pub un uomo che si vantava di aver fornito un campione di sangue al posto di un amico, tale Colin Pitchfork, che gli aveva chiesto un favore. pitchfork_002

Colin Pitchfork (foto), era un giovane fornaio del paese, e aveva chiesto il favore al suo amico, perché essendo in libertà provvisoria, per una condanna di atti osceni, a suo dire, sarebbe stato sicuramente accusato e incastrato dalla Polizia, per questi precedenti. Riuscì a convincere il suo amico che lui con le morti delle due ragazzine non c’entrava nulla.

La polizia andò immediatamente da lui, e prelevò il suo DNA.

Il suo profilo genetico risultò lo stesso di quelli ottenuti da entrambe le scene del crimine. Pitchfork confessò entrambi gli omicidi raccontandone i particolari più atroci.

Ma chi era Colin Pitchfork? Era un uomo sposato con due figli e all’epoca dei fatti aveva ventitré anni. Prima del suo matrimonio era stato condannato per atti osceni ed era in terapia presso un centro ospedaliero.

Lavorava come fornaio, ed era particolarmente abile come scultore di decorazioni per dolci e per questo era molto stimato nel paese, soprattutto dai bambini.

Il suo capo sostenne che era “un ottimo lavoratore, che rispettava le scadenze ma che bisognava non farlo lavorare con personale femminile perché era un po’ “lunatico”.

Durante l’interrogatorio ammise di avere una sorta di “compulsione” verso le donne, che gli si era manifestata quando era solo un ragazzo e questo lo spingeva commettere atti osceni. Anche nel caso delle due ragazzine, queste erano scappate quando lui le aveva avvicinate, e questo lo aveva eccitato, poi per paura di essere denunciato le aveva uccise.

Il giovane Buckland e il fornaio Pitchfork sono stati i primi due sospettati a sperimentare il l’uso del profilo del DNA in un aula di giustizia. Il primo, vedendo dimostrata la sua innocenza, il secondo, vedendo definitivamente provata la sua colpevolezza.

Nel 1988 Colin Pitchfork fu condannato all’ergastolo, con una pena minima di trenta anni per la violenza e l’omicidio di delle due ragazzine.

di Gianfranco Marullo 

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