Joker, eroe dei tempi moderni

Vincitore del Leone d’oro al Festival del cinema di Venezia, acclamato quasi unanimemente dalla critica, Joker sta sbancando i botteghini e promette di raggiungere nuovi record di incassi. 

Joker, si sa, è il più grande nemico di Batman ma in questa Gotham City, sommersa da cumuli di spazzatura come fosse Roma e popolata da ratti giganti peggio della Città Eterna, Batman non è ancora apparso: Bruce è solo un bambino, figlio di uno degli uomini più ricchi della città, e Joker è ancora e solo Arthur Fleck, uno spilungone anoressico e tabagista, che vive in un appartamento fatiscente con la madre malata della quale si prende cura con amore.

Arthur ha un lavoro miserrimo che, però, gli piace: si veste da clown e pubblicizza prodotti per strada o intrattiene i bambini negli ospedali. È affetto da un disturbo psichiatrico che lo fa ridere sguaiatamente quando qualcosa ferisce la sua sensibilità, e in quella città violenta Arthur viene costantemente ferito, nel corpo e nell’anima. Arthur soffre e quando la sofferenze arriva al cuore ride e, per sopravvivere ad una vita  di umiliazioni e delusioni, sogna di essere qualcuno che non è: un comico apprezzato, un uomo amato da una donna.

È inesorabile che questo equilibrio fragile si rompa e quando capisce che tutta la sua vita è finzione, che anche l’amore di sua madre era una farsa, Arthur si perde, o forse si ritrova, e diventa Joker, quel pagliaccio che si dipinge un sorriso sul viso per nascondere il dolore, che uccide chiunque lo abbia ferito e tradito, che si ribella ad ogni prepotenza. E diventa, finalmente, l’uomo che voleva essere: un idolo, amato dalla folla dei poveri e dei derelitti che, come lui, vivono una vita di stenti. 

Todd Phillips, il regista, ci aveva abituati a film come Starsky e Hutch o Una notte da leoni, e invece ci immerge in un’atmosfera cupa e ansiogena: è un mondo in cui non è facile capire dove sia il bene e dove il male perchè l’uno genera l’altro in una concatenazione della quale si perde il filo. 

Così Thomas Wayne, padre di Bruce, candidato a sindaco di Gotham City per riportare l’ordine e la giustizia in città, genera il male  quando, invece di compatire il povero Arthur che gli chiede aiuto, lo prende a pugni. Anche da questo nasce Joker: dalla violenza di un giusto. La trascuratezza della società ed i tradimenti di chi diceva di amarlo fanno il resto.

L’interpretazione di Joaquin Phoenix è impeccabile: la sofferenza, la tenerezza, le delusioni sono in ogni sua espressione, non servono i dialoghi per capire i suoi stati d’animo. Un’interpretazione perfetta come sono perfetti tutti gli attori, dal clown nano a Robert De Niro, il presentatore televisivo che il povero Arthur avrebbe voluto avere per padre e che, invece, gli infligge la sofferenza finale.

Detto questo, rimane che il tema di fondo è più abusato degli abusi subiti da Joker: il male viene  generato dalla violenza, i “buoni”, a ben vedere, sono i “cattivi”, le condotte violente ed efferate sono colpa della società distratta e distante. Se Arthur Fleck fosse cresciuto in una famiglia normale, se fosse stato curato con attenzione, se non fosse stato tradito, non sarebbe mai diventato Joker. Come a dire: in fondo non è colpa tua se sei cattivo, è il mondo che ti ha fatto diventare così. E la violenza che riempie il film trova un’apparente giustificazione. Un bel messaggio da trasmettere!

C’è bisogno di film così? Non viviamo in un mondo già abbastanza violento? Dobbiamo trovare la violenza anche al cinema? 

Si potrebbe dire che i film rappresentano il mondo che viviamo.

È anche legittimo, però, pensare che questa sia la cinematografia più facile e commerciale: non si può certo ritenerla un’idea originale quella di far nascere la cattiveria di Joker da un passato violento ed i personaggi dei fumetti, buoni o cattivi che siano, sbancano sempre il botteghino, forse perchè sono facilmente accessibili a tutti.

Quindi di apprezzabile, in questo Joker, rimane solo l’appassionata interpretazione di Phoenix.

Ben più complicati erano film come L’attimo Fuggente, quelli senza trucchi ed effetti speciali, quelli dove il supereroe non c’era ma c’era un uomo molto più grande di qualsiasi personaggio da fumetto, un semplice professore disposto a perdere  tutto per insegnare ai suoi studenti che la vita deve essere vissuta nel profondo. 

“Carpe diem. Rendete straordinaria la vostra vita”, questo insegnava il Prof. Keating. Lui era un uomo buono, che non cambia perchè il mondo è cattivo con lui ma che vuole cambiare il mondo perchè il mondo è cattivo.

Ma questi sono film di altri tempi. 

Adesso va di moda Joker e ci insegna che non è colpa sua se va in giro ad ammazzare la gente. 

Il nuovo supereroe. 

Il mondo di oggi.

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