Il ritorno di Jane Campion con Il potere del cane

il potere del cane

Dodici anni dopo Bright star, torna Jane Campion (Lezioni di piano, Ritratto di signora) con Il potere del cane, un nuovo lungometraggio distribuito direttamente in streaming da Netflix senza passare dalle sale cinematografiche.

Tratto da un romanzo di Thomas Savage

Tratto da un romanzo di Thomas Savage, è la storia di due fratelli, ricchi proprietari di un ranch in Montana, Phil e George Burbank (Benedict Cumberbatch e Jesse Plemons), che nel 1925 fanno la conoscenza della vedova Rose Gordon (Kirsten Dunst), locandiera, e di suo figlio Peter (Kodi Smit-McPhee). Il più giovane e gentile dei fratelli, George, si innamora di Rose, la sposa portandola a vivere nella sua casa, suscitando l’antipatia e la collera del fratello maggiore Phil, che ha trovato un equilibrio vivendo col fratello dopo la morte dell’amato mentore “Bronco” Henry. Phil, con i suoi atteggiamenti provocatori e sprezzanti, spinge Rose a rifugiarsi nell’alcol e instaura un rapporto prima conflittuale e in seguito morboso col giovane Peter, studente di medicina molto attaccato alla madre. I continui atti vessatori di Phil porteranno conseguenze inevitabili e dolorose per tutti.

Jane Campion, regista, sceneggiatrice e produttrice

La regista Jane Campion (qui anche sceneggiatrice e produttrice) si avvale dell’ottima fotografia di Ari Wegner per ricreare negli ampi spazi della Nuova Zelanda (terra d’origine della Campion) un Montana del primo quarto del ‘900 crepuscolare e rarefatto, com’è il western destrutturato che dirige. Il paesaggio è allo stesso tempo esteso ma soffocante, assolato ma brullo, vivido seppur malinconico, quasi metaforico: si vuole raccontare la storia di un dramma familiare, o meglio di due famiglie- microcosmi, che nel momento in cui vengono a contatto non riescono ad amalgamarsi completamente soprattutto per colpa di un personaggio complesso e contradditorio, Phil Burbank, egregiamente interpretato da Cumberbatch, in un ruolo per lui insolito dopo gli “eroismi” di Sherlock e del Dottor Strange.

Phil, sotto il ruvido machismo misogino, nasconde una latente omosessualità che si risveglia con l’arrivo del giovane Peter, pronto a tutto per difendere l’amata madre Rose, che invece reagisce alle provocazioni attraverso l’autodistruzione generata dall’alcolismo. D’altronde, anche il buon George sembra quasi tollerare – e compatire – il comportamento del fratello, come se ne capisse la sofferenza subita in passato, dimostrando di non essere in grado di aiutare la moglie in difficoltà. In questo fosco dramma, dove tutti mostrano un lato oscuro, si va a delineare una componente più thriller che sfocerà nel crudele finale non così inaspettato.

Dal desiderio femminile a quello maschile

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La Campion non è solo abile nella direzione del quartetto di attori, si dimostra attenta nei piccoli dettagli, nei campi lunghi evocativi delle assolate distese spoglie delle praterie del Montana, nelle inquadrature più intime e claustrofobiche della vita nel ranch dei Burbank, mostrando la sporcizia fisica (e spirituale) di Jeff in contrasto con l’efebica femminilità di Peter. Da sempre considerata la regista del desiderio femminile, in questo caso c’è invece un attento sguardo femminile che indaga il desiderio maschile, in un contesto storico dove queste pulsioni diventano taboo indicibili e impossibili da realizzare.

Non c’è il pathos de I segreti di Brokeback Mountain (giusto per citare un film a cui è stato accostato), qui la pulsione è stemperata, idealizzata, non messa in atto. Il tocco è leggero, sensuale, i silenzi hanno lo stesso peso dei dialoghi. Lavorando sapientemente di sottrazione, tutto è dosato con grande rigore. Con questo film Jane Campion si riconferma, a distanza di dodici anni, una delle più importanti registe contemporanee della sua generazione.

1 risposta

  1. Giovanni Destefanis

    Trovo che Rossi abbia dato una lettura accurata e profonda del film. Che insomma induce alla visione. Opera sicuramente non dozzinale e non marginale.

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