Il populismo di Salvini ha le gambe corte

La vicenda della nave della guardia costiera italiana Ubaldo Diciotti è finita come era giusto finisse. Le persone salvate il 15 agosto al largo di Malta erano 177. Cento di loro sono state prese in carico dalla chiesa italiana e dopo un breve periodo a Rocca di Papa verranno distribuiti in varie diocesi in tutta Italia.

A Rocca di Papa sono stati ascoltati da Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Uniti per i rifugiati (Unhcr). Quello ce segue è un estratto delle dichiarazioni testuali che la Sami ha poi rilasciato ai giornalisti: “Sono molto giovani, poco più che ventenni. Ho parlato con le ragazze e mi hanno detto che hanno passato ciò che nessuna donna dovrebbe passare. Il gruppo era tenuto tutto insieme, alcuni da più di un anno, alcuni da due anni, sotto terra in un magazzino (in Libia, ndr). Hanno raccontato di essere stati venduti, alcuni due o tre volte. Nel periodo in cui sono stati tenuti in cattività sono nati sedici bambini, che sono morti dopo quattro o cinque mesi. Credo che questo dica tutto su ciò che le persone hanno passato e su ciò che si può dare e che si deve dare a queste persone per rendere questo paese civile”.

La maggior parte delle persone salvate dalla Diciotti ha nazionalità eritrea, ciò che ne rende ammissibile lo status di profugo ovvero di persone potenzialmente aventi diritto all’asilo, diversamente dai cosiddetti migranti economici, potenzialmente destinati all’espulsione perché illegali o irregolari. Matteo Salvini fin dall’inizio della vicenda ha affermato che si trattava di persone appartenenti a questa seconda categoria. “Sono tutti irregolari” aveva affermato il ministro. Ma così non era. Se pure fosse stato così, ciò non avrebbe autorizzato il ministro a trattenere a bordo della nave tutte quelle persone. Un conto è dire “sono tutti irregolari” durante un comizio, ben altra cosa è fare queste dichiarazioni nel momento in cui si esercita un ruolo istituzionale e riferendosi a persone precise, in carne ed ossa. Stabilire se un migrante è regolare o no è compito della magistratura che lo fa sulla base delle leggi applicabili, questo il ministro dell’interno dovrebbe saperlo.

Salvini usa false verità per giustificare decisioni e comportamenti che sono al limite della legalità. Non appena ricevuta la notizia dell’indagine a suo carico ha attaccato la magistratura dicendo (anzi urlando) “è una vergogna”. Parole che poco si confanno al suo ruolo e a quella che dovrebbe essere l’interpretazione del mandato ricevuto all’indomani del suo giuramento di fedeltà alla Costituzione.

I magistrati siciliani hanno applicato la legge e sarebbe stato vergognoso, questo sì, se si fossero astenuti dal farlo. Le ipotesi di reato e i capi di imputazione sono cinque: sequestro di persona, arresto illegale, abuso d’ufficio, sequestro di persona a scopo di coazione e omissione d’atti d’ufficio. Sono reati gravi per i quali sono previste pene molto alte. Sarà ora la legge a stabilire le responsabilità del ministro, se mai l’indagine otterrà l’avallo del parlamento, cosa che avverrà, se avverrà, tra almeno cinque mesi.

Nella sua reazione Salvini ha attaccato anche la stampa e gli organi di informazione “se gli italiani si dovessero informare aspettando qualche giornale o telegiornale, campa cavallo che l’erba cresce. Per fortuna che esiste la rete, libera, dove non possono imbavagliare nessuno…”. Nell’era dei populismi a briglie sciolte la rete e le “fake news” si stanno dimostrando una minaccia seria per la democrazia. Riportando le notizie raccolte in rete su Facebook, Twitter e quant’altro, la stampa finisce col contribuire alla diffusione di menzogne e falsità.

Quello di avviare l’inchiesta era un atto dovuto da parte della magistratura, ovvero di una parte imprescindibile dell’impalcatura istituzionale sulla quale fonda uno stato di diritto e la nostra democrazia. Un ministro in quanto espressione della stessa impalcatura non può esimersi dal rispettarla. La magistratura ha compiuto il proprio dovere e tuttavia ha finito col fare un piacere a Salvini. Che sfrutterà a suo vantaggio il suo status di indagato facendone simbolo e bandiera della sua propaganda populista. Alcune settimane fa Famiglia cristiana gli aveva fatto pubblicità indiretta dedicandogli la copertina e il titolo “Vade retro Salvini“.

Mi sia permessa una parentesi in prima persona. Avrei voluto intitolare questo articolo “Le bugie di Salvini”. Poi per ragioni di opportunità, e per salvaguardare la redazione da spiacevoli conseguenze di carattere legale, ho deciso di cambiarlo. Chiusa parentesi. Il nuovo titolo evoca le parole di un proverbio, assai noto, che parla di bugie e dice che hanno le gambe corte, il che significa che sono destinate ad essere scoperte velocemente, smascherando chi le dice. Nessun moralismo a buon mercato. Tutti diciamo bugie e le bugie sono perfino necessarie in alcuni contesti e situazioni. Contesti e situazioni tuttavia differiscono enormemente quando si passa dal privato al pubblico, e quando il pubblico riguarda un ruolo istituzionale. Come quelli della politica. I populisti di tutto il mondo, semplificando la realtà e offrendo soluzioni semplici a problemi complessi, hanno come primo obiettivo quello di compiacere i propri sostenitori, ciò che gli fa fare promesse clamorose e proclami che poco hanno a che fare con la realtà.

L’aspetto problematico non è tanto dire falsità quanto quello di dare credito alle falsità. E qui l’analisi si sposta sul popolo (che pure ha le sue responsabilità). Con una distinzione essenziale: tra coloro che credono che il proprio leader politico stia dicendo la verità (e che quindi in buona fede si prestano all’inganno) e coloro che invece sanno bene che si tratta di falsità, ma se ne fregano, perché si riconoscono pienamente nel loro idolo politico. Gli effetti del consenso possono essere devastanti. Senza andare troppo indietro nel tempo e senza attingere alla storia, Donald Trump incarna forse il modello attuale più emblematico di ciò che può produrre il populismo. Trump ha vinto le elezioni dicendo di voler fare di nuovo l’America grande. La verità è che sta gettando l’America nel ridicolo e questo pian piano cominciano a vederlo anche i suoi sostenitori. Ieri alla cerimonia a Washington alla cerimonia funebre in onore del senatore Mc Cain c’erano tre ex presidenti americani ma non lui perché indesiderato.

Torniamo in Italia e torniamo a Salvini. Il recente incontro con Victor Orban a Milano ha suggellato in modo plateale l’amicizia di due persone che dovrebbero avere più punti di dissenso che in comune. Salvini attacca Macron per aver rispedito in Italia i profughi che avevano passato il confine a Ventimiglia e nello stesso tempo intrattiene con Orban rapporti di amicizia pur sapendo bene che l’Ungheria non prenderà mai un solo profugo arrivato in Italia. Ma lo scopo del ministro dell’interno è un altro. E’ quello di tessere alleanze in chiave anti europeista, dunque contro l’asse Merkel-Macron, in vista delle elezioni europee del maggio 2019. La posta in gioco è dunque molto alta e riguarda i futuri assetti ed equilibri politici all’interno della Ue dopo le europee. Per sventare il pericolo che l’Italia, paese fondatore dell’Unione europea, si trovi legata a doppio filo con i paesi cosiddetti del blocco Visegrád (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) e che rischi una involuzione sul piano economico e politico che potrebbe portarla indietro di decenni, bisognerebbe che Salvini trovasse chi gli tiene testa all’interno della coalizione di governo.

Nonostante Di Maio abbia chiaramente preso le distanze dall’incontro Salvini-Orban e abbia detto e sottolineato che non si trattava di una iniziativa governativa (nonostante si sia svolta in prefettura) è improbabile che, in qualità di vicepresidente del consiglio, riesca a mitigare l’esuberanza politica e verbale del suo pari. Tanto meno è pensabile che in ciò riesca Conte che non possiede il necessario peso specifico politico nonostante sia lui il presidente del consiglio (ma qui si consuma il peccato originale dell’attuale governo italiano). Quanto all’opposizione, attualmente appare così divisa, afona e senza idee che difficilmente riuscirà ad organizzarsi in modo tale da opporsi alla valanga Salvini.

Ciò che resta sono loro, siamo noi, gli italiani, con la nostra intelligenza e maturità. Il populismo di Salvini avrà le gambe corte (nel senso che non durerà a lungo) soltanto se gli italiani si renderanno conto in tempo dei pericoli insiti nella sua propaganda e decideranno di negargli il loro consenso.

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