“Il fardello del coleottero”: in libreria l’ultima fatica letteraria di Federico Bardanzellu

E’ uscito da pochi giorni l’ultimo libro del nostro redattore Federico Bardanzellu: “Il fardello del coleottero”. L’opera, ancor prima di essere pubblicata, ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra gli inediti, quali la menzione d’onore al Memorial Vallavanti-Rondoni di Caorso (PC) nel 2015, il 3° premio dell’Istituto per la Cultura nell’ambito del Concorso letterario AlberoAndronico di Roma nel 2017 e, soprattutto, il primo premio assoluto alla IV edizione del premio Mangiaparole (sezione romanzi) che ha come riferimento il Caffè Letterario di Via  Manlio Capitolino 7 in Roma. Proprio al Caffè Letterario, il 21 giugno p.v., alle ore 19, ci sarà la presentazione ufficiale del libro.

Federico, come nasce questo libro?

Nasce da un progetto che vuole dar spazio alle problematiche dell’uomo comune degli ultimi decenni del secolo scorso e dei primi anni del presente. Il romanzo italiano del novecento, infatti, a partire da Moravia, Bacchelli, Cassola, Pavese, sino a Pierpaolo Pasolini è sempre ambientato negli anni del fascismo, della seconda guerra mondiale o, al massimo, agli anni cinquanta. Ciò è stato d’ispirazione del grande cinema italiano del dopoguerra. Gli anni del boom economico e, soprattutto, i decenni successivi sono stati assolutamente trascurati, come se non fossero stati in grado di produrre vicende capaci di suscitare reazioni, riflessioni o cambiamenti nella vita di tutti i giorni dell’uomo comune. In realtà, abbiamo avuto gli anni della contestazione, gli anni di piombo, quelli della “Milano da bere”, tangentopoli, la seconda e la terza repubblica e più di una crisi economica; tutti eventi terribili e sconcertanti che hanno avuto effetti – a mio parere – pari a quelli di una dittatura, di una guerra mondiale o della ricostruzione del paese.

Non è la prima volta che affronti queste tematiche nei tuoi libri.

“Il fardello del coleottero”, infatti è il sequel di “Quei buchi nel muro”, pubblicato nel 2016. Il precedente libro era ambientato nel 1979 ma conteneva una serie di flashback a partire dal 1968. Descrive gli anni di piombo e quelli della contestazione, dal punto di vista dell’uomo comune allineato a sinistra che, pur rimanendo in parte coinvolto in quegli eventi, quasi senza volerlo, non riesce a condividerne la violenza. Con “Il fardello del coleottero” siamo nel 1984 e cioè in un momento di crescita economica e di gaudente ricerca dei piaceri materiali della vita. Il protagonista, anche in questo caso, mette in discussione le sue convinzioni politiche ed ideologiche senza però riuscire a venirne a capo.

Non mancano, però, le riflessioni sul proprio passato, anche qui descritte con la tecnica del flashback.

Cosa vuole significare il titolo del libro?

Il coleottero della sabbia è quell’animaletto che trascina senza soluzione di continuità una  pallina di sterco quasi  involontariamente in un’azione senza fine. E’ un po’ la metafora dell’essere umano che continua a portarsi appresso le proprie convinzioni, il proprio modo di vivere, senza riuscire a liberarsene o a cambiarle.

Non vi è dubbio, tuttavia, che qualcosa è cambiato, nel modo di vita degli italiani, a partire dal 1968!

Gli anni della contestazione, soprattutto, ci hanno lasciato in eredità l’emancipazione della donna. Dirò di più: già a partire dalla fine degli anni settanta, è la donna che ha iniziato a dettare le regole del gioco nei rapporti con l’altro sesso. Di ciò non se ne sono resi conto nemmeno gli intellettuali della sinistra. I personaggi maschili del libro, infatti, credono ancora di recitare la parte dei grandi seduttori o del “maschio latino” prepotente, ma in realtà, sono succubi e/o completamente sedotti dalle proprie compagne. L’unica soluzione che rimane loro è quella di adeguarsi.  Come fa, alla fine, il protagonista.

Tuttavia, non sono solo i contenuti a caratterizzare il tuo romanzo, ma anche lo stile.

Oddio. Lo stile, il modo di scrivere, è qualcosa di innato. A me viene spontaneo descrivere i fatti come se fossero ambientati in una commedia cinematografica, anche se spesso trattano vicende terribili e sconcertanti. Ritengo comunque che lo scrittore moderno deve essere soprattutto un “descrittore”; rifuggo infatti dai toni speculativi o pseudo romanticheggianti. Se c’è un trait d’union, nei miei romanzi, penso che sia la pignoleria quasi estrema nella descrizione delle vicende e dei caratteri. Lo stile “diaristico” è però voluto, perché indispensabile a contestualizzare le vicende; diversamente, potrebbero essere ambientate in qualsiasi altro periodo storico. Lo ho adottato per avvicinare ed immedesimare il più possibile il lettore ai fatti raccontati.

Hai più volte fatto riferimento a un protagonista ma, dalla lettura dei tuoi romanzi, mi sembra quasi che il protagonista sia più di uno!

Dipende dal fatto che, a mio parere, il menagedell’italiano medio degli ultimi decenni non è più quello dei rapporti esclusivi con una o due persone o addirittura solo con se stesso. Anche la cd. “incomunicabilità”, se mai è esistita in Italia, è ampiamente superata. Oggi esiste una sterminata pluralità di rapporti: quelli personali, quelli di lavoro, del tempo libero, delle amicizie. Ambientare un romanzo e limitarlo alle vicende e alle problematiche di una sola o di pochissimi altri mi pare ormai, oltre che riduttivo, addirittura anacronistico.

Avrà un sequel anche “Il fardello del coleottero”?

Sì. Ho già iniziato a scrivere un nuovo libro ambientato – stavolta – negli anni novanta, quelli di “tangentopoli”. Titolo: “Lo zucchero nel cappuccino”.

Allora, il 21 giugno, alle ore 19, al Caffè Letterario di Via Manlio Capitolino 7 (Stazione Metro A Furio Camillo), tutti alla presentazione de “Il fardello del coleottero” di Federico Bardanzellu.

Puoi acquistare qui “Il fardello del coleottero”

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