Il destino glorioso di Enea e la fama di una Ilio immortale 

il destino

Fin dall’inizio dell’Eneide la direzione indicata dal Fato è chiara. Enea, in fuga con i compagni dalla sua Ilio distrutta, regnerà nel Lazio e dalla sua stirpe nascerà il fondatore di Roma. Ma ciò accadrà al costo di un’avventura piena di pericoli e sofferenze. Virgilio delinea il grande disegno del fato già nel proemio: «Armi canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia venne in Italia fuggiasco per fato e alle spiagge/lavinie, e molto in terra e sul mare fu preda/di forze divine, per l’ira ostinata della crudele Giunone,/molto sofferse anche in guerra, finch’ebbe fondato/la sua città, portato nel Lazio i suoi dei, donde il sangue/Latino e i padri Albani e le mura dell’alta Roma».

Il destino glorioso

A questo destino glorioso — che inizia con Enea ma va ben oltre la sua storia individuale —  si fa riferimento più volte all’interno del poema. Virgilio ha scritto l’Eneide proprio per esaltare la grandezza della città eterna a partire dalle origini. Possiamo dunque dire che è nella promessa della Roma futura che sta il cuore dell’opera. Nel Libro primo si ha un dialogo molto significativo tra la dea Venere — madre di Enea e sua protettrice contro la furia di Giunone — e  Giove. Qui il padre degli dei profetizza che l’eroe troiano «guerra grande farà in Italia, popoli fieri/combatterà, leggi e mura darà alla sua gente,/fin che regnare sul Lazio la terza estate lo veda/e sian passati tre inverni dalla sconfitta dei Rutuli».

Prosegue parlando di Ascanio, che «trenta grandi anni, nel ritmico volger dei mesi,/compirà di comando, e da Lavinio la sede del regno/trasferirà, Alba la Lunga munirà con gran forza». Poi giunge a Rea Silvia, la vestale figlia del re di Albalonga, che trecento anni dopo «grave di Marte, Ilia partorirà doppia prole»: Romolo e Remo, di cui «Romolo erediterà il popolo, egli fonderà marzie/mura e dal suo nome li chiamerà i Romani». E infine parla di Giulio Cesare («che per confine all’impero l’Oceano darà») e della successiva chiusura delle Porte del tempio di Giano, segno che l’età augustea è un’epoca di pace e prosperità . 

Il naufragio e Cartagine

Nessuno, nemmeno la potente dea Giunone potrà evitare che tutto questo si compia («E l’aspra Giunone, che terra e mare e cielo ora travaglia, volgerà in meglio l’animo, con me farà crescere i signori del mondo, la stirpe togata, i Romani»).  Nel Libro primo Giunone chiede al dio Eolo di scatenare i suoi venti per agitare il mare e far affondare i troiani, che sono in rotta verso l’Italia. Enea e i suoi compagni vengono salvati dal possente dio Nettuno. Tuttavia i danni alle navi li costringono a sostare sulle coste africane. Siamo a Cartagine, la terra governata dalla fenicia Didone: la famosa regina che, innamoratasi di Enea per opera di Venere e Cupido, si ucciderà dopo la ripartenza dell’eroe.

Il passato doloroso 

A Cartagine Enea giunge al tempio dedicato a Giunone. Proprio nella casa fatta erigere da Didone per la dea che lo perseguita, l’eroe scorge un luogo di salvezza. Sulle mura del tempio ci sono delle raffigurazioni (forse dipinte o forse scolpite) che ritraggono le «iliache battaglie». Le vicende della guerra di Troia hanno avuto un tale eco nel mondo antico che, a distanza di pochi anni dalla fine del conflitto, già tutti le conoscono. Enea osserva le immagini e piangendo domanda a uno dei suoi compagni: «Che luogo c’è, Acate, che regione nel mondo, non piena del nostro soffrire?». Ma nota anche che dalle raffigurazioni emerge più il valore degli sconfitti che quello dei vincitori, e ciò è di grande consolazione per lui perché nella “fama”, nel ricordo onorevole, egli scorge la salvezza.

La fama è fondamentale per gli eroi dell’antichità. Restare impressi nei racconti che verranno tramandati ai posteri vuol dire diventare immortali. Trovarsi davanti alle immagini che ritraggono ciò che ha perso è doloroso per Enea, ma il fatto che il valore dei troiani si sia eternizzato nella memoria del mondo fa sì che Troia sopravviva alla sua cancellazione fisica. Così in quegli affreschi, oltre alle sue sventure, Enea contempla la sua eredità: il valore e la memoria della grandezza di Ilio che per mezzo di lui nella penisola Italica troverà una seconda prospera vita. 

Foto di Antonios Ntoumas da Pixabay

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