Il Centro di aiuto alla vita di Roma a fianco delle donne contro la Ru486

Il dibattito di questi giorni, ad un anno dalla approvazione da parte dell’AIFA della commercializzazione della RU486 in Italia, la pillola per l’aborto farmacologico da prendere entro il 49esimo giorno dall’ultima mestruazione, mi ha riportato alla mente un significativo esempio della gente di strada accadutomi nel lontano 1991. Ero un ragazzotto allora che osservava allibito alla prima guerra del Golfo, quella di Desert Storm, quella delle bombe intelligenti. Ricordo che nel “chiacchiericcio” del bar su questo argomento intervenne un caro amico del mio paese, idraulico, che disse riferendosi alle tanto sponsorizzate bombe: “Saranno pure intelligenti ma uccidono sempre le persone”. Sintesi perfetta della seppur mistificata verità. E’ proprio vero: la persona irachena, l’essere umano iracheno che si vede arrivare in testa la bomba intelligente non si ferma a sottolinearne “l’intelligenza” ma scappa perché c’è di mezzo la sua vita. Credo che l’esempio possa essere riportato pure per la questione della Ru486. In un dibattito televisivo con Silvio Viale (promotore della re-introduzione della pillola) e Daniele Capezzone, qualche anno fa, alla fine il conduttore mi chiese: allora Gibertini, meglio l’aborto tradizionale o quello farmacologico? Meglio nessun aborto, risposi ma non penso di essere stato un genio, ho tratto solamente le logiche conseguenze: due modi diversi di uccidere una persona. Se vi chiedessi che per la già citata guerra in Irak è meglio, per sterminare gli iracheni, usare il gas nervino o le bombe intelligenti voi potreste fare una scelta?

Diciamolo chiaro e con forza.

La Ru486 non è una medicina. Non cura alcuna malattia. Non aiuta la vita, la stronca sul nascere. La Ru486 non è amichevole nei confronti delle donne. Non realizza in alcun modo un aborto indolore, posto che sia possibile realizzarlo. E’ al contrario un sistema abortivo altamente controverso anche dal punto di vista della sua sicurezza ed efficienza clinica. Più importante ancora, la pillola abortiva tende a deresponsabilizzare il sistema medico, e a ridurlo a dispensario di veleni, e lascia sole le donne, inducendole a una sofferenza fisica e psichica prolungata e domestica, molto simile alle vecchie procedure dell’aborto clandestino. Per queste ragioni etiche siamo contrari alla pillola Ru486 e alla sua introduzione in Italia, anche perché la sua utilizzazione è incompatibile con le norme della legge 194/1978. E pensiamo che occorra fare di tutto, ciascuno nelle forme pertinenti il proprio ruolo, per impedirla. Jerome Lejeune, noto genetista scopritore della sindrome di Down, definì la Ru486 come un “pesticida umano”.

Pesticida umano: dobbiamo aggiungere altro?

La dottoressa Catherine Lennon, presidente di Doctors for Life dello stato del New South Wales, ha definito la RU-486 un “pesticida umano” altamente tossico, osservando che esso provoca gravi malformazioni fisiche nei bambini che sopravvivono ai suoi effetti e che può causare gravi danni fisici e psicologici alle donne che si trovano da sole a casa a dover partorire un bambino di 6 o 12 settimane di età.

Dove sono le femministe a bloccare questa pillola che uccide il figlio ed inquina, a volte anche mortalmente, il loro corpo, il grembo che dovrebbe accogliere la vita?

Dove sono gli ecologisti o quelli che fanno il doping nelle gare ciclistiche, a scandalizzarsi contro questo “pesticida” che attacca la donna e li altera per sempre in modo innaturale.

Siamo per la vita, siamo per le donne, siamo per la natura ma soprattutto per la verità.

Giorgio Gibertini – Presidente Centro di Aiuto alla Vita di Roma

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