Guardiani del faro

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Fermo restando che la compagnia di amici, parenti ed affetti in genere è una delle ricchezze più importanti che si possa avere e desiderare, reputo interessante sottoporre all’attenzione del lettore un quesito ben più profondo e che secondo il mio punto di vista, merita attenzione e prospezione.

La felicità di un individuo dipende soprattutto dalla qualità dei suoi rapporti con gli altri, come vorrebbero oggi tanti psicologi?

La compiutezza di una vita, si misura specialmente dalla capacità di conquistarsi amore ed amicizia come si afferma in tanti volumi di successo?

E se il vero benessere ed equilibrio mentale derivassero, invece, dalla capacità di stare soli con se stessi senza provare ansia e tedio?

Personalmente reputo che il desiderio di isolamento non sia sintomo necessariamente di disagio o nevrosi, ma che spesso indichi ricchezza interiore e profondità emotiva.

Beethoven, Goya, Kant, Wittgenstein, sono solo alcuni esempi di geni creativi dalle esistenze indubitabilmente “compiute” che non hanno mai cercato negli altri la felicità e la realizzazione di sé.

Non intendo estremizzare troppo il concetto; credo però che nella vita quotidiana di ognuno di noi ci siano momenti dove la solitudine si renda necessaria e che porti ad un isolamento creativo e benefico.

Momenti di crisi personale, di lutto, di raccolta religiosa, di meditazione.

Questi sono alcuni attimi che ci fanno capire l’importanza fondamentale delle ore che trascorriamo nell’esclusiva compagnia di noi stessi.

<<Bisogna riservarsi un retrobottega tutto nostro, sicuro, in cui possiamo collocare la nostra vera libertà ed il più importante ritiro è la solitudine>> (M.de Montaigne).

La capacità di essere soli, si lega alla scoperta di se stessi ed alla propria realizzazione; alla consapevolezza dei propri sentimenti, impulsi, bisogni più profondi.

<<Nel tumulto degli uomini e degli eventi la solitudine era la mia tentazione. Ora è mia amica. Di quale altra potrei accontentarmi dopo aver incontrato la storia?>> (C. de Gaulle).

Saper star soli è una preziosa risorsa quando ci è necessario cambiare il nostro atteggiamento mentale.

Ma è chiaro (e se non lo è mi preme sottolinearlo) che questa ricerca “benefica” di solitudine cui auspico e di cui racconto, deve intendersi come mera ricerca di momenti particolari, di istanti o di giornate in cui il nostro ego necessita della compagnia di noi stessi.

Diverso è il concetto di solitudine obbligata come ad esempio la prigionia o la mancanza vera e propria di persone care.

<<La peggior solitudine è essere privi della vera amicizia>> (F. Bacon).

Invece il saper star soli rappresenta una preziosa risorsa. Permette agli uomini di entrare in contatto con i propri sentimenti più intimi; di superare il dolore di una perdita; di riorganizzare le proprie idee; di mutare atteggiamento.

<<Nessuno potrà mai esprimere le capacità del proprio intelletto, se non avrà almeno occasionalmente sperimentato la solitudine>> (T. de Quincey).

In ogni essere umano esiste un universo interiore fantastico, che si esprime in una varietà infinita di modi.

Gli hobby ed i passatempi sono gli aspetti che spesso meglio delineano la personalità di un individuo, rendendolo quello che è.

Riuscire a scoprire cosa interessa ad una persona, è già un modo di capirla.

Tutti sentiamo la necessità di avere, oltre alle relazioni personali, qualche interesse, poiché le une e gli altri giocano un ruolo molto importante nel definire la personalità dell’individuo e nel dare un significato all’esistenza.

Perché negarlo? Ci sono momenti, brevi o lunghi che siano, nei quali vorremmo ideologicamente essere guardiani del faro; soli con noi stessi e la metafora del mare.

Eugenio Borgna, ne “La solitudine dell’anima” dice <<La solitudine, come il silenzio, è esperienza interiore che ci aiuta a vivere meglio la nostra vita>>.

La solitudine interiore, la solitudine creatrice, la solitudine dolorosa, sono alcuni aspetti tematici in cui si manifesta, nella nostra vita, l’esperienza radicale della solitudine. E le varie forme di “ritiro” si intrecciano e si separano nella vita di ogni giorno nelle esperienze della paura, del dolore, della felicità perduta, della vita mistica, ma anche nelle aree delle esperienze poetiche, della sofferenza psichica, della malattia e del mistero del vivere e del morire.

E credo sia normale e bello così: circondarsi di amici e persone care, saper far tesoro della ricchezza che gli amori e gli affetti ti donano, ma essere in grado di godere appieno del nostro ricorrente bisogno di solitudine. E di poter poi beneficiare della positività che da questo, possiamo trarne.

<<Di norma mio padre si alzava presto. Al mattino si alzava da solo, si sedeva e beveva il caffè prima che il resto della famiglia si svegliasse. Quelle erano le ore in cui pensava. Il suo momento di solitudine.

E qualunque fosse il problema, grande o piccolo, per quando gli altri si erano svegliati, lui aveva riflettuto al problema, finché non era più tale, ma solo un compito che bisognava svolgere>> (H. Robbins – “Ricordi di un altro giorno”)

di Riccardo Fiori

 

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