Giustizia: perplessità sulla relazione del Guardasigilli Orlando

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Il Guardasigilli Andrea Orlando ha rivendicato l’azione del governo nella sua relazione annuale alla Camera, in merito all’amministrazione della giustizia.

“Le inchieste dimostrano che la corruzione ha raggiunto dimensioni intollerabili anche per il frequente suo intreccio con le organizzazione di tipo mafioso. Questo ha effetti devastanti sul piano economico e per i cittadini”.

La sua affermazione sarebbe sensata, se non fosse che contemporaneamente si sia lanciato in una strenua difesa delle posizioni governative, su reati quali ad esempio il falso in bilancio.

Il sillogismo derivante da questa ovvia contraddizione è il seguente: poiché il falso in bilancio si sposa con l’ abitudine a dare e chiedere tangenti, la riduzione della sua punibilità, non rischia di riportarci indietro nel 2003, con le leggi ad personam (articolo 2621 del codice civile) introdotte da Berlusconi?

Secondo tale articolo, non è punibile il falso che non superi il 5% dell’utile di esercizio o l’1% del patrimonio netto.

Perché il governo ha chiesto di reintrodurre le soglie di punibilità, che erano scomparse grazie al decreto anticorruzione firmato da Piero Grasso?

La risposta che ha dato il ministro della giustizia Orlando, trova giustificazione nell’esigenza di snellire il lavoro dei tribunali, tutelando “le piccole imprese che possono anche non essere supportate da figure tecniche adeguate”.

Peccato però che tali soglie permetteranno alle grandi imprese di evadere cifre colossali e creare al contempo i soliti fondi neri, utili a pagare le tangenti su grandi opere e commesse. Il tutto ovviamente senza più correre rischi penali.

Il Guardasigilli tuttavia ha insistito sulla strada battuta, snocciolando una serie di cifre che evidenziano lo snellimento degli iter burocratici derivanti dalla sua politica “L’analisi dei fascicoli pendenti al a giugno 2014 indica una cifra di 4milioni 898 mila, con un calo del 6,7%: per la prima volta dal 2009 si scende sotto 5 milioni”.

Ma la vera novità annunciata con enfasi dal ministro riguarda la gestione dei fondi “strutturali” europei, coordinati per la prima volta dal Ministero di Giustizia.

Nella relazione ha pure parlato della riduzione degli uffici giudiziari, voluta a seguito della spending review del governo Monti.

Ha poi affrontato il tema della situazione del sovraffollamento carcerario, a seguito dell’applicazione del decreto “svuota carceri”. “Al 31 dicembre 2014 i detenuti presenti nelle carceri italiane erano 53.623, dato oramai stabilizzato da qualche mese. A dicembre del 2013 erano 62.536, mentre al momento della condanna da parte della Corte europea erano oltre 66.000 e nel corso del 2010 si erano registrate quasi 70.000 presenze. Contemporaneamente sono aumentate le misure alternative alla detenzione sino ad arrivare al 31 dicembre 2014 a 31.962”.

Sul fronte terrorismo si è posizionato a fianco del ministro degli Interni Angelino Alfano “La crescente minaccia del terrorismo pone obbligo di un rafforzamento degli strumenti di prevenzione e repressione”. E’ “ineludibile” -ha aggiunto-” introdurre nuove misure per rendere selettivi e stringenti i controlli sui materiali che potrebbero essere usati per attentati e sulle misure contro gli stranieri combattenti. Allo stesso modo sul piano della efficacia degli strumenti di repressione, appare ormai condivisa e matura l’idea di introdurre strumenti centralizzati di coordinamento delle investigazioni in materia di terrorismo. Credo, che sempre in quest’ottica vadano sfruttate al massimo le potenzialità che offre il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nello specifico l’articolo 86, che prevede la possibilità dell’istituzione della procura europea”.  

di Simona Mazza

 

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