COVID – 19: cosa c’è da sapere

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Il contagio da SARS – CoV – 2, che determina il COVID – 19, sta dilagando in tutto il mondo e ha costretto il governo italiano e quello di altre nazioni all’adozione di straordinarie misure limitative della libertà personale dei cittadini.

Le immagini che scorrono in televisione sono spesso molto forti: file di bare, città deserte, panico. A ciò si aggiunga il tam-tam dei social che amplifica le paure e contribuisce a dare credito anche a notizie palesemente false, le cosiddette “fake news”, o a notizie che, una volta verificate, offrono soluzioni differenti da quelle colte ictu oculi.

In questi giorni è stato diffuso un video Rai che ha fatto molto parlare di sé.

Nella puntata del 15.11.2015 del Tg Leonardo, basata su un articolo uscito su la rivista Nature, si parla chiaramente di una ricerca, da parte di alcuni scienziati cinesi, di un supervirus: “Un gruppo di ricercatori cinesi innesta una proteina presa dai pipistrelli sul virus della SARS, la polmonite acuta, ricavato da topi, e ne esce un supervirus (SHCO14) che potrebbe colpire l’uomo”.

Tutti noi abbiamo gridato al complotto: siamo di fronte ad un’arma biologica!

Sono arrivate molte autorevoli smentite, però, in primis dalla stessa rivista Nature con un articolo di quattro giorni fa (Andersen KG e altri, Nature Medicine 2020): il COVID -19 ha una sequenza genetica incompatibile con qualunque modificazione creata in laboratorio; ha origine naturale e zoonotica.

Arriva, dunque, da una Natura Matrigna.

L’etica di una scienza votata alla ricerca di potenziali distruttivi fa molto riflettere, ovviamente. L’OMS tiene un registro di tutti i laboratori che effettuano ricerche batteriologiche e virologiche proprio per esercitare un controllo etico, oltre che per coordinare le ricerche che vengono effettuate in altri laboratori.

E anche questo è un aspetto da non trascurare, poiché, se il COVID -19 non è il frutto della ricerca cinese del supervirus, è pur vero che una ricerca di questo tipo è stata fatta e, il fatto che la Natura sia arrivata per prima alle conclusioni letali, nulla toglie all’orrore che si prova di fronte a brillanti menti votate a creare supervirus invece che cure e vaccini.

Il bravo collega Maurizio Menicucci, nel servizio del Tg Leonardo, parla giustamente del mito di Icaro che muore per aver sfiorato il sole con le sue ali di cera, perché l’esperimento avrebbe confermato che l’ibrido creato in laboratorio era atto ad infettare l’uomo anche se in probabilità bassissime. 

Ma anche questo aspetto sembra oggi smentito, poiché, secondo quanto riporta Laura Bert del TG2 Salute, il Prof. Enrico Bucci, epidemiologo della Temple University di Philadelphia, ha in questi giorni affermato che il virus su cui stavano lavorando i cinesi nel 2015 non aveva alcun potenziale epidemico e che la ricerca era mirata a trovare farmaci contro la SARS.

Il Tg Leonardo, dunque, avrebbe frainteso la ricerca del 2015, poiché il primo dei problemi che venivano posti durante la trasmissione era proprio etico: “E’ un esperimento, certo, ma preoccupa tanti scienziati. […] Resta chiuso nei laboratori, ovvio; serve solo per motivi di studio, ma vale la pena correre il rischio? Creare una minaccia così grande solo per poterla esaminare?”.

È di ieri, comunque, l’interpello della Lega al ministro Di Maio affinché le Autorità cinesi chiariscano le origini del COVID – 19.

Intanto il mondo si è fermato. La capillare strategia di contagio ha varcato confini e latitudini.

Roberto Burioni, professore ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, nel suo libro “Virus. La grande sfida. Dal coronavirus alla peste” edito in questi giorni da Rizzoli afferma che l’unico modo per bloccare questo virus è la quarantena, una misura che si sarebbe dovuta prendere subito invece di favorire ulteriori contagi.

Per i profani della materia è difficile raccapezzarsi nell’immenso calderone di notizie e di allarmismi social. Proviamo a fare chiarezza con l’aiuto del Dott. Stefano De Porzi, colonnello medico (a.r.) dell’Aeronautica Militare.

Crediamo poco alle coincidenze e ci risulta difficile pensare che, in un quinquennio, un gruppo di cinesi abbia lavorato ad un supervirus senza riuscirci e, al contempo, senza alcuna contaminazione, la Natura abbia sviluppato quello stesso virus completando l’opera, ossia facendogli assumere proprio le caratteristiche che gli scienziati avrebbero voluto dargli. È scientificamente possibile che il virus su cui gli scienziati cinesi stavano lavorando nel 2015 sia inavvertitamente venuto a contatto con l’esterno del laboratorio e la Natura abbia fatto il resto?

È molto improbabile ma teoricamente possibile, perché i virus, in realtà, passano da organismo a organismo e, alcuni di essi, subiscono modifiche importanti; ma la verità non si saprà mai.

Perché questo virus è così pericoloso?

Il virus è un’entità che non è vita, perché porta, all’interno di una corteccia di proteine, zuccheri e grassi, un pezzo di codice genetico. È un paradosso della natura, in realtà, perché non è vita ma porta il seme della vita e diventa vitale nel momento in cui trova un ospite.

Il SARS – CoV – 2 è un virus mutevole: per quanto riguarda la trasmissione, infatti, presenta caratteristiche simili a quello influenzale, che, a sua volta, fa vittime ogni anno. Nel caso del SARS – CoV – 2, però, il contagio può avvenire anche attraverso soggetti asintomatici, il che amplifica la casistica. Inoltre, al contrario di altri virus che colpiscono l’apparato respiratorio, non si ferma nelle prime vie aeree, ma si annida negli alveoli polmonari e li infiamma gravemente.

Si resta immuni, una volta guariti?

Considerato che il virus muta, non sappiamo ancora se subentri un’immunità persistente.

Quindi la tanto decantata immunità di gregge, su cui l’Inghilterra sta facendo una clamorosa inversione di marcia e che, invece, il Messico sembra aver adottato, non è realistica.

L’immunità di gregge si può essere certi di ottenerla, e sarebbe il golden standard, con vaccinazione o con trasmissione interumana solo quando si abbia la certezza che gli anticorpi che noi produciamo siano realmente protettivi contro lo stesso virus. Però questa certezza per un virus novello non si può avere se non con studi retrospettivi. Poniamo il caso che si sparga il virus in tutta la popolazione aspettando l’immunità di gregge e, poi, si scopra che gli anticorpi formati non sono protettivi. In questo caso non ci sarebbe alcuna immunità…

… e resterebbe solo un gregge ammalato

Esatto. 

Parlando di immunità. Gira una leggenda: chi ha fatto il vaccino contro l’influenza potrebbe prendere il COVID – 19 in forma più lieve. È vero?

Assolutamente no, perché quel vaccino non ha niente a che fare con il SARS – CoV – 2, non crea anticorpi contro questo virus. Avvantaggia il paziente, però, perché, evitandogli di prendersi l’influenza stagionale, fa sì che il suo sistema immunitario non sia affaticato da altro. Quindi la risposta è migliore.

Ma la risposta del sistema immunitario potrebbe non essere quella giusta?

Tendenzialmente, in un individuo sano e giovane, l’infezione può essere superata con il comune paracetamolo e qualche giorno di febbre e tosse, ma dipende anche dall’esposizione. Si legge ovunque dei medici e degli infermieri colpiti dal virus nonostante l’equipaggiamento isolante. In verità, il personale sanitario subisce un’esposizione costante e violenta.

Comunque, sì: la risposta del sistema immunitario potrebbe non essere quella auspicata. Molti dei problemi legati all’aggravamento di alcuni soggetti non dipendono direttamente dal virus, bensì dalla risposta immunitaria. Il nostro sistema immunitario potrebbe reagire in modo violento contro il SARS – CoV – 2, iperattivandosi nel tentativo di aggredire il virus. In questo caso libera tutta una serie di sostanze, in particolare l’interleuchina 6, che attivano il processo infiammatorio, e che, soprattutto nei soggetti anziani, tendono a peggiorare la situazione clinica, creando i presupposti per una più grave insufficienza respiratoria, a volte associata ad insufficienza renale.

Tutto ciò ha portato alla sperimentazione di un anticorpo monoclonale, il Tocilizumab, utilizzato con successo per l’artrite reumatoide. Questo farmaco non è una cura antivirale diretta, ma modula la risposta immunitaria, evitando la sua iperattività.

C’è speranza di trovare un antivirale che possa fermare il COVID – 19 sul nascere? Si parla molto – sempre chiacchiere di social –   dell’Arbidol, commercializzato in alcuni Paesi, tra cui la Russia.

L’Arbidol è un antivirale utilizzato contro virus influenzali e risulta essere stato inizialmente testato anche in Cina sui pazienti COVID – 19, ma i risultati certi verranno evidenziati successivamente a sperimentazioni cliniche che si stanno effettuando anche in altri Paesi.

Comunque, si stanno facendo molti validi studi, sia sui trattamenti antivirali, sia sui vaccini e su strumenti in grado di abbreviare i tempi di diagnosi.

Nel frattempo, c’è difesa contro il COVID – 19?

Al momento, le uniche difese possibili sono la quarantena del soggetto positivo o supposto tale, il distanziamento sociale per tutti gli individui, anche in apparente buona salute, per evitare che il virus circoli liberamente e per evitare, altresì, un sovraccarico del sistema sanitario, e l’osservanza scrupolosa delle norme di prevenzione.

Questo particolare virus viene inattivato da sostanze quali sapone, soluzioni alcoliche e la candeggina diluita. Dunque, una corretta igiene delle mani e degli ambienti circostanti consente di eliminare il virus e dunque di prevenire il contagio.

La vexata quaestio dei tamponi a tutti o tamponi solo ad alcuni come si dirime?

La cosiddetta sorveglianza attiva massiva è sicuramente auspicabile sia per tenere sotto controllo gli asintomatici o coloro che ritengono di avere una semplice influenza, in quanto tracciare i positivi è cruciale per fermare l’epidemia, sia per effettuare una corretta statistica: nel fare il tampone solo a malati in fase conclamata viziamo la statistica, poiché la percentuale di letalità diventa elevata.

E le famigerate mascherine, che non si trovano da nessuna parte?

Servono agli infetti, a coloro che sono sospettati di esserlo, a chi li assiste, e a chi presta un servizio a contatto con il pubblico. In tutti gli altri casi le mascherine danno una protezione molto relativa, mentre è imperativo mantenere la distanza sociale di almeno un metro e seguire le norme di prevenzione.

Che sia costruito in laboratorio o frutto di una Natura Matrigna, il virus si comporta come un’arma di distruzione di massa. Al di là del danno fisico, qual è l’impatto psicologico sulla popolazione? 

In una fase iniziale, si può assistere ad una duplice ed opposta reazione: la negazione, che è un tipico meccanismo di difesa di fronte a stimoli troppo invasivi, e l’ansia.

Nella potenziale esposizione ad un processo letale come quello epidemico, l’ansia può trasformarsi in vera e propria angoscia, con disturbi del tono dell’umore. 

Alcuni perdono l’attenzione per le attività ordinarie della vita, anche quelle rilassanti come leggere un libro, vedere un film; attività che, prima dell’epidemia, praticavano e per le quali speravano di avere più tempo. Iniziano a trascurare qualunque attività che non sia direttamente connessa con la situazione emergenziale: accaparrano generi alimentari e farmaci; leggono esclusivamente notizie relative al virus, ascoltano solo trasmissioni in cui se ne parla, si rendono veicoli di messaggi perentori, trasformandosi in longa manus dell’Autorità. A stento trovano la bellezza nella vita, in ciò anche aiutati da chi dell’epidemia offre solo notizie drammatiche e deprimenti. Non bisogna celare le notizie drammatiche, ma bisogna anche fornire dati realistici e positivi, onde evitare che, dall’angoscia, questi soggetti passino alla deflessione del tono dell’umore.

Nei giorni scorsi sono stati moltissimi gli attacchi sui social diretti ai runners, a quelli che portavano a spasso il cane, a chi cercava escamotage per uscire di casa. Longa manus dell’Autorità?

Nel caso del contagio virale c’è un aspetto peculiare che massimizza la risposta ansiogena: l’isolamento. A differenza di qualunque altro nemico, che favorisce l’aggregazione, in questo caso siamo isolati, non possiamo contare sugli altri, ci sentiamo più vulnerabili e questo può produrre l’insorgere di sentimenti ostili verso un soggetto individuato come portatore del male. Inizialmente erano i cinesi, poi i runners, o il vicino di casa che non indossa la mascherina. È importante che le persone tengano presente che la situazione è transitoria e che individuare capri espiatori non serve a nulla.

Stare a casa, al momento, è la strategia migliore anche per gli sportivi, ovviamente. È chiaro, però, che camminare e respirare aria non viziata può solo fare bene. Il moto attiva energie immunitarie che la stasi debilita. In questo momento bisogna cercare di mediare tra diverse esigenze.

Grazie per i chiarimenti.

Ricordiamoci di stare a casa, ma di non condannare l’aria che si respira fuori, o chi ne prende un po’ in solitudine; di cantare, ma di non perdere il contatto con la realtà; di osservare le norme, ma di non dimenticare di arrabbiarci, se serve e quando serve, anche contro il sistema. È l’insieme di quello che siamo a mantenerci vivi.

Foto di Helena Jankovičová Kováčová da Pixabay

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