Nella tarda serata di ieri, il Consiglio dei ministri ha adottato il Documento di economia e finanza (Def) 2019-2021, presentato dal Ministro dell’Economia Giovanni Tria. Si tratta, in realtà, della modifica del documento licenziato lo scorso aprile dal governo Gentiloni, con un incremento della spesa in deficit dallo 0,8 al 2,4%. Ciò significa che, per finanziare la manovra il governo, dovrà triplicare l’indebitamento annuale previsto dal precedente governo, con il conseguente incremento dell’indebitamento storico dello Stato, attualmente al 131% del PIL.
Consiglio dei ministri preceduto da una riunione propedeutica dei principali attori
Il Consiglio dei ministri di ieri è stato preceduto da una riunione propedeutica tra il presidente del Consiglio Conte, i due vicepresidenti Salvini e Di Maio, il ministro Tria e quello senza portafoglio con delega agli “affari europei”, Paolo Savona. Prima di tale riunione, il ministro Tria era assolutamente contrario a incrementare la quota del deficit annuo oltre l’1,6%. Il suo ragionamento era quello di vincolare la spesa in deficit all’incremento annuo del PIL. Poiché nel 2017 tale incremento è stato proprio dell’1,6%, il Def non avrebbe contribuito a modificare il rapporto deficit PIL oltre i livelli attuali.
In realtà, la tendenza dei primi sei mesi del 2018, in base ai dati ISTAT, indicherebbe un decremento della crescita economica italiana che non supererebbe, a fine anno, l’1,1%, e tale circostanza avrebbe comunque fatto “sballare” anche i prudenti conti del responsabile del dicastero di Via XX settembre. La frattura tra il ministro e gli azionisti di maggioranza del governo Conte, cioè i due vicepresidenti del consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, si è però consumata in quanto, in base ai conti di Tria, sarebbero mancati circa 8 miliardi l’anno per finanziare gran parte degli interventi contenuti nel “contratto di governo” del maggio scorso.
Sarà stata la presenza ieri del quasi ottantaduenne Paolo Savona – già ministro dell’economia designato inizialmente da Conte o da chi per lui – o le pressioni del Presidente della Repubblica, date per certe dal Corriere della Sera di oggi, fatto sta che, al termine della riunione propedeutica a quella plenaria, Tria si è dichiarato disponibile ad accogliere tutte le richieste di incremento della spesa in deficit sino alla soglia voluta dai due vicepresidenti.
I contenuti del Def
La proposta di Def – che dovrà comunque essere approvata – dal Parlamento confermerebbe la sterilizzazione dell’aumento dell’IVA, già approvata dal governo Gentiloni e un incremento della spesa per investimenti, fiore all’occhiello del ministro Tria. Soprattutto, il documento avvia le principali misure volute da Salvini e Di Maio, quali, in primis, la riforma del l’età pensionabile. Sarà infatti introdotta quota 100, costituita dalla somma tra l’età del lavoratore e gli anni di contributi versati; ne potrà beneficiare chi ha raggiunto i 62 anni di età ma con riduzione dell’assegno mensile in base a coefficienti da definire. In ogni caso, gli anni di contribuzione minima, dal 2019, scenderebbero da 43 e 3 mesi (Legge Fornero) a 41 e mezzo. Le pensioni minime saranno integrate a 780 euro mensili.
Al 2020 è rimandato il percorso della “flat tax”, cioè la riduzione delle aliquote delle imposte da cinque a tre, per poi giungere a due, a fine legislatura. A regime, i redditi fino a 75 mila euro saranno tassati al 23%, quelli superiori al 33%. Per la corresponsione del “reddito di cittadinanza” – un assegno per una platea di quattro milioni di inoccupati che si dovranno impegnare a cercare lavoro – invece, è previsto un periodo transitorio di almeno sei mesi per adeguare e rafforzare i centri per l’impiego.
Conti senza gli osti
Tutto ciò, se ci sarà il “viatico” della Commissione europea, con la quale lo Stato italiano ha stipulato un accordo in materia (fiscal compact), ratificato dal Parlamento e inserito nella Costituzione e che, in precedenza, Tria aveva rassicurato impegnandosi a non sforare l’1,6% annuo.
Indipendentemente dalle considerazioni della Commissione europea, Piazza Affari ha già bocciato la manovra, bruciando in poche ore ben 27 miliardi di investimenti dei cittadini e chiudendo a – 3,7% rispetto a ieri. Nel frattempo, lo spread è tornato a salire, sforando i 260 punti.
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