Coronavirus e capitalismo digitale

La recessione economica mette a rischio migliaia di imprese e può comportare ingerenze di mercato da parte dei colossi che governano internet. Il parere del sociologo Evgenij Morozov al Master di Intelligence.

L’emergenza coronavirus ha creato uno scenario senza precedenti. Un “nemico silenzioso” è entrato, senza invito, dentro le case di tutti gli abitanti italiani e più in generale nel mondo. Gli effetti del contagio non sono però altrettanto taciti e si riversano sull’intera sfera sociale ed economica del nostro paese. Il risultato è che, oggi, in occidente più di mezzo miliardo di persone si trova privata delle libertà sociali basilari mentre sempre più nazioni ricorrono al tentativo dell’isolamento forzato per ridurre i contagi.

Secondo la stima dell’Ufficio Parlamentare di bilancio, assisteremo a una discesa del Prodotto Interno Lordo del 6,5% nel 2020 e il debito pubblico italiano, che all’inizio di gennaio toccava quota 2.443 miliardi, salirà oltre 150% del PIL. Il rischio del default finanziario è aggravato dall’incertezza della durata della pandemia, poiché, con una visione ottimistica, se l’emergenza dovesse finire in Italia nel breve termine ciò potrebbe non essere lo stesso anche negli altri paesi, dove il picco dei contagi, inizialmente basso o per lo meno stabile, potrebbe subire improvvisi aumenti anche nel medio-lungo periodo. Si creerebbe così un effetto differito delle emergenze: laddove un paese esce dalla crisi, un’altro vi entra, precludendo le possibilità di export.

Lo scenario complessivo comporta il verosimile rischio di una recessione economica del singolo paese e, nel caso peggiore, di una depressione globale per molto tempo ancora. Mentre il Governo studia piani di emergenza e manovre speciali, le aziende di ogni settore devono far fronte alla perdita di introiti, molte di esse stanno già riducendo la loro operatività e prevedono tagli del personale.

L’impatto della pandemia sta già colpendo pesantemente il comparto del turismo che genera circa il 12% del PIL italiano con un giro d’affari di 146 miliardi di Euro all’anno. Fa tremare gli operatori del settore, obbligati ad assistere alle gravi ricadute per l’annullamento delle settimane bianche e delle vacanze nel periodo di Pasqua, ma potrebbe essere compromessa anche l’intera stagione estiva. Assoturismo, associazione composta da imprese e federazioni che operano nel comparto, ha stimato 260 milioni di presenze turistiche in meno, annientando di colpo le performance di 60 anni di boom turistico nel Bel Paese. Il presidente, Vittorio Messina, afferma che nel migliore dei casi la ripresa non avverrà prima del 2021.

Altre attività commerciali, che lavorano a contatto diretto con il pubblico, come bar, ristoranti e negozi, sono e saranno le prime a correre il rischio di piegarsi per la crisi. Sia dal punto di vista economico, sia da quello sociale, si assisterà ad una radicale trasformazione delle abitudini personali e familiari. È chiaro come la vita delle persone sia stata sconvolta ed è inutile darsi una scadenza temporale per il ritorno alla presunta normalità.

Secondo Gordon Lichfield, direttore di MIT Technology Review (il magazine dell’università del Massachusetts Institute of Technology) ci vorrà molto tempo per la ripresa. Quando l’Italia, con il resto del mondo riaprirà porte e finestre, la “convalescenza” sarà dettata da chi saprà interpretare i cambiamenti sociali e darà risposta alle nuove abitudini dei consumatori. 

Un ruolo fondamentale sarà giocato dalle imprese più digitalizzate, e dall’e-commerce, unico medium attualmente disponibile per acquistare ciò che non si trova nel nostro circondario. Per il tipo di economia “rinchiusa”, che si verrà a creare, internet e le attività economiche digitali saranno una risposta alle esigenze dei consumatori ma, allo stesso tempo, si metterà in crisi il sistema obsoleto e sarà il taglio finale per tutte le altre attività e imprese meno sviluppate digitalmente. In aggiunta si corre il rischio che i colossi aziendali che dispongono di grandi finanziamenti e potente tecnologia possano far man bassa in un mercato finanziario con prezzi al ribasso.

Il sociologo Evgenij Morozov, esperto di analisi sul potere digitale

Per entrare nel merito della nuova problematica, ci siamo rivolti all’Università d’Intelligence della Calabria, che da più di vent’anni si occupa di formare analisti del rischio avvalendosi di esperti di fama internazionale.

Il sociologo bielorusso e saggista, Evgenij Morozov, ha tenuto una lezione in videoconferenza al Master in Intelligence, diretto da Mario Caligiuri. Ha spiegato come funziona il capitalismo digitale, che si basa sullo sfruttamento dei dati, e approfondito il ruolo dell’intelligenza artificiale in uno scenario simile a quello di una nuova “guerra” commerciale tra le superpotenze USA e CINA.

Per il docente, le conseguenze della pandemia  potrebbero essere una minaccia nel rapporto tra gli stati e quelle aziende digitali che potrebbero ottenere una forte supremazia.

“Se lasciamo tutto nelle mani delle piattaforme digitali dei privati, che rappresentano il più decisivo elemento di sviluppo economico di questo tempo- precisa l’analista- tra pochi anni le multinazionali di internet potranno prevalere sulla politica, gestendo direttamente servizi pubblici come la sanità, i trasporti e l’educazione. Già, oggi, intere zone di Smart City come Toronto, sono realizzate con l’apporto determinante di Google e, di conseguenza, con diminuzione della privacy. Questo è il motivo- spiega Morozov- che spinge la popolazione canadese a contestare, poiché delegare ai colossi del digitale anche il controllo di apparati delle istituzioni significa mettere a repentaglio la democrazia”.

Come descritto nel libro di Zuboff “Il capitalismo della sorveglianza” si corre il rischio dell’utilizzo di dati personali per orientare il comportamento umano utilizzando varie tecniche psicologiche, ma va evidenziato che vi sono valide alternative sul modo di utilizzare l’intelligenza artificiale. La più efficace per l’Europa, secondo il sociologo, sarebbe quella di creare una grande struttura pubblica, con infrastrutture tecnologiche all’avanguardia,  controllata dalla rappresentanza parlamentare. Una logica alternativa per non cadere nelle mani di multinazionali che adottano un “capitalismo digitale” che punta solamente al profitto. 

Secondo il docente “sarebbe interessante vedere come l’intelligenza artificiale può essere applicata sia per l’analisi dei dati della diffusione della malattia, sia per la creazione di un vaccino. Nelle prossime settimane i Big Tech potrebbero intervenire direttamente nelle vicende del Covid-19 elaborando nuovi programmi e piattaforme per l’analisi del rischio. Applicazioni per il monitoraggio dei cittadini sono allo studio dei servizi di intelligence in tutto il mondo. Ad esempio in Israele, con la collaborazione del Mossad, è già stato attivato un sistema di controllo e prevenzione utilizzando tracciati dai telefonini. 

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