Continua la festa: è il giorno di Mainetti, Abrahmson e Jude Law

LCJR_DSC_9469-1Secondo giorno alla Festa del cinema di Roma. Si comincia con il film di Gabriele Mainetti, attore e produttore romano classe 1976, che presenta “Lo chiamavano Jeeg Robot” con Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli. La storia è quella di un delinquente, Enzo Ceccotti, che si aggira per Tor Bella Monaca e scopre di avere dei super poteri. Il regista, in conferenza stampa, racconta che il soggetto del film era già pronto cinque anni fa e di aver provato a lungo a trovare produttori che si entusiasmassero al progetto. Alla fine ha deciso di farlo da solo: “Prodursi da soli un film è molto faticoso, ma almeno lascia liberi di creare”, anche se “ci sono voluti tre anni e una buona dose di incoscienza”.

Una favola metropolitana originale. Non si era mai visto in Italia un film fumettistico, pur restando nella sceneggiatura assolutamente un “film italiano”, anzi: romano. Molto ben scritto da Nicola Guaglianone e Menotti (fumettista), “Lo chiamavano Jeek Robot” è un film divertente e moderno che non vuole essere nient’altro che una storia d’amore raccontata con un nuovo registro. Mainetti, che in conferenza stampa ha voluto ricordare e condividere il consiglio di Silvano Agosti (quando fai un film, non ammorbare il pubblico per due ore con i fatti tuoi) non solo non ha annoiato ma ha dimostrato che anche in Italia, senza la spocchia da presunto sperimentatore o intellettuale, realizzare qualcosa di stilisticamente diverso è possibile. LCJR_DSC_0013-1

Prima proiezione italiana per un altro bellissimo film, “Room” di Lenny Abrahmson. Vincitore del premio del pubblico al recente Toronto Film Festival il film è la storia dell’amore sconfinato tra una madre e suo figlio. Costretti a vivere lei per sette anni, lui da sempre in dieci metri quadrati, Abrahmson affronta i disagi e le difficoltà di “apririsi” alla realtà. Ma’ (la madre) crea per Jack (il figlio) uno spazio mentale che sconfina in quello fisico: un mondo a due dimensioni, un mondo in cui esistono loro due e poi armadio, sedia 1, sedia 2, lavandino, letto, lucernario.  In cui non esistono altri umani.  E le foglie, l’oceano e gli squali non sono reali.  Ci sono solo loro due, e Old Nick che porta loro da mangiare e poi chiude la porta con un codice. LCJR_DSC_2351

Un inizio claustrofobico per un film che dalla seconda parte invece si perde in quel mondo che Jack vede per la prima volta. Ma’ si deve abituare a nuova realtà che non riconosce più, affrontare il senso di colpa, lo smarrimento. Suo figlio, dai capelli lunghi come Sansone, deve invece prima ancora imparare a conoscerla. Una forte tensione emotiva ed espressiva per un film che racconta una storia attuale senza mai veramente affrontarla.  Il rapimento, l’aguzzino, la giustizia, gli assalti mediatici.  Il regista usa questi temi solo come cornice per descriverci la forza del rapporto tra una madre e suo figlio e di come insieme riescono a costruirsi la loro vita parallela. Uno strepitoso per quanto giovane attore, Jacob Tremblay, rende il racconto ancora più coinvolgente tanto che è impossibile trattenere le lacrime. Brie Larson, californiana del 1989, è sicuramente tra le scoperte più interessanti di questa decima edizione della Festa del Cinema di Roma. Tra le “stanze” dell’Auditorium del Parco della Musica, “Room” è un film che ha convinto sia il pubblico che la stampa, ma siamo solo al secondo giorno e molte cose devono ancora succedere.

di Patrizia Angona

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