Chiusura ILVA. “Malattia e morte per la logica del profitto”

Stabilimento-Ilva

«Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza». È quanto ha scritto il Gip di Taranto Patrizia Todisco motivando la chiusura dei sei impianti che compongono l’area a caldo dell’Ilva.

Secondo Todisco le acciaierie sono state causa di “malattia e morte” e continuano a esserlo. A supporto della sua decisione due perizie, una chimica e l’altra medico-epidemiologica, richieste lo scorso novembre dallo stesso magistrato per accertare se dalle acciaierie si diffondono gas, vapori e polveri dannosi per la salute dei lavoratori e della popolazione.

Città divisa fra salute e lavoro. La decisione ha ricevuto reazioni contrastanti in città. La chiusura degli stabilimenti (che richiederà alcune settimane per i tempi tecnici necessari allo spegnimento degli impianti) ha scatenato le proteste di lavoratori e sindacati perché, sostengono, la chiusura dell’area a caldo, in una fabbrica a ciclo integrato, significa decretare la fine dell’Ilva. I sindacati Fiom, Fim e Uilm hanno dichiarato sciopero a oltranza e da questa mattina sono in corso manifestazioni davanti agli stabilimenti e nel resto della città, con blocchi stradali sulle principali vie d’accesso a Taranto.

Se da una parte c’è chi plaude alla chiusura mettendo davanti a tutto la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini dall’altra si scatena la rabbia degli operai che temono di perdere il proprio lavoro.

Le motivazioni. A seguito dell’incidente probatorio chiuso il 31 marzo il Gip ieri ha firmato due ordinanze. Nella prima dispone il sequestro senza facoltà d’uso – quindi immediato – dell’area a caldo, comprendente sei impianti in cui lavorano circa 5.000 operai su 11.571: parchi minerali, cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi.

I risultati delle perizie hanno dimostrato, scrive ancora Todisco, che gli impianti dell’Ilva diffondono nell’ambiente sostanze nocive con impatti devastanti sulla popolazione. Nell’ordinanza si legge che sono stati riscontrati «eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali, per singoli tumori e per importanti patologie non tumorali, quali le malattie del sistema circolatorio, del sistema respiratorio e dell’apparato digerente, prefigurando quindi un quadro di mortalità molto critico». E si registra anche la crescita dei tumori in età pediatrica.

Gli arresti. Nella seconda ordinanza il Gip ha ordinato l’arresto di otto persone, messe agli arresti domiciliari. Si tratta di: Emilio Riva, patron delle acciaierie e presidente fino al maggio 2010; il figlio Nicola Riva, presidente dell’Ilva fino a due settimane fa; Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento tarantino; Ivan Di Maggio, il dirigente capo del reparto cokerie; Angelo Cavallo, il responsabile dell’area agglomerato; Marco Andelmi, capo area parchi; Salvatore De Felice, capo area altoforno; Salvatore D’Alo, capo area acciaieria 1 e 2 e capo area Crf.

Il Governo: l’Ilva non chiuderà. Intanto il Ministro dell’Ambiente Clini ha assicurato che l’Ilva non chiuderà. Insieme a Ministero dello Sviluppo e della Coesione sociale, Regione Puglia, sindacati e Confindustria è stato firmato un protocollo per la bonifica dell’area, con uno stanziamento di 336 milioni di euro.

Stefano Di Paolo

Foto: direttanews.it

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