Brexit, Trump, referendum: come votano le “pance” dei paesi

Republican U.S. presidential candidate Donald Trump gestures during a campaign rally in Tampa, FloridaContrariamente a tutti i pronostici – se si escludono quelli di pochissimi osservatori smaliziati – Donald Trump è diventato il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, sconfiggendo la democratica Hillary Clinton con un margine di voti elettorali non trascendentale ma netto e, soprattutto, grazie al voto ottenuto in alcuni Stati economicamente “maturi”, tradizionalmente bacino di voti del partito avversario.

“Populista” è stato l’aggettivo con i quali i mass-media hanno battezzato, in campagna elettorale, il raffazzonato programma elettorale e gli atteggiamenti del candidato poi risultato vincitore, così come “populisti” erano stati indicati i sostenitori della “brexit”, vincitori nel referendum del giugno scorso sulla permanenza del Regno Unito nella UE, il partito di Beppe Grillo, in Italia e i “podemos” in Spagna.

Trump è stato anche dipinto come uomo di ultra-destra, per le sue uscite contro gli immigrati, gli islamici, la globalizzazione e i toni isolazionisti, così come di ultra-destra sono una serie di partiti che, a partire dall’anno di crisi 2008, stanno mietendo consensi in lungo e in largo per l’Europa, come il Fronte Nazionale di Marine Le Pen (Francia), Alternative fuer Deutschland di Frauke Petry (Germania), l’FPOE di Norbert Hofer (Austria) e il partito del premier Orban, in Ungheria.

Un consenso, quello dei partiti populisti e di ultra-destra, che si allarga, nel mondo occidentale e che, ogni volta, fa scrivere o pronunciare sui mass-media: «Ha votato la pancia del paese». Sarebbe allora il caso di capire, prima che sia troppo tardi, come reagisce e come votano le “pance dei paesi”, anche perché – parafrasando un noto detto – in democrazia, ogni pancia vale un voto.

Stati Uniti

Agli occhi degli europei, la Presidenza Obama è stata altamente positiva: ha superato la crisi bancaria del 2007-2008, con interventi a carico dello Stato (come si vorrebbe che facessero i governi europei), ha esteso l’assistenza sanitaria alla maggior parte della popolazione indigente, ha “archiviato” la guerra in Afghanistan, eliminando fisicamente Bin Laden. A quanto pare, la “pancia” degli americani la pensa diversamente. Perché?

Il motivo è che, in America, come nel resto del mondo occidentale, la popolazione indigente non rappresenta più la maggioranza della popolazione. La maggioranza è oggi rappresentata dalla middle class, che vede le banche come il fumo negli occhi, perché non si fanno scrupolo di ipotecargli e di sottrargli le abitazioni e la proprietà, in caso di insolvenza creditizia; che vede in pericolo la sicurezza del proprio orticello dall’avanzare dell’immigrazione latino-americana, molto più pericolosa – a quanto pare – della mafia italo-americana degli anni trenta o quaranta e della malavita afro-americana; che, spesso, ha perso un lavoro sicuro per la concorrenza aggressiva delle industrie manifatturiere cinesi che – guarda caso – sono entrate nel mercato mondiale quando Bill Clinton, nel 2000, ha favorito l’ingresso della Cina nel WTO.

Forse, è stato proprio quest’ultimo fattore che ha sottratto a Hillary Clinton il voto degli Stati industrializzati, tradizionali roccaforti del Partito democratico. Insomma, negli USA, la “pancia” si è dimostrata antidemocratica, agli occhi di chi intende la democrazia come politica a favore delle categorie più indigenti, per il semplice motivo che, oggi, tali categorie non sono più numericamente in grado di condizionare il voto presidenziale, come è successo soltanto otto anni fa. E, “antidemocraticamente”, la pancia ha votato Trump.

Europa

Se, in America, la maggior parte della popolazione ha conseguito, a partire dagli anni ottanta, un livello economico benestante e vede minacciato il proprio tenore di vita, l’Europa non è da meno. Anche nel vecchio continente, la crisi economica ha sottratto gran parte della sicurezza nella classe media, ormai largamente maggioritaria, con il concorso del fattore immigrazione che, nel vecchio continente, è rappresentata da popolazioni ed etnie culturalmente molto più distanti dai costumi europei rispetto all’immigrazione latino-americana, in USA e, in aggiunta, additate come focolaio di attentati terroristici.

Qui, sono le misure economiche dell’Unione europea a risultare “indigeste” alla pancia degli elettori delle classi medie europee. Perché impongono agli Stati alte tassazioni, per conseguire il pareggio di bilancio e bassi tassi di remunerazione dei titoli di Stato – che, sino a pochi anni fa rappresentavano uno degli investimenti più sicuri per il risparmio di lavoratori e famiglie – per mantenere velleitariamente alto il valore dell’euro.

Ecco che i partiti “populisti” e dell’ultra-destra nazionalista e xenofoba tuonano contro immigrazione ed Unione europea, riscuotendo, anche qui, il voto delle classi medie, come si è visto in Gran Bretagna, in occasione del referendum per la “brexit”.

Italia

Anche in Italia, già all’inizio degli anni ottanta, la classe operaia è andata in paradiso (parafrasando il titolo di una nota pellicola cinematografica) e i populismi, forse, hanno fatto presa già da allora. Si è avuta, così, il sorgere della “Lega Nord”, xenofoba e secessionista, i trionfi del berlusconismo (padre spirituale del “trumpismo” e il movimento Cinque stelle del comico Beppe Grillo. A ben guardare, è un populismo anche l’insistere con la “rottamazione” su tutto e su “di più” sbandierata da Matteo Renzi e che ha consentito la sua scalata al potere all’interno del PD e alla Presidenza del Consiglio.

A poche settimane dal referendum, Renzi – a nostro parere – ha una sola chance di vittoria, ma forse è già troppo tardi: imporre il “si” come una “rottamazione” del passato, a cui si oppongono tutti gli altri “che dicono sempre di no”. Purtroppo per lui, gli stimoli della “pancia” del paese che lo avevano indotto ad avviare la riforma costituzionale che sarà sottoposta al voto referendario del prossimo 4 dicembre, non sono più gli stessi.

Oggi, i mal di pancia della maggioranza degli italiani sono rappresentati dal livello della tassazione, che non tende a scendere; dall’invasione degli immigrati, che sembrano monopolizzare gli interventi sociali governativi e introducono modi di vita e culture destabilizzanti, per la mentalità della classe media italica; per il valore dei beni di rifugio dei risparmi di una vita (abitazione e conti correnti bancari) che sono scesi a livello preoccupante. Con tutto ciò, votare “sì” al referendum “che ci azzecca”?

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