Borgio Verezzi e l’estate teatrale 2019

Monica Guerritore

La 53ma edizione del Festival Teatrale di Borgio Verezzi avrà luogo dal 6 luglio al 20 agosto. La conferenza stampa, come tradizione, si è svolta a Roma nei magnifici locali della banca Passadore di piazza Montecitorio.

Con un cartellone ricco di bei testi e di grandi personalità del teatro, il Festival di Borgio Verezzi si conferma anche quest’anno una vetrina importantissima per il teatro contemporaneo. Su undici spettacoli, nove saranno prime nazionali. Sono numeri che danno la misura di quanto questo Festival tasti il polso teatrale italiano e costituisca un appuntamento da non perdere, sia per gli artisti, sia per il pubblico. C’è molto lavoro dietro un’organizzazione del genere; e, soprattutto, c’è Stefano Delfino, Direttore Artistico, con la sua immensa passione per il teatro, il suo buon gusto, il suo impegno, il suo desiderio di riportare il palcoscenico tra la gente, soprattutto tra i giovani.

La location, poi, ha un fascino affatto peculiare. Borgio Verezzi è una perla. Gli spettacoli si terranno in piazza S. Agostino, una bomboniera affacciata sul mare, e nelle Grotte, che, da affascinante percorso speleologico, ad agosto si trasformano in un “antro teatrale” molto suggestivo.

Tanti gli artisti intervenuti a presentare i loro spettacoli.

Una delle prime nazionali è L’anima buona di Sezuan, in scena da giovedì 11 luglio a sabato 13. Un bellissimo e impegnativo testo di Bertold Brecht, prodotto da La contrada Teatro Stabile di Trieste, presente alla conferenza con la deliziosa Livia Amabilino, e ABC Produzioni. Della eterna lotta tra Bene e Male, Brecht, in questo testo, coglie aspetti onirici, spirituali ma anche concreti. C’è un’inquietudine tutta contemporanea nel sentimento visto allo specchio, nel segno del doppio, che non è mai solo luce o solo tenebre, nella cattiveria come possibile difesa. Giorgio Strehler, del cui grandioso allestimento scenico si avvale anche questa produzione, la definì una parabola drammatica inserita in un mondo che è sempre lo stesso, in ogni epoca, dove la bontà diventa eccezionale e dove trova sempre più spazio la schizofrenia sociale.

Protagonista è Monica Guerritore. Elegante, sempre sorridente, priva di qualsiasi connotazione di scostante divismo. Donna e Attrice, parole da scrivere rigorosamente con la maiuscola, quando si tratta di lei. Ogni volta che vado ad applaudirla, non posso non tornare con la mente ad un ricordo personale. Dodici anni fa, durante la presentazione di un mio libro, ebbi il privilegio di una sua lettura. Ricordo chiaramente la grande emozione che provai scoprendo che quei miei personaggi, quelle mie parole avevano una vita che non conoscevo neppure io, avevano un’anima, una voce ricca di sentimenti. Magia di una grande interprete.

De L’Anima buona buona di Sezuan, la Guerritore parla come di un amore ritrovato. Questo testo la folgorò sin dalla prima volta in cui lo vide rappresentato, nel 1981, con la regia di Strehler. “Sono emozionata di tuffarmi dentro i quaderni che hanno accompagnato Strehler nella sua messa in scena …” afferma. È uno spettacolo nello spettacolo. I personaggi, prosegue a dire la Guerritore, prendono vita in un “mondo che non c’è, che vive di luce diretta e di riflessi; un mondo pieno d’acqua, in una giornata che è il tempo assoluto”.

Il 17 e il 18 luglio è la volta di un testo contemporaneo che promette d’essere molto intrigante, Sherlock Holmes e i delitti di Jack lo Squartatore, di Helen Salfas. È un noir che porta sul palcoscenico le atmosfere notturne e misteriose dell’epoca vittoriana, quando i delitti di Jack lo Squartatore facevano tristemente parte della vita londinese, mettendo in scacco la polizia.

Giorgio Luponio e Rocio Muñoz Morales, due dei protagonisti, hanno sottolineato la novità di portare a teatro il personaggio di Conan Doyle e la speranza di avvicinare i giovani al teatro anche attraverso opere come questa, nelle quali prevale una componente di azione, di mistero, di delitto.

Il 22 ed il 23 luglio anche Pirandello approda nella bella Borgio con Liolà, la favola campestre, picaresca e piccante di un rubacuori, dei suoi figli, delle donne che gli gravitano attorno e di un uomo gabbato.

L’adattamento e la regia sono del bravissimo Francesco Bellomo, il quale ha condiviso con noi giornalisti alcune delle sue novità: sarà un Liolà ambientato alla fine della seconda guerra mondiale, in un paese vicino a quella Girgenti che ha dato i natali a Pirandello ma anche a Bellomo, suo grande estimatore, e profondo conoscitore.

La natura dei personaggi viene un po’ ridisegnata. Mita è icona di una donna bieca, negativa; l’attenzione è focalizzata prevalentemente sull’interesse che domina le sue azioni. Liolà, invece, è un eroe, un piccolo eroe positivo. Bellomo l’ha arricchito con gli spunti che di questo personaggio ha colto nella novella Mosca e ne Il Fu Mattia Pascal: “Liolà è la più alta forma della forza e dell’allegria pirandelliana”, afferma. Quanto al dialetto, ha optato per la “sicilianizzazione dell’italiano”, mantenendo un mero accento nei giovani ed un dialetto un po’ più marcato negli anziani, come sempre accade nella realtà dialettale. Tra gli attori, tutti siciliani, anche una signora del teatro, Anna Malvica, che ha recitato nella compagnia del teatro stabile di Catania per oltre quarant’anni.

Enzo Iacchetti, al centro nella foto, con Pino Quartullo a destra

Il 27 e il 28 luglio, il palcoscenico di piazza S. Agostino si allunga oltre il mare, anzi oltre l’oceano, con Hollywood Burger di Roberto Cavosi, interpretato da Pino Quartullo, che ne cura anche la regia, Enzo Iacchetti e Fausto Caroli. È una divertente pièce ambientata in una mensa americana per artisti, che si vocifera frequentata anche da Jack Nicholson. E i protagonisti, due attori segnati da una sorte perfida e irridente, che li vede recitare in molti film di successo, ma sempre in scene tagliate in fase di montaggio, lo attendono fiduciosi. Il loro personale Godot. Nel frattempo ripercorrono le tappe del cinema d’oro americano e nel farlo continuano a mettere salse sull’hamburger che hanno davanti, senza mai mangiarlo, quasi a volergli dare sapore a tutti i costi, come accade, in parte, con la vita, di cui quella carne fredda e immangiabile è un’icona. Ed ecco che la commedia assume un aspetto meno comico, più meditativo. “Questi personaggi hanno un grande spessore drammatico, nella loro comicità” spiega Quartullo.

Stefano Delfino ha sempre un occhio attento per le belle commedie, per i testi che coniugano sorriso e riflessione, divertimento e filosofia. Lo conferma la scelta di Hollywood Burger. Pino Quartullo, con la travolgente ironia che lo contraddistingue, ha detto che festival del teatro come quello di Borgio Verezzi, nei quali trovano spazio anche nuovi testi, nuove voci della drammaturgia, devono essere protetti, come la foca monaca. Ha suscitato il sorriso ma anche l’approvazione di tutti.

E le risate d’autore proseguono, ad agosto, anche con Se devi dire una bugia dilla grossa, storica commedia di Cooney, qui diretta da Gianluca Guidi, con una spumeggiante, bellissima Paola Quattrini accanto ad Antonio Catania e a Gianluca Ramazzotti. Fu Garinei a portare al successo questa commedia, come ricorda affettuosamente Paola Quattrini (foto sotto).

È un testo in cui si sono cimentati molti attori, il fior fiore degli interpreti dotati anche di vis comica. Due fra tutti, come viene giustamente sottolineato: Johnny Dorelli e Gianfranco Jannuzzo.

Ha i ritmi serrati della pochade; sotto il profilo della comicità è una “bomba ad orologeria”, come la definisce Guidi: porte che si aprono, porte che si chiudono, o, meglio, scene che girano, che si alternano, generando situazioni, entrando a far parte della storia, della vita dei protagonisti.

Gianluca Guidi, figlio d’arte, ha mangiato pane e spettacolo tutta la vita, e si vede: non manifesta soltanto una preparazione notevole, ma un consolidato ricordo sempre attuale di persone e personaggi, opere, vita e palcoscenico. È autoironico, divertente, e sa sottolineare il merito di grandi attori, in particolare di due delle attrici presenti, Paola Quattrini e Monica Guerritore, capaci di riempire il palcoscenico anche soltanto muovendo un passo. Concordo con lui pienamente. Ci sono attori che saturano l’aria con la presenza scenica e grazie a loro si respira teatro.

Come detto, anche le Grotte di Borgio si trasformano in palcoscenico nell’estate ligure. Quest’anno si conclude un viaggio dantesco iniziato nel 2017 con la riduzione teatrale della prima cantica della Divina Commedia. Siamo al Paradiso, dunque. Ne parla Miriam Mesturino, protagonista anche quest’anno accanto agli attori della Compagnia Teatrale “Uno sguardo dal Palcoscenico”. Un impegno non indifferente, quello di recitare nelle Grotte, soprattutto dal punto di vista fisico. Si avvicendano tre gruppi di spettatori. Alla fine si sta in scena più di quattro ore.

Il Festival si chiude con un classico del teatro partenopeo, in scena dal 18 al 20 agosto: Non è vero ma ci credo di Peppino De Filippo con Enzo Decaro; regia di Leo Muscato. Ad accogliere la stampa, ci sono il regista e la signora Laura Tibaldi, moglie del compianto Luigi De Filippo. L’intero spettacolo è un omaggio a questo grande uomo di teatro, dice il regista. Sono stati rispettati i suoi desideri, i suoi consigli. La scelta di Decaro come protagonista è uno dei suggerimenti di Luigi, come è frutto di un suo raffinato ragionamento l’accento posto sullo sfondo tragico della commedia, sulla superstizione che rende misera la vita di tutti. “È uno di quei testi in cui si può eduardizzare Peppino” afferma Leo Muscato.

L’unica licenza di regia riguarda gli anni in cui si svolge la storia narrata. Peppino lo ambientò negli anni Trenta, Luigi negli anni Sessanta. C’è sempre uno scarto generazionale. Muscato l’ha inserito nella Napoli degli anni Ottanta, sicuramente più vicini alla sensibilità dei fruitori del messaggio artistico. È importante questo escamotage, che avvicina il teatro classico alla sensibilità contemporanea. Lo sottolinea anche la signora Tibaldi: “Lo spettatore non dovrà cercare Luigi o Peppino. Quello è un mondo che non c’è più. Deve cogliere l’elaborazione di ciò che loro hanno lasciato, che hanno trasmesso”.

Spazio tiranno. Devo concludere l’articolo.

Non mi resta che consigliare ai miei lettori di organizzare le loro vacanze a Borgio Verezzi, perché è bello tuffarsi in un mare cristallino, ma è ancora più bello se, la sera, ci si può tuffare anche nel teatro, quello vero.

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