Ieri a Sanremo doppia festa per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Luca e Paolo hanno reso omaggio al nostro paese cantando una canzone di una persona che ha segnato la storia dell’Italia sotto certi punti di vista: Giorgio Gaber. La canzone è “Noi due stupidi” e sullo sfondo l’immagine di Gaber. Il duo comico ha anche portato la letteratura sul palco, leggendo un saggio di Gramsci “Gli indifferenti”, tratto dalla rivista del 1917 “La città futura”. Gianni Morandi ha, invece, cantato la canzone scritta da Gianni Bella poco prima di essere colpito da un ictus che gli ha tolto la possibilità di parlare e cantare, così il presentatore ha prestato la sua voce “ad un grande amico” ed è stata subito standing ovation. Albano e Vecchioni, oltre alle loro canzoni in gara, hanno cantato anche per celebrare il tema della serata. Vecchioni ha dilettato tutti con “O surdat nnamurat” coinvolgendo l’intero pubblico in sala che lo accompagnava. Ma il vero trionfo è stato il “Và pensiero” cantato da Albano, che ha visto rientrare in gara anche la sua canzone “Amanda è libera”, ripescata insieme a quella della Tatangelo “Bastardo”. Sono uscite definitivamente dalla competizione Anna Oxa e Patty Pravo come big; tra i giovani non parteciperanno più i Btwins e Marco Menichini, mentre passano il turno Micaela con “Fuoco e cenere” e Roberto Amadè, “Come pioggia”. La ciliegina sulla torta di una serata emozionante ed intensa sono stati i 40 minuti che Roberto Benigni ha trascorso sul palco dell’Ariston parlando dell’Unità d’Italia attraverso il commento dell’Inno di Mameli. L’attore premio oscar è entrato a cavallo dal fondo dell’Ariston, gridando “Viva l’Italia” e dicendo “Ero indeciso se entrare a cavallo, perché di questi tempi ai cavalieri non va tanto bene”. Nonostante i buoni propositi di parlare solo dell’Inno, Benigni non riesce a trattenersi e da il via a una serie di battute satiriche sull’attuale situazione politica italiana, senza trascurare, ovviamente, il caso Ruby. “Silvio se non ti piace cambia canale, metti su Raidue. No, c’è Santoro, meglio che vai a dormire” e ancora: “L’Italia ha 150 anni, è una bambina, è minorenne”. Un salto tra passato e presente: “Silvio Pellico, Le mie prigioni, bellissimo, prima di trovare un altro Silvio che scrive un libro così ce ne vuole”. Benigni è unico perché sa essere satirico e commovente nel giro di poco tempo, come nella lettura dell’Inno di Mameli, travolgente e appassionata come le sue letture della Divina Commedia. Ma anche mentre sta spiegando, come gli è stato richiesto, parola per parola il nostro inno nazionale, piazza qualche battuta delle sue, come nel punto “Dov’è la vittoria, le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò”, quando si rivolge ad Umberto Bossi dicendo: “Umberto è la vittoria che è schiava di Roma, non l’Italia. Il soggetto è la vittoria”. Una performance che solo Benigni sa e può fare dando dimostrazione che è vero quanto diceva Morandi, rispondendo alle critiche che ritenevano troppo alto il cachet dell’attore, “Ne vale molti di più”.
di Redazione
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