Aver fede significa buttarsi fiduciosamente nelle braccia di Dio con tutto il corpo

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Il Vangelo di questa Domenica (Mc 1, 14-20) illustra la triste fine di Giovanni il Battista avvenuta subito dopo il Battesimo di Gesù ed in seguito alla quale il grande Precursore – che nel frattempo è in carcere (cfr Mc 1,14) – pone fine alla sua missione, avviata nel deserto della Giudea esortando il popolo alla conversione e predicando l’avvento imminente del Messia.

 

Egli deve crescere, io diminuire, diceva Giovanni Battista sul finire della sua missione” (Gv 3, 22). Il testo evangelico di Marco proposto dalla liturgia odierna cala definitivamente il sipario sulla scena del Battista e lo apre su Gesù che vuole iniziare con l’uomo una vera storia d’amore. Era necessario che il Battista portasse a compimento la sua missione anche per non creare confusione nel popolo circa l’identità del vero Messia. Una volta che l’Unto del Signore è venuto – e il Battista lo testimonia perchè durante il Battesimo ha visto lo Spirito di Dio sotto forma di colomba posarsi sul capo di Gesù – il mandato del Precursore si chiude ed inaugura così i tempi di Gesù. Oggi il Vangelo di Marco – i cui testi accompagneranno la nostra meditazione per tutto quest’anno liturgico – dà inizio alla grande missione di Gesù che con forza, all’indomani dell’esperienza del deserto e delle tentazioni, sulla scia di Giovanni Battista, predica: “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15).

 

Quella di Gesù è una predicazione che Egli intende svolgere con la forza e la voce stessa del Padre; Gesù è la voce di Dio, “il Verbo fatto carne” – non dimentichiamolo! – e per chiunque voglia mettersi alla sua sequela la proposta di vita è precisa e puntuale. Gesù invita tutti a vita nuova attraverso due esortazioni: “convertitevi”, cioè: “cambiate modo di vivere”, e “credete nel Vangelo”, ossia: “fidatevi di me e se vorrete seguirmi io vi darò una bella notizia, facendovi assaporare la vera essenza della felicità”.

 

Gesù vuole donarci la felicità! Ma noi oggi vogliamo essere veramente felici oppure ci accontentiamo soltanto delle ‘piccole felicità’ che ci appagano per breve tempo? Se abbiamo deciso di stare dalla parte di Gesù dobbiamo sempre considerarLo avanti a noi e non a fianco a noi. Forse questa strada non riusciamo ancora a trovarla oppure a percorrerla: saremo ancora in tempo per seguire il Maestro? All’invito di seguirLo si deve rispondere decisi, accogliendo la sua Parola e amalgamando la nostra esistenza, in tutto e per tutto, con le istanze del Vangelo. Quella quotidianità vissuta seriamente all’insegna di Cristo e del suo Vangelo è garanzia di conversione il cui processo, che ha un inizio e non una fine, sarà certamente sostenuto dallo Spirito Santo, primo protagonista della nostra conversione.

 

A noi, poveri e semplici strumenti, il Signore chiede solo di collaborare con Lui. Chiama a sé, dunque, dei poveri pescatori, dei poveracci in cerca di chissà quale fortuna. I discepoli di Gesù, coloro che poi saranno i grandi Apostoli – ci dicono i testi biblici – erano gente comune, semplice, povera ma dotata di forte caparbietà e di volontà pronta e fiduciosa.

 

E subito, lasciate le reti lo seguirono” (Mc 1,18). In termini molto attuali potremmo anche tradurre: “E subito, senza indugio, così come fecero i pastori nella notte di Bethlemme, lasciata la loro unica speranza di sopravvivenza, abbandonato il loro unico lavoro, lo seguirono”. Inizia così, una bellissima storia d’amore che continua ancora oggi attraverso la vocazione di ciascuno di noi, storia di complicità e di passione che si esprime laddove il Signore ci chiama ad operare ogni giorno. Anche la chiamata alla fede è vocazione, la più nobile tra tutte le altre chiamate! Aver fede, e quindi, vivere la vocazione significa buttarsi fiduciosamente nelle braccia di Dio con tutto il corpo, la mente, le forze, la volontà, con tutto se stessi.

 

Lui ci vuole integri e non a metà, ci ama così come siamo, e quindi, con i difetti, le debolezze, gli affanni e le tante anomalie, preziosissime queste, con le quali il Signore vuole realizzare meraviglie. Con S. Paolo, quindi, anche noi possiamo gridare: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo” (Rm 8,35), chi mai potrà strapparci il suo amore per noi? Carissimi, così come Cristo ha chiamato pubblicamente i suoi discepoli, allo stesso modo ciascuno di noi è esortato da Gesù a chiamare e a lasciarsi chiamare, invitare e a lasciarsi invitare ad essere come Lui ci vuole e cioè, “pescatori di uomini”. E se il Signore ci concederà la grazia di diventare suoi preziosi collaboratori, di avvicinare numerose anime al suo amore, noi certamente non ne avremo alcun merito: siamo, infatti, semplici strumenti nelle mani del suo amore.

 

Vogliamo essere pescatori di uomini per grazia e non per le nostre capacità. Per grazia si è chiamati, per grazia si risponde e se è Dio a chiamare lo si deve fare con subitanea disponibilità. Per grazia si diventa discepoli, per grazia si opera il bene e sempre per grazia si chiede al Signore il dono della preghiera. Che cosa è la preghiera per le vocazioni se non l’invocazione di tale grazia attraverso la quale il chiamato può offrire subito il suo sì al Signore? Perciò, preghiamo e facciamo pregare per le vocazioni, oggi purtroppo sempre più scarse e in continua diminuzione.

 

Dobbiamo pregare molto, senza tregua. “La messe è molta, gli operai sono pochi” (Lc 10,2), dice Gesù. Per questo vogliamo pregare senza stancarci: “Manda o Signore santi sacerdoti, santi religiosi, santi laici impegnati, alla tua Chiesa”. Attraverso questa speciale richiesta di preghiera ci venga incontro Maria. Lei, Madre di ogni vocazione, sostenga la nostra debolezza ma anche quella dei giovani, soprattutto nel momento della prova e ravvivi in loro la certa speranza in un avvenire migliore. Amen.

 

Fra’ Frisina

Foto: missioni-africane.org

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