Ognuno di noi porta con sé un peso invisibile, un fardello che spesso opprime e immobilizza. Questo enorme carico non è solo frutto delle nostre azioni o decisioni, ma è radicato in qualcosa di molto più profondo e antico. Nel mito di Atlante, il Titano condannato a sostenere il cielo sulle sue spalle, ritroviamo un potente simbolo di questa condizione esistenziale. Ma cosa rappresenta veramente la zavorra di Atlante? È possibile liberarsene?
Il mito di Atlante: un simbolo della condizione umana
Atlante, uno dei Titani della mitologia greca, fu condannato a sostenere il cielo sulle sue spalle come punizione per essersi ribellato agli dèi. Questo mito, seppur antico, continua a risuonare profondamente nella nostra psiche contemporanea. La sua storia non è semplicemente un racconto di un’epoca passata, ma un archetipo, una metafora universale che rappresenta la lotta dell’essere umano contro il fardello delle sue responsabilità e dei suoi sensi di colpa.
Portare il peso del mondo simboleggia la gravosità delle aspettative, le paure, i rimorsi e, soprattutto, il senso di colpa che ogni individuo interiorizza nel corso della vita.
Risultato? Si vive una lotta perpetua tra la volontà di liberarsi e la sensazione di dover sopportare. Ma da dove ha origine questo atavico senso di colpa?
Un retaggio del peccato originale
Nella tradizione giudaico-cristiana, l’idea del peccato originale è una delle basi su cui si fonda il senso di colpa collettivo. La colpa di essere nati, di esistere, è radicata nella narrazione biblica di Adamo ed Eva, un errore che si presume essere stato trasmesso a tutta l’umanità. Questa idea ha condizionato profondamente la percezione dell’essere umano nei confronti di sé stesso e del mondo.
Non è legata a un’azione specifica, ma alla condizione stessa di essere umano. È come se il semplice atto di nascere, di esistere in questa realtà, comportasse un peso insopportabile, una condanna a portare sulle spalle il peso del mondo, proprio come Atlante. Quali errori commettiamo nel nostro cammino di liberazione?
La percezione letterale della realtà e i suoi pericoli
Uno dei principali ostacoli alla liberazione da questo fardello è la nostra tendenza a percepire la realtà in modo letterale. Vediamo il mondo come un’entità concreta, solida e immutabile, su cui dobbiamo esercitare controllo e potere. Questa visione materialistica ci intrappola in una continua lotta per il dominio e la sopravvivenza, alimentando il senso di colpa e il peso che portiamo.
Henry Corbin (1903 – 1978), studioso della spiritualità islamica, ci invita a considerare l’esistenza non come un dato di fatto oggettivo, ma come un “mundus imaginalis” — un mondo immaginale in cui tutto è simbolico e nulla è da prendere alla lettera. In questa prospettiva, nascita e morte non sono eventi concreti, ma immagini simboliche dell’anima, che rappresentano stati di coscienza e non realtà definitive.
Il mondo come sogno?
Se accettiamo la visione di un mondo immaginale, iniziamo a vedere la realtà non come qualcosa da controllare o dominare, ma come un sogno, un riflesso delle nostre percezioni e dei nostri stati d’animo. In questo modo, la vita diventa un gioco simbolico, un viaggio dell’anima attraverso immagini e simboli, piuttosto che una lotta contro una realtà concreta e immutabile.
Questa comprensione può portarci a una profonda liberazione. Realizziamo che non dobbiamo portare il peso del mondo sulle nostre spalle, ma piuttosto abbracciare la leggerezza dell’esistenza, accettando che tutto ciò che sperimentiamo è una parte del nostro viaggio simbolico. Di conseguenza, invece di sentirci in colpa per ciò che siamo o per ciò che abbiamo fatto, possiamo iniziare a vedere ogni esperienza come un’opportunità di crescita e trasformazione. Come ci insegnano gli antichi cristiani attraverso le parabole di Gesù, le realtà spirituali non sono sempre ciò che sembrano in superficie. Spesso vanno oltre l’apparenza letterale: tutto è simbolo.
Non siamo nati per portare un fardello, ma per esplorare, imparare e crescere in un viaggio eterno dell’anima.
Liberarsi dal fardello di Atlante: un cammino di consapevolezza e accettazione
Liberarsi dal peso di Atlante significa insomma abbracciare una nuova visione della realtà, una visione in cui il senso di colpa, il bisogno di controllo e la letteralizzazione sono sostituiti da consapevolezza e accettazione.
Solo quando iniziamo a vedere noi stessi e il mondo non come oggetti separati e concreti, ma come parti di un sogno collettivo, possiamo finalmente liberare la nostra anima dal fardello della colpa e vivere con leggerezza e gioia.
Foto di Denis Doukhan da Pixabay
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