Alan Lomax e la musica dei popoli

Alan Lomax. Forse non molti conosceranno questo nome, eppure se oggi conserviamo alcune musiche e canzoni delle tradizioni popolari italiane lo dobbiamo a lui e al suo lavoro. Con il termine “tradizioni popolari” si indica un gruppo di caratteristiche culturali che vanno dal cibo ai vestiti, dalle feste alle danze. Tutti tratti che si possono associare con un certo spazio geografico o a un particolare gruppo sociale. Le “tradizioni popolari”, però, non sono riti cristallizzati nel tempo, hanno avuto (e tuttora hanno) una loro evoluzione legata ai cambiamenti sociali. In quest’ottica è normale che alcune tradizioni siano andate perdute con l’avanzare del tempo. Almeno fino alla nascita di sistemi per registrarle e renderle imperiture. Ed è qui che entra in scena Alan Lomax.

La vita

Alan Lomax (1915-2002) nasce ad Austin nel Texas, figlio di un noto musicologo John Avery Lomax. Già giovanissimo assisterà il padre documentando cantanti e musicisti nel sud degli Stati Uniti, in particolare registrando folk-song, bluesman e cantautori più o meno conosciuti. In questi anni svilupperà una certa sensibilità sociale nel confronto delle classi emarginate degli Stati Uniti, registrando canti di carcerati e di protesta. Ciò lo renderà un personaggio ostile agli occhi del FBI, in quanto considerato vicino a politiche sociali all’epoca associate al partito comunista (illegale negli Stati Uniti).

Il passo più importante della carriera di Lomax lo si avrà nel dopoguerra. Negli anni ’50 si spostò in Europa, collaborando con enti radiofonici e case discografiche sempre nell’ottica di registrare e diffondere materiale musicale tradizionale. In questi anni assisteremo alla prima grane ondata di folk-revival inglese. Lomax sviluppa l’idea di raccogliere tutta la musica popolare presente nel mondo, col supporto della casa di produzione Columbia. La Columbia World Library negli anni, grazie all’operato di Lomax, incluse registrazioni provenienti da Inghilterra, Scozia, Irlanda, Spagna e Italia.

Dopo il periodo in Europa tornò negli Stati Uniti ma senza smettere di collaborare con etnomusicologi, musicisti e produttori musicali di tutto il mondo, continuando l’arricchimento della sua libreria mondiale di registrazioni.

In Italia

Quando Lomax arriva in Italia nel 1954 trova già un fertile interesse accademico nei confronti delle tradizioni popolari italiane, in particolare dato dall’antropologo Ernesto de Martino e dall’etnomusicologo Diego Carpitella. Lomax si inserisce in questo tessuto registrando canti popolari e di lavoro italiani e aggiungendoli nella sua “libreria”. I risvolti della sua azione sono essenzialmente due: sono stati salvati dal tempo numerosi brani ed esecuzioni musicali, tuttavia gli stessi si sono cristallizzati rendendosi impermeabili a qualsiasi evoluzione e mutamento. In ogni caso, un’immagine chiara e palpabile di quelle che erano le musiche degli italiani al tempo del dopoguerra.

Che musica?

Lomax e i suoi collaboratori hanno viaggiato in diverse zone d’Italia ascoltando le voci di operai, contadine, musicisti di professione, cantori di paese. Fra i più interessanti dei brani giunti fino a noi ci sono senz’altro: La Partenza, uno dei trallalleri tuttora più eseguiti del repertorio tradizionale ligure; canto dei Tonnaroti, un’esecuzione corale dei pescatori di tonno siculi che non troppo si discosta dal Canto dei Battipali veneziani; o il canto con chitarra accompagnata O Ninnella, registrato in Abruzzo; senza contare le tarantelle, serenate, stornelli, canti di capodanno e le numerose Ninne Nanne registrate in tutta la penisola.

Passato o presente?

Il lavoro di Lomax, di Carpitella e di altri etnomusicologi è stato quello di salvaguardare brani che altrimenti sarebbero stati probabilmente perduti o modificati nel tempo. Difficile mettere in fila le implicazioni del suo lavoro e i risvolti avvenuti nella nostra musica nazionale e locale. Certamente ancora oggi vari di questi brani sono ripresi e ri-eseguiti dagli amatori di musica tradizionale di tutta Italia, tuttavia è complesso riflettere se, in qualche modo, essi abbiano esercitato una certa influenza sulla musica contemporanea nostrana.

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