Addio a Luigi De Filippo

Roma, 31 marzo – Il mondo del Teatro è in lutto per la morte di Luigi De Filippo, figlio dell’indimenticabile Peppino e nipote di Eduardo. Nato il 10 agosto 1930, segue sin da piccolo il padre nei vari teatri. Lo spettacolo, dunque, gli entra nelle vene. Cresciuto calcando le scene, è stato attore, regista e commediografo, e porta con sé, in quell’inconoscibile altrove chiamato aldilà, un cognome che al teatro ha dato moltissimo e che rappresenta una pietra miliare della tradizione scenica partenopea.

“Per me non esistono teatri ma solo individui dotati di genialità artistica, e questi, secondo i loro temperamenti, faranno arte comica o arte tragica, faranno ridere o faranno piangere … Quando, poi, gli artisti veri spariscono, decade il relativo teatro” scriveva Benedetto Croce in una lettera indirizzata a don Eduardo Scarpetta, capostipite della dinastia dei De Filippo.

In medio stat virtus: l’opera, produzione letteraria prima che teatrale, ha una sua importanza innegabile, una sua eternità; ma gli attori, dice il vero Croce, sono fondamentali. L’attore dà voce a dialoghi inanimati, rendendo vivi i personaggi. Un atto creativo in piena regola. Il bravo attore, seguito dal bravo regista ovviamente, resta fissato in modo indelebile alla storia teatrale, al personaggio, a quella vicenda di fantasia che diventa il vissuto di un’ombra, falso eppure tangibile, più vero di molte verità.

I De Filippo rappresentano ancora, nel ricordo di molti, il Teatro, con la “t” maiuscola. Il loro nome resterà legato per sempre alle grandi opere di prosa, dai classici a quelle che hanno scritto loro stessi e che hanno varcato i confini familiari per diventare magnifico esempio di drammaturgia.

La morte di Luigi De Filippo segna, purtroppo, la fine di un’epoca. Era l’ultimo rappresentante del teatro dei De Filippo.

Eduardo, Titina e Peppino De Filippo

La Compagnia De Filippo nasce sotto la guida di Eduardo. Ne fanno parte Titina, la sorella maggiore, bravissima attrice anche di cinema, e Peppino, due anni meno di Eduardo ed una naturale, prorompente comicità. Con il passare del tempo, la direzione di Eduardo va stretta a Peppino, il quale, nel 1944, ingaggiato da Paone, lascia la Compagnia familiare, mettendo tutti in crisi. Molti teatri, persino l’Eliseo di Roma, negano ai De Filippo il cartellone, poiché, senza Peppino, temono un disequilibrio nella rappresentazione tragicomica. Eduardo entra in una profonda crisi dalla quale uscirà scrivendo Napoli Milionaria.

Nel luglio del 1946 Peppino scrive una lettera al fratello nella speranza di riallacciare buoni rapporti; la risposta di Eduardo sembra possibilista, ma, in realtà, come avviene nella maggior parte delle sue opere, cela un pessimismo travolgente ed un’aspra negazione: “[…] La tua lettera non accusa, non offende, non giustifica: accomoda. Ancora una volta l’amore fraterno affiora e vuol riverniciare a nuovo un pezzo di ferro scalfito prima, su cui la ruggine del tempo ha disperso le tracce delle scalfitture … No caro Peppino … minuziosamente dobbiamo prima, insieme, grattare tutta la ruggine, rimettere alla luce tutte le scalfitture, individuarne l’autore … e poi … la vernice dell’amore fraterno saprà mettere a nuovo e rendere lucente questo pezzo di ferro che nulla di male fece per meritare un accomodamento ipocrita. Scusa se ti ho parlato così, ma è la maniera migliore per far diventare uomini due fratelli, e fratelli due uomini”. La frattura tra i due fratelli non si risana più.

Nel 1980, quando muore Peppino, Eduardo pronunzia parole commosse, ma lo strappo fraterno non viene sanato neppure dalla morte: “Adesso mi manca. Come compagno, come amico, non come fratello”.

Nonostante tutto, però, quel cognome, De Filippo, continua a regnare sovrano nel mondo del teatro e del cinema, accomunando tutti i fratelli nel ricordo collettivo della migliore drammaturgia. E tanto vale anche per i loro figli.

Seguendo le orme paterne, Luigi diventa presto un bravissimo artista; una carriera ricca che, nel 2011, culmina con la direzione del Teatro Parioli, denominato Parioli – Peppino De Filippo, in onore di suo padre.

A partire dagli anni Sessanta, oltre al teatro, ottiene qualche ruolo in opere cinematografiche ed in fiction televisive. Il 1978 segna un momento di grande crescita professionale: lascia la Compagnia teatrale paterna per fondarne una propria, dedicandosi al teatro partenopeo ma anche ad autori classici come Pirandello, Gogol e Molière. In quello stesso anno ottiene una parte nella fiction Storie di Camorra, esperienza che ripete nel 1987 con La Piovra 3, dove interpreta magistralmente il giudice Venturi. La passione per il teatro, però, è talmente radicata in lui, viscerale e preponderante, da diventare, in ultimo, assolutamente esclusiva.

Al suo Parioli, porta in scena il meglio della produzione dei De Filippo. Fino all’ultimo. Dal 26 dicembre al 14 gennaio 2018, recita in Natale in Casa Cupiello. Dal 17 al 22 aprile avrebbe dovuto ripercorrere la storia della sua famiglia in De Filippo racconta De Filippo, un monologo che, fatalmente, dovrà essere cancellato e che, forse, avrebbe restituito al suo pubblico, al di là di ogni incomprensione e di ogni screzio,  l’immagine corretta e veritiera di una famiglia che rappresenta il teatro italiano.

Luigi, infatti, sin da ragazzo non segue l’onda della divisione familiare; anzi, persevera nel cercare di ristabilire i giusti equilibri. Il suo rapporto con Eduardo non risente dei contrasti tra questi e suo padre Peppino. Al contrario, prova grande ammirazione per lo zio e, negli anni, lo va spesso a trovare, chiedendogli anche preziosi consigli professionali. Cresce, dunque, accanto a Luca, il figlio di Eduardo. I due si amano in modo fraterno e si rispettano profondamente.

Anche Luca calca le scene sin da piccolo, assorbendo l’incredibile capacità, propria del padre, di fondere comicità e drammaticità. Con Eduardo prima e, poi, da solo porta in scena i capolavori paterni. I due cugini, però, decidono di non lavorare mai insieme per non replicare, agli occhi del pubblico, un binomio teatrale e familiare che, inevitabilmente, li avrebbe messi a confronto con i loro genitori. Comprensibile.

Luca De Filippo

Purtroppo, Luca muore nel 2015 a soli 67 anni, portandosi via gli sguardi e le pause di Eduardo, che rivivevano in lui, per genetica e per apprendimento; i suoi sorrisi mesti; i suoi ammiccamenti di fronte ad una vita che sembra qualcosa ma si rivela sempre qualcos’altro.

Al funerale laico del cugino, tenutosi al teatro Argentina di Roma, Luigi spende parole di grande legame con la famiglia: “Quando dal palcoscenico ringrazierò il pubblico che mi applaude, ti sentirò vicino a me perché sei parte di me”; e conclude il suo discorso con un riferimento a quel Natale in casa Cupiello che entrambi hanno portato più volte in scena: “Luca, pure a me nun me piace o’ presepio”.

Oggi, la morte ha bussato alla porta di Luigi. Il sipario si è chiuso.

Credo nella sopravvivenza dell’anima, però; credo nelle cose che non finiscono per sempre. E, dunque, mi piace pensare che, quando il sonno mortale ha preso Luigi, le voci di Peppino e di Eduardo, finalmente unite, l’abbiano risvegliato alla luce affidandogli il ruolo che ha segnato le sue prime esperienze di teatro, lo stesso che lui ha citato salutando il cugino: “Lucarie’, Lucarie’, scetate, songh ‘e nnove”.

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