TTIP, l’accordo senza trasparenza

Manifestazione anti TTIP a Berlino - 10 ottobre-2Stati Uniti ed Europa potrebbero presto diventare la più grande area di libero commercio del mondo. Perché ciò avvenga dovrà essere approvato ed entrare in vigore un accordo denominato Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). In estrema sintesi lo scopo del TTIP è quello di incrementare la crescita economica di UE e USA. Bello, almeno a parole. In pratica verranno abbattute le barriere doganali, unificati gli standard commerciali e, in generale, sarà liberalizzato al massimo il mercato tra le due maggiori potenze occidentali.

Grazie al trattato le imprese tra le due sponde dell’Atlantico vedranno aumentare enormemente la loro clientela potenziale e questo succederà in numerosi ambiti che oggi sono preclusi gli uni alle altre. Le cifre precise non si conoscono ancora, ma i più ottimisti prevedono punte di crescita anche oltre il 4% e ciò in particolare in quei paesi con un una forte economia come, ad esempio, la Germania o la California. Solo per avere un’idea sugli ordini di grandezza, l’ammontare degli investimenti degli Stati Uniti nella UE è tre volte maggiore di quanto gli Usa investono in tutta l’Asia. Per contro gli investimenti degli stati della UE negli Usa sono otto volte quelli realizzati in India e in Cina messe insieme.

Il TTIP sarà la medicina giusta per curare la crisi? I dubbi sono tanti e tali che in molti paesi è nata e cresciuta una accesa protesta contro il trattato. Tra essi un posto di primo piano lo occupa la Germania dove la protesta è particolarmente agguerrita (molto più che in Italia dove la questione è poco dibattuta, se non del tutto assente). Già durante il G7 di Elmau, nonostante la manifesta volontà dei capi di stato di accelerare le negoziazioni, c’erano state diverse manifestazioni non solo nelle vicinanze del castello sede del summit. Sabato 10 ottobre la protesta ha invaso le strade di Berlino. Con lo slogan “siamo qui per salvare la democrazia” oltre 150.000 partecipanti hanno riempito l’area intorno ala porta di Brandeburgo.

Il motivo principale oggetto di critica è la mancanza di trasparenza. Gli stessi deputati non hanno accesso ai contenuti del trattato e questa regola, fissata dalla Commissione Europea, ha mandato in bestia molti politici tedeschi che si vedono scavalcati dai 139 funzionari ministeriali designati per consultare (ma solo sotto certe condizioni) la documentazione.

BELGIUM-EU-US-TRADEI lavori di negoziazione finiranno, pare, nella prima metà nel 2016. L’accordo dovrà poi essere votato dai parlamenti statunitense e europeo. Poi se previsto dalle relative costituzioni, ci saranno le votazioni nei parlamenti nazionali. Insomma la strada è irta di ostacoli. Nonostante le critiche molti analisti affermano che dubbi e resistenze dovrebbero essere superate prima possibile: aspettare altri due-tre anni potrebbe essere negativo per le economie più deboli. Come quella italiana o quella greca.

Ma i dubbi rimangono e non sono da poco. Alcuni di essi riguardano il settore sanitario, altri quello alimentare. Ad esempio la carne statunitense è prodotta “pompando” il bestiame con antibiotici e ormoni vietati in Europa e sterilizzata con sostanze che da noi non sono ammesse: l’eventuale entrata in vigore del TTIP obbligherebbe gli europei ad accogliere le bistecche gonfiate nei propri supermercati (e sulle proprie tavole). L’unica difesa del consumatore europeo sarà non comprarle. Ma si sa che il mercato, quando vuole, sa essere molto convincente.

Un altro settore oggetto di diatribe è quello ambientale. Poche settimane fa questo settore è stato messo a dura prova dallo scandalo della Volkswagen che ha manipolato i valori dei gas di scarico delle automobili Diesel vendute negli Usa, circa mezzo milione di vetture. Un’inezia rispetto agli undici milioni circolanti sulle strade del vecchio continente. Ma contro chi bara non ci sono confini geografici (nè trattati) che tengano.

di Pasquale Episcopo

foto: faz.net

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